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La decisione

UniCt, il curioso caso del concorso da ricercatore di Biologia ancora "aperto" dopo 15 anni (e numerose sentenze)

La procedura originaria, bandita e conclusa nel 2010, è stata giudicata illegittima dai giudici amministrativi. Bisognerebbe rifare tutto, ma sembra impossibile

Luisa Santangelo

30 Dicembre 2025, 15:02

Palazzo centrale Unict

Il caso è aperto. Ancora. Dopo quindici anni da quando quel concorso da ricercatore all'università di Catania è stato bandito. Perché è vero che, dacché le sentenze dei tribunali amministrativi hanno detto che il concorso si deve rifare, il ministero dell'Università e l'ateneo hanno nominato diverse commissioni. Ed è vero che quelle commissioni si sono sempre dimesse. Ma non è che stare a guardare mentre questo accadeva, senza prendere provvedimenti, è in realtà un comportamento «elusivo» delle sentenze citate? A questa domanda dovrà rispondere, adesso, il Tar del capoluogo etneo.

Il 2 dicembre 2010 l'ateneo catanese bandisce un concorso da ricercatore per il settore scientifico-disciplinare Bio/03, cioè Botanica ambientale e applicata. Una volta proclamata la vincitrice, un altro contendente - come spesso capita - fa ricorso. Il fatto è che, secondo i giudici amministrativi, il ricorso è fondato. Lo stabilisce una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana del 2019 «che annullava gli atti della procedura». E lo ribadisce lo stesso Cga l'anno successivo, nel 2020, con una sentenza nella quale segnala «l’esigenza di un integrale ripristino della legalità concorsuale».

Parte così una lunga controversia amministrativa. Il concorso si rifà. E il Tar nel 2021 annulla di nuovo gli atti, «censurando la composizione della commissione e chiarendo che la rinnovazione dovesse avvenire a partire dalla nomina di una nuova commissione, integralmente diversa». Da scegliere «mediante la previa elezione, in ambito nazionale, della rosa dei professori ordinari sorteggiabili». Inoltre, si pone il tema della partecipazione alla procedura della candidata già vincitrice: manca, dice il ricorrente, un provvedimento con il quale l'ateneo motivi la decisione di ammetterla oppure di escluderla.

«Le difficoltà – e le resistenze – incontrate dall’Amministrazione nel dare compiuta esecuzione» alla sentenza del Tar, generano altri due nuovi procedimenti di fronte alla giustizia amministrativa. A finire in mezzo è anche il ministero dell'Università, che nomina i componenti della commissione giudicatrice secondo un metodo ritenuto inammissibile in due diversi giudizi di primo grado. A febbraio 2024 il ministero sorteggia due commissari. A luglio 2024, il rettore dell'università di Catania ufficializza la nomina della commissione. Tutti i commissari si dimettono. Si rifà la trafila. E i commissari si dimettono ancora. Tra novembre e dicembre 2024 si replica.

Una «catena di atti» che, per il ricorrente, è quantomeno elusiva della procedura. Serve, cioè, a non ottenere nessun risultato. A non rifare il concorso. E a lasciare nel limbo la sua prospettiva di vincere quel concorso da ricercatore di Biologia il cui svolgimento è stato ritenuto illegittimo. Il candidato sconfitto e in attesa da più di un decennio, quindi, fa un ricorso «di ottemperanza». Si rivolge ai giudici per domandare che si faccia qualcosa, che il gioco dell'oca si interrompa. Il Tar gli dà torto: per i giudici amministrativi né l'ammissione di un altro partecipante né vizi nella procedura di nomina della commissione sono, di per sé, atti sufficienti a fare ricorso.

Nelle scorse settimane, l'ennesima sentenza del Cga ribalta la questione. «L’attore - si legge nella sentenza di secondo grado - non ha chiesto al giudice di annullare, in via autonoma, i decreti ministeriali di sorteggio o i decreti rettorali di nomina della commissione, né ha inteso anticipare il controllo sull’esito finale del concorso; egli ha domandato, piuttosto, che fosse verificato se la rinnovazione della procedura, per come concretamente impostata da Ministero e Università, si collochi o meno nel perimetro segnato dalle sentenze [...] e, ove ciò non sia, che siano dichiarati nulli gli atti elusivi e adottate le misure sostitutive occorrenti, fino al commissario ad acta». E questo, per il Cga, era un suo diritto. Adesso, quindi, gli atti sono rispediti al Tar. Che deve valutare se c'è stata elusione e se, in caso, bisogna nominare un commissario.

«Con questa pronuncia, il Cga ha chiarito che quando un cittadino chiede l’ottemperanza di una sentenza, il giudice ha il dovere di entrare nel merito della conformità degli atti amministrativi rispetto al comando giudiziale», commentano gli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, che difendono il ricorrente. Non si può, aggiungono, «per negare giustizia a chi, da anni, attende che un concorso pubblico venga svolto secondo le regole dettate dai tribunali». Anche con tre lustri di ritardo.