l'approfondimento
Intossicazione alimentare: come riconoscere i segnali e quando andare in ospedale
Cosa osservare dopo un pasto sospetto, quali sintomi non ignorare e come muoversi senza perdere tempo prezioso
La cucina è ancora addobbata per le feste quando gli agenti aprono il frigorifero di una villetta a Pietracatella. Sul tavolo restano barattoli, conserve, avanzi: la Squadra Mobile mette tutto nei sacchi, anche i gusci di vongole recuperati dall’immondizia. Fuori, le luminarie natalizie, dentro il silenzio dopo una corsa contro il tempo che non ha cambiato il finale. Tra la tarda serata di sabato 27 e la mattina di domenica 28 sono morte, a poche ore di distanza, Antonella Di Ielsi (50 anni) e la figlia Sara Di Vita (15 anni), ricoverate all’ospedale “A. Cardarelli” di Campobasso per una sospetta intossicazione alimentare. Per due volte, nei giorni precedenti, si erano presentate in Pronto soccorso e per due volte erano state dimesse. La Procura di Campobasso ha iscritto nel registro degli indagati cinque tra medici e infermieri per ipotesi di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose; la famiglia aveva consumato i pasti di Natale in casa, e sono stati sequestrati alimenti e scarti, con l’ipotesi di consumo di funghi e di piatti a base di pesce e mitili. Il padre, Gianni Di Vita (55 anni), è stato trasferito allo Spallanzani di Roma: le sue condizioni sono giudicate stabili. Sono in corso autopsie e accertamenti tossicologici.
Questa tragedia impone una domanda concreta: dopo un pasto sospetto, quali segnali vanno considerati “rossi”, quando bisogna andare (o tornare subito) in ospedale, e cosa fare nell’attesa?
Di seguito, una guida essenziale che parte dai fatti, integra le indicazioni delle principali istituzioni sanitarie e prova a offrire una bussola pratica per le famiglie.
Il contesto di Campobasso: che cosa sappiamo finora
- Le vittime sono Antonella Di Ielsi e la figlia Sara Di Vita, decedute al Cardarelli tra il 27 e il 28 dicembre 2025 dopo un peggioramento rapidissimo con quadro di “insufficienza multiorgano” riferito in rianimazione. La Procura ha disposto gli esami per chiarire la causa: si vagliano ipotesi che includono tossinfezioni da alimenti (pesce, mitili) e consumo di funghi, insieme a ipotesi come listeria o altre MTA.
- Nel registro degli indagati risultano cinque operatori sanitari (tra medici e infermieri) per la gestione dei primi accessi in ospedale; contestualmente la polizia ha sequestrato barattoli, conserve, alimenti e scarti domestici.
- Il padre, Gianni Di Vita, è stato trasferito allo Spallanzani: è vigile e in condizioni stabili secondo la nota dell’istituto.
- Fonti di cronaca locali e nazionali confermano i passaggi chiave: i due accessi precedenti al Pronto soccorso, il sequestro degli alimenti, l’apertura del fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo plurimo, il lavoro della Squadra Mobile e l’acquisizione delle cartelle cliniche.
In attesa di esiti autoptici e tossicologici, è doveroso non speculare. Ma proprio perché le evoluzioni possono essere fulminee, come ricordano i clinici, è utile fissare una mappa di comportamenti e segnali di allarme.
Intossicazione o tossinfezione: perché le parole contano
Nel linguaggio tecnico, “intossicazione” è la malattia causata dall’ingestione di tossine già presenti nel cibo; “tossinfezione” è l’effetto di microrganismi che si moltiplicano nell’intestino dopo il consumo dell’alimento contaminato. Le malattie trasmesse da alimenti (MTA) includono entrambe e coinvolgono batteri, virus, parassiti e tossine. Capire la differenza aiuta a interpretare i tempi di incubazione e i sintomi neurologici che, se presenti, puntano a quadri particolari come il botulismo.
I segnali da non ignorare: quando tornare subito in ospedale
Secondo le indicazioni del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, ci sono sintomi che impongono di consultare un medico o rientrare in Pronto soccorso senza attendere. Ecco ciò che non può essere gestito a casa:
- Febbre > 38,5°C, soprattutto se associata a brividi, dolori muscolari o peggioramento generale.
