verso il veglione
Catania, il cenone di Capodanno a San Cristoforo: la cucina pop vince su tutte
La bella storia della signora Mimma che fra solidarietà e nuove idee prepara la tavola per ospitare amici e parenti
Quartiere che vai, cenone che trovi. L’idea nasce un po’ per scherzo e un po’ per caso, quando decidi di programmare gli articoli da pubblicare sul giornale nel periodo delle festività. Tradizione vuole che si facciano più o meno sempre le stesse cose, seguendo più o meno gli stessi schemi. Ma a volte anche nella tradizione è auspicabile il cambiamento e per questo abbiamo deciso di cambiare canovaccio, affidandoci per il pezzo sul cenone a un format diverso. Abbiamo disturbato - ricevendo in cambio sorrisi, apprezzamenti e pure qualche bella idea - due interlocutrici di grande spessore umano ma certamente di estrazione sociale diversa. E ci siamo divertiti allorquando si è trattato di metterle a confronto, cogliendo nelle diversità fra le due figure tanti spunti positivi e una certezza: che si tratti del cenone organizzato in una casa di San Cristoforo o in un’altra del corso Italia, al di là dei servizi di piatti o di posate utilizzati, il piacere per il buon cibo è comune. Come la voglia di fare festa. E, perciò, che festa sia! Donna Fernanda Paternò Castello dei duchi di Carcaci ci accoglie nel suo “giardino segreto” in corso Italia e così, davanti a noi, si apre uno spaccato sulla nobiltà ai giorni nostri che in occasione del cenone di Capodanno, ma diremmo in ogni occasione di convivialità, parla soprattutto di tradizione, ricordi, ricette tramandate (e da non svelare del tutto), ma anche di buon gusto e ricerca del bello, privilegiando l’utilizzo di materie prime tutte catanesi e siciliane.
Incontriamo Domenica Rugolo, quasi 88 anni «indossati» con entusiasmo, nella sua casa in piazza Federico di Svevia. «Tutti mi chiamano Mimma - esordisce - io sono catanese doc, nata e cresciuta a San Cristoforo. Sono molto orgogliosa del mio quartiere, sa? L'ho sempre difeso, perchè sa come si dice delle persone? “Tutte una ventre, ma non tutte una mente”. La mente è ciò che ci distingue».
Una vita intensa quella di Mimma: prima di dieci figli, il lavoro da sarta svolto per dieci anni in una fabbrica di camicie in Belgio dove sono nati i suoi due figli. Una volta tornata a Catania nel 1974, da dove non si è più mossa, ha lavorato per 30 anni come donna di servizio e poi proseguito a cucire. Nella zona del Castello Ursino è ormai una vera e propria istituzione: «Ho preso la licenza media a 78 anni - dice orgogliosa - poi anche il diploma di informatica. Partecipo a tutte le iniziative proposte dalla Comunità di Sant’Egidio e da Gammazita (nei giorni di Natale ad esempio si è travestita da “Babba Natale” senza risparmiarsi un attimo, ndc). Ascolto chiunque incontro o venga a trovarmi e mi chieda un consiglio, aiuto chi vuole a imparare a cucire, sia alla “Sartoria social” del Castello Ursino, ma anche in via di Sangiuliano. Sa qual è il segreto per vivere bene? Condividere. La mia famiglia ora sono tutti loro, io sono sempre disponibile e non riesco proprio a dire di no
L’identikit ci è sembrato perfetto per carpire i segreti della cucina popolare, che si esalta (soprattutto nelle quantità) in tutte le festività. Se diciamo cenone di Capodanno cosa le viene in mente? «Sicuramente i ritrovi in famiglia, almeno trenta persone tutte in casa, non mi è mai piaciuto festeggiare fuori. E soprattutto i piatti “forti” della tradizione, la parmigiana, la caponata, ma il mio preferito resta il baccalà. Che poi, ogni occasione è buona per preparare e condividere, ad esempio da Gammazita ogni volta ci sono minimo 60 persone. E io ne sono felice, preparo pentoloni e sorrido».
Ci racconti le sue ricette. «Per la caponata soffriggo le melanzane, le cipolle, i peperoni, metto qualche patatina, pinoli, alloro e aceto per l’agrodolce. La parmigiana deve essere semplice, melanzane fritte e lasciate in una ciotolina a scolare l’olio prima di riempire la teglia insieme a uova, prosciutto, formaggio. Capisco non siano piatti speciali, ma è la condivisione che li rende tali». Dunque il piatto clou deve essere il baccalà «che si può preparare in tantissimi modi, ma io consiglio di proporre con la salsa, il peperoncino e, vi svelo il mio segreto, l’aggiunta di pera: fatto così piace veramente a tutti».
Qual è il piatto che non ha più assaggiato e di cui sente più nostalgia? «Mamma - è la risposta secca dopo pochi secondi in cui la mente è andata davvero lontano, alla sua infanzia - faceva il pane cotto, con il pomodoro o, quando i tempi erano duri, in bianco. Io sono del 1938, ho conosciuto papà solo all’età di sei anni perchè era stato prigioniero dai tedeschi in guerra: ero stata concepita appena prima che lui partisse militare. Ecco perchè le dico, il piatto può anche essere semplice, ma ci deve essere tanto amore intorno per renderlo speciale».
Parliamo di dolci, qual è il suo preferito? «Sicuramente il babà, anche se personalmente non ho mai imparato a prepararlo. Poco importa», sorride. Cosa si sente di augurare ai nostri lettori? «Sicuramente un Capodanno di felicità, prosperità, salute. Anche se siete senza soldi, fregatevene: l’importante, l’essenziale è avere la pace».
Mimma nel 2025 ha passato un anno duro. «Più che la fine festeggerò strada facendo il 2026. Auguro a tutti di arrivare alla mia età e capire che la generosità è la chiave di tutto, perchè la vita è una sola».