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Il caso

Carceri, la denuncia del garante di Palermo: "Situazione al collasso"

Sovraffollamento, strutture fatiscenti e cure insufficienti: a Palermo emergenza salute in carcere tra suicidi, autolesionismo e proteste

Redazione Palermo

30 Dicembre 2025, 15:24

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Anche Palermo, come il resto del Paese, soffre il disagio vissuto in carcere da chi sconta una pena, a volte per decenni. Sono 1979 a fronte di una capienza di 1725 posti, i detenuti nelle tre strutture palermitane, Pagliarelli, Ucciardone e Malaspina, la struttura per minori.

Parliamo di strutture vecchie e inadeguate, dove si soffoca per il caldo in estate e ci si gela d’inverno, come nel caso dell’Ucciardone dove andrebbe chiusa la nona sezione che non ha mai avuto interventi di manutenzione, ma anche di una struttura relativamente nuova, Pagliarelli, con problemi dell’impianto idrico, mancanza di acqua potabile e assenza di riscaldamento.

La vita in carcere non è vita. Lo denuncia Pino Apprendi, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Palermo.

«Ci si dimentica che i 1979 detenuti sono anche pazienti e che non hanno altra opzione per curarsi che la struttura pubblica, l'ospedale, senza accesso al convenzionato privato. - spiega - Anche le malattie più gravi non ricevono adeguate cure nei tempi dovuti, la salute mentale e la tossicodipendenza dovrebbero trovare spazio nelle Rems e nelle apposite comunità. Il personale sanitario fa quello che può, è sottodimensionato, le visite specialistiche avvengono con tempi biblici».

«Nel 2025 al Pagliarelli 1354 presenti, ci sono stati 86 scioperi per vari motivi, 122 detenuti hanno rifiutato cibo e terapie, 23 tentativi di suicidio e 82 atti di autolesionismo; all’Ucciardone 593 presenti, in atto 5 in sciopero della fame, 8 tentativi di suicidio, 130 atti di autolesionismo; al Malaspina 32 presenti, 1 tentativo di suicidio e 19 atti di autolesionismo», prosegue.

«I parlamentari non vanno oltre una visita e la presentazione di una interrogazione, che serve a fare qualche foto. Il carcere e i detenuti non fanno notizia nemmeno se si suicidano - conclude - serve una politica seria per una sanità penitenziaria, con medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, educatori».