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L'INIZIATIVA

“La pace disarmata e disarmante”: Catania chiude l’anno con una Marcia che chiede di deporre le armi, prima nel cuore

Cinque tappe, un porto e un messaggio che brucia: nella città dell’Etna oggi la 58ª Marcia nazionale per la pace promossa dalla CEI, tra preghiera, testimonianze civili e dialogo interreligioso

Alfredo Zermo

31 Dicembre 2025, 18:21

“La pace disarmata e disarmante”: Catania apre l’anno con una Marcia che chiede di deporre le armi, prima nel cuore

All’imbocco del porto di Catania, mentre i gabbiani fendono l’aria tagliata dal vento di scirocco, un gruppo di giovani stende uno striscione: “Pace disarmata e disarmante”. Non è un paradosso, ma il filo rosso che unisce cinque tappe in città, un collegamento da Gerusalemme, una Messa finale e decine di storie personali: dal banco della parrocchia di quartiere alle banchine segnate dagli sbarchi, dal dialogo tra fedi alla memoria di chi ha educato alla nonviolenza.

È la 58ª Marcia nazionale per la pace, promossa dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace della CEI insieme a Azione Cattolica Italiana, Acli, Agesci, Caritas Italiana, Movimento dei Focolari Italia, Libera e Pax Christi Italia. A guidare i passi è l’invito dell’arcivescovo di Catania, mons. Luigi Renna, che rilancia il recente appello di Papa Leone XIV: costruire una pace “disarmata e disarmante”, capace cioè di disinnescare la violenza a partire dalle coscienze e dalle relazioni quotidiane.

Un percorso in città, una geografia della pace

  1. Prima tappa: la chiesa di San Biagio (Sant’Agata alla Fornace), con un collegamento da Gerusalemme del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino, per richiamare la ferita aperta della Terra Santa e la responsabilità di pregare e agire perché tacciano le armi.
  2. Seconda tappa: la parrocchia del Crocifisso della Buona Morte, dove le testimonianze sociali – tra cui quelle della realtà “Trame di quartiere” – traducono la pace in progetti educativi, rigenerazione urbana e prossimità concreta.
  3. Terza tappa: piazza Cutelli, dedicata al dialogo interreligioso, con gli interventi dell’imam Abdelhafid Kheit e di Michael Militello di Living Peace International – Movimento dei Focolari. Qui la pace si fa grammatica dell’incontro tra differenze.
  4. Quarta tappa: il porto, luogo-simbolo del Mediterraneo come crocevia di migrazioni e commercio, ma anche di naufragi e respingimenti. Interviene il giornalista e docente Antonio Mazzeo.
  5. Quinta tappa: piazza San Francesco, dove si riflette su “Per una educazione disarmante”, nel solco di Danilo Dolci e don Pino Puglisi, con le voci di Anna Mastropasqua (Pax Christi) e dell’insegnante Sebastiano Pennisi.

Il cammino è partito alle ore 15.30 da piazza Stesicoro, e si conclude alle 21.00 con la Santa Messa nella chiesa di San Benedetto, presieduta da mons. Renna e trasmessa da TV2000.  Inoltre, un convegno al Museo diocesano approfondisce il tema della pace come responsabilità condivisa e “cantiere” di disarmo umano e istituzionale.

“Disarmare per disarmare”: la spinta di Papa Leone XIV

La pace sia con tutti voi. Verso una pace disarmata e disarmante” è il tema del Messaggio del Papa per la 59ª Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2026), diffuso in questi giorni e richiamato dagli organizzatori. Papa Leone XIV invita a spezzare la spirale del riarmo e del “realismo distorto” che lo giustifica, ricordando che le spese militari mondiali sono cresciute nel 2024 del +9,4% rispetto all’anno precedente. Non un appello ingenuo, ma un’agenda operativa che chiama in causa la diplomazia, la mediazione, il diritto internazionale e soprattutto la conversione personale: “se vuoi la pace, prepara la pace”, non la guerra.

Catania, scelta come luogo della Marcia, è “porta” del Mediterraneo: mare che può essere “ponte” o “frontiera”, secondo la visione del sindaco-santo Giorgio La Pira, il quale definiva il bacino il “grande lago di Tiberiade”, luogo teologico e politico di convivenza. Anche qui il messaggio papale chiede un cambio di paradigma: non rassegnarsi alla “globalizzazione dell’impotenza”, ma investire nella ricomposizione pacifica dei rapporti tra comunità politiche, nella fedeltà agli impegni e nella fiducia reciproca.