- Vomito persistente che impedisce l’assunzione di liquidi e porta rapidamente a disidratazione.
- Diarrea che non migliora entro 72 ore o è associata a sangue nelle feci, forte dolore addominale, o segni di disidratazione (bocca asciutta, tachicardia, urine scarse).
- Disturbi neurologici: diplopia (visione doppia), ptosi palpebrale, difficoltà a deglutire o parlare, secchezza intensa della bocca, stipsi ostinata. Sono segnali compatibili con il botulismo, che esige valutazione e trattamento immediato con antitossina.
- Categorie a rischio (bambini < 5 anni, over 65, gravidanza, immunodepressi, patologie croniche): rivolgersi prima e più spesso al medico, anche per sintomi lievi.
Quanto tempo aspettare? Le finestre di incubazione che orientano le scelte
- Molte MTA “classiche” (per esempio da Salmonella o Campylobacter) insorgono in genere entro 2–72 ore. Il picco dei casi europei resta legato a Campylobacter e Salmonella, secondo ECDC/EFSA e i dossier riassunti dall’ISS.
- La listeriosi ha un’incubazione più lunga e colpisce più gravemente i fragili: sintomi simil-influenzali, gastroenterici e, nei casi severi, neurologici. Si previene in cucina con igiene rigorosa e corretta refrigerazione.
- Il botulismo alimentare può comparire tra 6 ore e 15 giorni (tipicamente 24–72 ore) con segni neurologici progressivi. La rapidità dei sintomi può indicare maggiore gravità.
- Le sindromi da funghi variano: la più temuta, la “falloidica” (es. Amanita phalloides), esordisce spesso dopo 6–24 ore con gastroenterite violenta, un falso miglioramento e poi insufficienza epatica acuta. Le forme muscariniche possono comparire entro 30 minuti–2 ore con salivazione, sudorazione, bradicardia. In ogni sospetto consumo di funghi di provenienza incerta, il riferimento è il Pronto soccorso.
Che cosa fare a casa mentre vi organizzate per il rientro in ospedale
- Bevete a piccoli sorsi per prevenire la disidratazione; preferite soluzioni reidratanti orali. Sospendete latticini e alcolici nelle prime ore.
- Non assumete antidiarroici o antiemetici senza parere medico se i sintomi sono importanti o se sospettate agenti come botulino o funghi.
- Non provocate il vomito: è controindicato nella maggior parte delle esposizioni.
- Tenete da parte, in contenitori puliti e sigillati, una porzione dell’alimento sospetto e gli scontrini: può essere utile per gli accertamenti.
- Raccogliete una “storia del pasto”: cosa, quando, chi ha mangiato, chi ha sintomi, dove sono stati conservati gli alimenti, temperature del frigo/freezer. Queste informazioni fanno risparmiare minuti preziosi in triage.
- In caso di dubbi, chiamate il 112/118 e/o un Centro Antiveleni. Contatti utili: CAV Niguarda di Milano, tel. 02 6610 1029; CAV Pavia (CNI Tossicologiche), tel. 0382 24444. Servizi h24.
In ospedale: come farsi capire bene (e in fretta)
Portate con voi:
- elenco dei sintomi e della loro ora di comparsa;
- lista di cibi e bevande consumati nelle ultime 72 ore;
- farmaci assunti, allergie note, patologie;
- eventuali avanzi dell’alimento sospetto correttamente conservati;
- contatti degli altri commensali (sapere se altri stanno male orienta la diagnosi).
Se i disturbi persistono o peggiorano dopo la dimissione, tornate subito: a Campobasso il “ritorno” tardivo ha coinciso con un quadro che, in rianimazione, i medici hanno descritto come “rapido e raro”. Non è allarmismo, è prudenza: l’evoluzione di alcune MTA può essere imprevedibile.
Dopo le feste: cinque abitudini che fanno la differenza
- Frigorifero a ≤ 4°C e freezer a ≤ −18°C; controllate la temperatura con un termometro.
- Avanzi refrigerati entro 2 ore dalla cottura, in contenitori bassi; consumateli entro 48–72 ore.
