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La sentenza

Operazione "Default": 15 condanne in primo grado, 9 anni e mezzo per l'avvocato Lo Castro e 9 per il commercialista Panarello

Nel 2019 era stato scoperchiato un sistema di prestanome per svuotare società e frodare il fisco. L'operazione aveva fatto emergere il ruolo centrale di alcuni professionisti nel fornire supporto tecnico-legale a operazioni illecite volte a frodare lo Stato e il mercato.

Manuela Modica

29 Dicembre 2025, 18:10

18:57

Tribunale di Messina

Tribunale di Messina

Dopo 6 anni arrivano le condanne in primo grado per quello che fu definito un vero e proprio sistema per frodare il fisco di un gruppo di professionisti messinesi. Il tribunale di Messina, presidente Maria Eugenia Grimaldi, ha letto oggi pomeriggio le condanne. Le più pesanti sono per l'avvocato Andrea Lo Castro e il commercialista Benedetto Panarello, rispettivamente condannato a 9 anni e mezzo e 9 anni

Nel 2019 era emerso dalle indagini della Dda di Messina un collaudato meccanismo di ingegneria finanziaria e legale, attivo da anni, che permetteva a società in crisi di svanire nel nulla, lasciando creditori e Fisco a mani vuote. È quanto emerso dall'inchiesta "Default", condotta dalla guardia di finanza e coordinata dall'aggiunto Francesco Massara. L'operazione aveva portato all'esecuzione di 5 arresti e 11 sospensioni professionali.

Al vertice dell'organizzazione, secondo gli inquirenti, c'erano l'avvocato Andrea Lo Castro (già noto per l'operazione Beta) e il commercialista Benedetto Panarello. Il sistema si basava su una strategia precisa in tre step. L'attivo delle società in sofferenza veniva trasferito in nuove Spa "pulite". Venivano poi utilizzati dei prestanome: le vecchie scatole societarie, ormai cariche di debiti, venivano intestate a figure compiacenti (come Giuseppe Barbera, che rispondeva alle proposte con un emblematico "Ti bacio le mani"). Trascorso un anno dalla chiusura formale delle società, queste non erano più perseguibili per fallimento, rendendo i debiti inesigibili.

Le indagini erano scattate a seguito dei movimenti sospetti rilevati dopo il fallimento del Jolly Hotel di Messina. Le cimici piazzate nello studio di Lo Castro avevano catturato la spregiudicatezza del sistema. In un'intercettazione, l'avvocato spiegava a un cliente come neutralizzare le banche: “Se io faccio causa alla banca prima che si muovano loro, per legge non possono chiedere il decreto ingiuntivo. Nel frattempo chiudo la società e dopo un anno non possono più farla fallire. La banca non trova più niente”.

L'operazione Default aveva fatto emergere il ruolo centrale di alcuni professionisti, Lo Castro tra tutti, nel fornire supporto tecnico-legale a operazioni illecite volte a frodare lo Stato e il mercato. Lo Castro è stato già condannato in via definitiva per l'operazione Beta a 9 anni di carcere, per avere svolto un ruolo chiave nella gestione degli affari della cellula Santa Paola – Romeo a Messina.

Le altre condanne di oggi. Sono 7 anni e 8 mesi per Vincenzo Pompeo Bava. Condanna a 5 anni e due mesi per Francesco D'Amico. Cinque anni e 10 mesi per l'imprenditore Orazio Oteri, condanna a 4 anni e 8 mesi per Paola Isidori. L'imprenditore Giuseppe Barbera. Sono 2 anni e mezzo per l'immobiliarista Francesco Bagnato. Tre anni e 4 mesi per Francesco Rocco Ferrara. Due anni per Annunziatino Foti ed Elena Zoppi. Un anno e mezzo per Gaetano Ferrara, Ottavio Ferrara e un anno per Vincenzo Laganà.

Nino Favazzo, difensore di Panarello e Lo Castro, ha voluto precisare dopo la sentenza: “Non è mia abitudine commentare una sentenza, specie se di condanna e meno che mai il suo dispositivo. E tuttavia, dopo essere stato presente alla lettura di un dispositivo, come l'odierno, a pene particolarmente severe, ritengo sia doveroso per il difensore chiarire a chi legge e che del processo, ovviamente, poco o nulla sa, che la più grave delle accuse, quella di bancarotta, origina dal fallimento di una società, richiesto dalla Procura della Repubblica, nell'interesse di un unico creditore, l'Erario, il cui credito però è stato integralmente soddisfatto, in gran parte addirittura prima ancora della dichiarazione di fallimento. Per il resto la responsabilità penale anche dei miei assistiti è stata ritenuta in relazione a talune violazioni fiscali che, ove sussistenti - e non lo sono - risultano senz'altro prescritte. In attesa di leggere la motivazione della sentenza, avverso cui sarà proposto immancabile appello, certi della inconsistenza delle accuse e della difficoltà che incontrerà il Collegio di primo grado per superare le numerose criticità segnalate coralmente dai difensori degli imputati, resta il rammarico per non essere riusciti a far comprendere al Tribunale la fondatezza delle ragioni difensive”.