le indagini
Spari a piazza Nascè, i dubbi dei giudici dopo la convalida del fermo per il ventunenne che ha sparato
L’arma “divisa” in due parti e il racconto di Calì ritenuto “troppo poco credibile”
Il giudice per le indagini preliminari che ha convalidato il fermo di Giuseppe Calì, 21 anni, ritenendo la sua pericolosità sociale particolarmente elevata, avrebbe valutato tra gli altri elementi anche l’esigenza di non trasmettere l’idea che si possa sparare senza conseguenze e tornare in libertà nel giro di poche ore. Una ragazza, Valentina Peonio, 33 anni, è rimasta ferita, è finita in ospedale colpita dai proiettili. Per questo, ovviamente sempre secondo nei limiti della legge, quella dei giudici è sembrata una scelta maturata anche alla luce del clima in città, descritto come una polveriera dopo i recenti episodi drammatici, per dare un'ulteriore segno di legalità. Nell’istanza di convalida, il pubblico ministero Sara Morri ha evidenziato che «pur essendo l’indagato incensurato, la sua condotta denota estrema pericolosità sociale, dal momento che si aggirava nelle vie del centro di Palermo sabato notte, armato di fucile dal quale sono partiti colpi che hanno ferito la vittima e che solo per circostanze fortuite e ingovernabili non hanno portato a conseguenze ancora più gravi».
Sia il pubblico ministero sia il gip Rosario Di Gioia non hanno ritenuto credibile la versione fornita dal ventunenne, secondo cui avrebbe rinvenuto un fucile da caccia, un vecchio modello ottocentesco, dentro un sacco vicino a un cassonetto dei rifiuti. «L’indagato ha sì ammesso la sua responsabilità, consentendo il ritrovamento dell’arma, ma solo ed esclusivamente dopo che i poliziotti si erano recati presso la sua abitazione e lo avevano invitato a consegnare quanto eventualmente detenuto. L’arma, peraltro, era stata da lui in un primo momento fortemente rivendicata», ha scritto il gip. L’arma è stata rinvenuta dalla polizia smontata in due parti, cosa che suggerirebbe, secondo il giudice, una certa dimestichezza di Calì in fatto di armi.
Il giovane ha sostenuto di essersi fermato per un bisogno, di aver notato l’arma in un cassonetto e di averla riposta nel bagagliaio. Giunto in piazza Nascè, l’avrebbe estratta per mostrarla a una cugina e a quel punto sarebbe partito accidentalmente il colpo. Il giovane ha riferito di essersi avvicinato alla vittima per chiedere scusa e, preso dal panico, di essere poi fuggito. Tornato a casa, nel quartiere Borgo Nuovo, avrebbe infine sotterrato il fucile in un terreno di proprietà del padre. Un tentativo risultato inutile: già nelle ore successive ai fatti gli investigatori della mobile avevano identificato l’autore degli spari e presidiato il quartiere di provenienza- Lunedì scorso il ventunenne è stato accompagnato in questura, interrogato e poi sottoposto a misura cautelare. Al momento dell’arresto la contestazione formalizzata è stata “solo” quella di detenzione di arma clandestina; non è stato ipotizzato il tentato omicidio, eventualità che sarebbe stata valutata in presenza di elementi sulla volontarietà del gesto. Gli approfondimenti, precisano gli inquirenti, proseguono. Il giovane avrebbe sostenuto di non aver premuto il grilletto volontariamente e di trovarsi di fronte a un incidente. La ricostruzione degli investigatori riferisce che la vittima, in compagnia di un’amica, avrebbe notato un fucile all’interno della Smart su cui il ventunenne era seduto con un’altra ragazza e, spaventata, avrebbe accelerato il passo per raggiungere la propria vettura. Nel frattempo, Calì avrebbe imbracciato l’arma per mostrarla alla passeggera accanto a lui, proprio quando è partito il colpo. Resosi conto del ferimento, il giovane si sarebbe avvicinato alla donna chiedendo scusa, per poi allontanarsi in auto con la cugina. L'amica che era con Valentina Peonio (che ha smentito di essere la fidanzata di uno dei ragazzi morti nella strage di Monreale), ha dato l'allarme. A carico di Calì si profilano anche le ipotesi di reato di lesioni e omissione di soccorso.