- Evitate il “cross-contamination”: separare crudi e cotti, coltelli e taglieri dedicati; lavare mani e superfici.
- Riscaldare bene i cibi: non “intiepidire”, ma riportare a temperatura alta uniforme.
- Per i soggetti a rischio (over 65, gravidanza, immunodepressi): evitare prodotti a rischio come formaggi a pasta molle non pastorizzati, carni crude o pesce affumicato pronto al consumo.
Focus botulismo: i “campanelli” che non vanno confusi con una gastroenterite
Il botulismo alimentare è raro ma grave. A differenza di molte gastroenteriti, mostra presto segni neurologici: visione offuscata o doppia, palpebre che “cedono”, difficoltà a parlare e deglutire, bocca secca, stipsi marcata, fino alla debolezza respiratoria. L’esordio va da 6 ore a oltre una settimana dal pasto, più spesso 1–3 giorni. La terapia è tempo-dipendente: somministrare l’antitossina il prima possibile. In presenza di questi segni, chiamate il 112 e dirigetevi al Pronto soccorso senza attendere.
Focus funghi: perché il “falso benessere” è un tranello
Nelle sindromi falloidiche da Amanita phalloides, dopo il primo quadro con vomito e diarrea può arrivare una fase di apparente miglioramento, seguita, dopo ore, da segni di sofferenza epatica fino all’insufficienza epatica acuta. Con i funghi di provenienza dubbia non esiste “aspettare e vedere”: serve valutazione urgente. Ricordate che alcune sindromi compaiono entro 30 minuti–3 ore (muscarinica, panterinica), altre in 6–24 ore (falloidica), altre ancora dopo giorni (orellanica). In caso di sospetto, non esitate a coinvolgere il Centro Antiveleni e il Pronto soccorso.
Se in tavola c’erano mitili, crostacei o pesce crudo
I mitili provenienti da filiere non controllate o mal conservati possono veicolare batteri, virus o biotossine marine; il pesce crudo o poco cotto resta un classico vettore di MTA. In presenza di vomito e diarrea severi dopo una cena con cozze/vongole, non sottovalutate la rapidità di progressione: monitorate idratazione e temperatura, e rientrate in PS se i sintomi non si arrestano in poche ore o se compaiono febbre alta, dolore addominale forte, sangue nelle feci, confusione o segni di disidratazione.
Perché il caso di Campobasso ci riguarda tutti
La storia di Antonella e Sara è già diventata materia d’indagine giudiziaria e di analisi clinica. Il punto, per chi legge, è che la finestra tra i primi sintomi e l’eventuale peggioramento può essere stretta. Se siete dimessi con diagnosi di “gastroenterite” ma i sintomi cambiano volto — compaiono segni neurologici, peggiora la disidratazione, sale la febbre oltre 38,5°C, la diarrea dura oltre 3 giorni o si fa ematica — non attendete. Tornate in Pronto soccorso. Meglio un controllo in più che un’ora in meno. Questo è il messaggio che possiamo e dobbiamo ricavare, nell’attesa delle verità processuali.
Checklist pratica dopo un “pasto sospetto”
- Comparsa di sintomi entro 72 ore? Annotare orari e intensità.
- Presenti segni “non intestinali” (vista doppia, voce impastata, palpebre cadenti, difficoltà a deglutire)? Considerare subito il botulismo.
- A tavola c’erano funghi non certificati? Recarsi in Pronto soccorso senza ritardi.
- Ci sono bambini piccoli, anziani, gravidanza o immunodepressi coinvolti? Anticipare la valutazione medica.
- Conservare gli avanzi del cibo e gli imballaggi; portare tutto con sé.
- In dubbio, chiamare 112/118 e un Centro Antiveleni (es. 02 6610 1029 – CAV Niguarda; 0382 24444 – Pavia).
Il dolore di Pietracatella resterà. Ma trasformare una cronaca in prevenzione è un dovere civile: conoscere i segnali di allarme, rispettare i tempi giusti e pretendere assistenza adeguata sono gli strumenti che abbiamo. Il resto lo faranno le inchieste, le perizie e, si spera, scelte più robuste nella sicurezza alimentare e nell’accoglienza dei pazienti che rientrano in Pronto soccorso con sintomi che non tornano.