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il vulcano

Etna, divieti e ordinanze per l'accesso alle zone sommitali. Il vecchietto cratere di Nord-Est protagonista dopo 28 anni

Il livello è passato a F2, «altissima probabilità di fontane di lava». E scattano una serie di limitazioni. Intanto il vulcanologo dell'Ingv Behncke traccia la storia del cratere in attività

Redazione La Sicilia

27 Dicembre 2025, 15:45

16:30

Dopo il Vona rosso sull'Etna scatta l'"Allarme": divieti e ordinanze per l'accesso al vulcano

La Protezione civile regionale ha ribadito l’attivazione della fase operativa locale di Allarme per i Comuni dell’area etnea, a seguito della dichiarazione dei livelli F1 e poi F2 del sistema di allerta Etnas, che indica un’altissima probabilità di fontane di lava imminenti o in corso.

Al momento non si segnalano pericoli per la popolazione che rispetti le prescrizioni previste in questa fase, mantenendo un’adeguata distanza dal settore sud-orientale del vulcano.

Restano in vigore l’interdizione alla zona sommitale (Zs) e all’area a pericolosità permanente (Zpp), con specifiche ordinanze dei sindaci, e l’attivazione delle componenti operative incaricate dei servizi d’emergenza previsti dai piani di protezione civile.

La situazione è monitorata senza sosta dall’Ingv e dai Dipartimenti nazionale e regionale della Protezione civile, anche attraverso riunioni in videocollegamento per coordinare il controllo del vulcano e le misure di mitigazione del rischio.

Il quadro eruttivo, mutato questa mattina con l’emissione di fontane di lava, è stato formalizzato anche con un avviso VONA (Volcano Observatory Notices for Aviation) di colore rosso, il livello più alto su una scala di quattro, diffuso dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio Etneo di Catania.

L’attività attuale non incide sulla piena operatività dell’aeroporto internazionale Vincenzo Bellini di Catania.

Gli avvisi VONA, redatti in lingua inglese e destinati a equipaggi, gestori del traffico aereo e operatori dell’emergenza, informano su fenomeni eruttivi potenzialmente in grado di generare pericolose nubi di cenere.

Il cratere di Nord-Est, il vecchietto dell'Etna

Sull’attività del Cratere di Nord-Est è intervenuto Boris Behncke, tra i massimi esperti di vulcanologia a Catania, che si compiace del primo episodio parossistico di quel cratere dopo quasi 28 anni.

«Il fenomeno è ancora in evoluzione, anche se per ora sembra essere andato in pausa», ha spiegato sui social. Behncke ha ricordato come, per molto tempo, il Nord-Est fosse rimasto relativamente quieto: «Per molti anni era quello che non faceva altro che brontolare un po’ in profondità, alcune volte faceva anche un’attività stromboliana un po’ più intensa sul fondo craterico, ma niente di più. Due volte sembrava volesse partire – il 18 maggio 2016 e il 12 settembre 2019 – ma poi è partita la Voragine e lui si è arreso».

E ancora: «Mi piaceva dire “tanto ormai il Nord-Est non riesce più a fare parossismi”, giusto per stuzzicarlo. Nel frattempo il suo fratello minore, il Sud-Est, ha fatto più di 100 parossismi solo negli ultimi 15 anni, la Voragine si è pure data da fare alla grande, e persino la Bocca Nuova è riuscita a farne uno – purtroppo invisibile causa maltempo – il 10 novembre 2024».

Lo studioso ha quindi ripercorso la storia del più antico dei quattro crateri sommitali dell’Etna, per oltre quarant’anni il punto più alto del vulcano prima di essere superato, nell’estate 2021, dal Cratere di Sud-Est. Nato nel 1911 alla base nord-orientale dell’allora cono centrale, il Nord-Est registrò le prime fontane di lava nel giugno 1917 e nel 1918. Tentò di edificare un cono nel 1923, crollato però all’inizio dell’eruzione del 1928 (quella di Mascali).

Dopo sporadiche manifestazioni negli anni Trenta e Quaranta – con una nuova fontana nel 1947, preludio all’eruzione sul Rift di Nord-Est – dalla metà degli anni Cinquanta mostrò una persistente attività stromboliana con piccoli flussi lavici, al punto da ispirare ai vulcanologi, a cominciare da Alfred Rittmann, il termine «attività stromboliana persistente».

Tra il 1966 e il 1971 raggiunse l’altezza del cono della Voragine. Tra il 1975 e il 1977 si aprirono bocche subterminali presso Punta Lucia, poi, il 16 luglio 1977, cominciò una sequenza di fontane di lava con colate verso nord e nord-ovest: una ventina di parossismi fino a marzo 1978, che introdussero sull’Etna i cosiddetti «parossismi a raffica», divenuti in seguito una tipologia ricorrente.

Da lì in avanti il Cratere di Sud-Est sarebbe diventato protagonista con centinaia di episodi; il Nord-Est, invece, registrò tre parossismi nel settembre 1980 e un quarto nel febbraio 1981, preludio all’eruzione di Randazzo. Un nuovo risveglio si ebbe nel settembre 1986, culminato il 24 settembre in uno dei più potenti parossismi del secolo scorso.

Dopo nove anni di relativa quiete, tra novembre 1995 e giugno 1996 si verificarono dieci ulteriori parossismi, alcuni molto violenti, seguiti nell’estate 1996 da attività stromboliana con tre trabocchi lavici, uno dei quali si riversò nella vicina Voragine. L’ultimo episodio parossistico isolato risaliva alla notte tra il 27 e il 28 marzo 1998. In seguito si alternarono fasi di attività intracraterica (estate 2002, maggio 2016, tra 2018 e 2019, e nel 2020-2021), con segnali esplosivi durante e dopo la serie di parossismi alla Voragine tra luglio e agosto 2024 e, negli ultimi mesi, intensi bagliori nel condotto fino agli eventi più recenti.

Secondo la testimonianza diffusa dallo stesso Behncke, «le foto mostrano i bagliori nelle nuvole nella serata di ieri 25 dicembre 2025, visti dalle campagne vicino a Bronte, e la colonna eruttiva durante la fase parossistica di stamattina, ripresa da una telecamera di sorveglianza dell’INGV-Osservatorio Etneo a Bronte».