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Il caso

Installazione a Ortigia, bufera sul Belvedere: manca il parere della Soprintendenza

L’opera del festival Cosmo installata al Bastione Cannamela accende la polemica a Siracusa: copre il panorama simbolo del Lungomare e, secondo il soprintendente, non risulta autorizzata dall’organo di tutela

29 Dicembre 2025, 09:01

Installazione a Ortigia, bufera sul Belvedere: manca il parere della Soprintendenza

Va bene il festival di architettura, Cosmo, del quale l’opera fa parte e del quale la città è stata informata solo nelle ultime ore, va bene il progetto dal nome lungo (“Percorso turistico-culturale dal Parco archeologico Neapolis alla Necropoli di Pantalica”) e dal finanziamento corposo (637mila euro: ministero del Turismo) dentro il quale è inserito il festival; va bene anche la temporaneità dell’installazione che sta facendo discutere i siracusani e che una determina di concessione del Suap (Attività produttive del Comune) indica: dal 27 dicembre al 6 gennaio. Va bene pure la perseveranza con cui si continua a chiamare “Belvedere della Turba” il Bastione Cannamela (dove la discussa opera è installata), nonostante la “diffida” di storici e presidente del Fai per toponomastica e memoria storica vilipese; vanno bene perfino le incapacitanti dietrologie di aspiranti politici/comunicatori web. Va bene tutto, ma che quell’opera nasconda per due settimane il colpo d’occhio classico, il panorama siracusano per antonomasia, nonché foto-di-rito di turisti e fuorisede al rientro con passeggiata nostalgica sul Lungomare di Levante; nasconda insomma agli occhi e al cuore la regina di quel colpo d’occhio, la cupola dello Spirito Santo, senza la quale il Lungomare non è più il Lungomare, ecco questo non va più bene. Soprattutto se il soprintendente in persona, Antonino Lutri, rivela a La Sicilia: «Non mi sembra che abbia il nostro parere».

Dunque, com’era facile immaginare: la collocazione di quell’opera – che, per carità, può anche essere bellissima – non ha il parere dell’organo di tutela del patrimonio storico, artistico, archeologico e paesaggistico.

C’è dunque, in questo baillamme di dichiarazioni e richieste di spiegazioni – soddisfatte o meno dall’autorità competente, che è il Comune – un fatto politico: «Questo fatto è indicativo di come viene amministrata la città, in questo momento storico – dice Ferdinando Messina (Fi) - non c’è un momento collegiale, per arrivare a queste decisioni, dove magari qualcuno ti può suggerire scelte migliori. Non entro nella valutazione artistica dell’installazione in sé che messa in un altro luogo sarebbe stata un’occasione importante per la città. Il punto è la collocazione, il luogo. L’installazione, per definizione, è un accessorio momentaneo, che si decide di mettere in un posto anziché in un altro. Va contestualizzato. Per dimensioni, colori, spazi. Qui la bestialità è proprio nelle dimensioni: è stato scelto un posto infinitamente piccolo, per una installazione macroscopica. Qui la stonatura. Un’istallazione così grande, ha bisogno della prospettiva. Che poi si sposa col paesaggio e se stona, stona dal punto di vista paesaggistico e architettonico, perché copre parti belle del paesaggio. Per riqualificare quell’area e fare vedere il mare, è stato creato un disagio, sono stati tolti otto posti auto: bene, e poi nascondi la vista con un’opera così grande?».