Il card. Pizazaballa

«Come è noto stiamo tutti vivendo momenti molto particolari e decisivi per il futuro di tutto il Medio oriente - ha detto in videocollegamento da Gerusalemme il cardinale Pierbattista Pizzaballa -  e forse non solo del Medio oriente perché quello che accade qui è un pò simbolico e 'rimandà a ciò che accade in altre parti del mondo». 

«Il tema della pace - ha aggiunto - è decisivo, molto impegnativo. Da un lato rischia di diventare uno slogan, parole in cui ci si riempie la bocca, che poi però restano lì, mentre invece è un impegno decisivo per ogni credente». «Ogni credente - ha proseguito - in modo particolare un credente cristiano e la Chiesa, prima di tutto, hanno il compito di tradurre la propria fede del Dio che si chiama pace, che si è incarnata e qui è diventata carne, proprio qui in questa terra, ha il dovere di trasmettere, di tradurre in gesti concreti, in un linguaggio appropriato, quella che è la nostra fede».

«Stiamo vivendo un periodo di grande divisione - ha osservato il cardinale - di profondo odio, di disprezzo, di rifiuto l’uno dell’altro, di incapacità a pensarsi l’uno, non dico insieme, ma a fianco all’altro. Questo è diventato qualcosa di veramente preoccupante e drammatico». 

La voce della Chiesa catanese: un Natale che chiede “manutenzione” della pace

Nei giorni che hanno preceduto la Marcia, mons. Luigi Renna ha indirizzato alla diocesi un messaggio natalizio che suona come un promemoria esigente: “deponiamo davanti alla mangiatoia le armi di ogni tipo”, perché la pace degli angeli a Betlemme trovi eco nel nostro tempo. Il presule cita esplicitamente Papa Leone XIV, rilanciando l’invito a una presenza “vigile e generativa” dei credenti e a quella “manutenzione” quotidiana della coscienza che rende credibile la scelta nonviolenta. Già in autunno l’arcivescovo aveva convocato la città alla preghiera del Rosario per Gaza e Ucraina, segno che la pace si costruisce anche con i gesti minimi, capillari e perseveranti.

Catania, laboratorio mediterraneo di convivenza

Scegliere Catania non è un vezzo geografico ma un messaggio politico e pastorale. Qui la pace non si discute in astratto: si incarna nelle frontiere urbane, nei quartieri popolari, nella vita delle comunità straniere, nelle tensioni ordinarie di una città che ogni giorno impara a tenere insieme accoglienza e sicurezza, sviluppo e diritti, fede e laicità. Le cinque tappe ripercorrono alcuni luoghi-simbolo:

  1. La chiesa di San Biagio, dedicata alla patrona Sant’Agata, ricorda che la pace si annuncia da una ferita – la fornace – trasformandola in spazio di testimonianza. Il collegamento da Gerusalemme con il cardinale Pizzaballa porta nel cuore di Catania la vibrazione drammatica della Terra Santa e la necessità di parlare scavalcando i muri.
  2. La parrocchia del Crocifisso della Buona Morte è l’icona di una città che non si rassegna al degrado: qui la pace è politica del quotidiano, fatta di educazione, ascolto e progetti sociali che strappano spazi al cinismo.
  3. A piazza Cutelli, il dialogo interreligioso si mette in scena senza infingimenti: imam, cattolici, laici e movimenti si confrontano su parole scomode – perdono, riconciliazione, giustizia – che non sono slogan, ma metodo.
  4. Il porto restituisce il Mediterraneo come snodo globale: qui la pace si misura con le rotte migratorie, le economie reali, i traffici legali e illegali, la sicurezza e i salvataggi. La testimonianza di Antonio Mazzeo aiuta a leggere con sguardo critico la politica dei mari.
  5. In piazza San Francesco, infine, l’educazione diventa cerniera tra memoria e futuro: Dolci e Puglisi ricordano che la nonviolenza non è assenza di conflitto ma alfabeto civile da imparare, praticare e insegnare.

Le parole che pesano: fede, civismo, istituzioni

La Marcia nasce e cresce nella collaborazione tra organizzazioni ecclesiali e civiche. La CEI, attraverso la propria Commissione per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace, promuove dal 1968 questo gesto pubblico di preghiera e responsabilità, che nel tempo ha attraversato città, conflitti e stagioni politiche molto diverse. La trama associativa – Azione Cattolica, Acli, Agesci, Caritas, Focolari, Libera, Pax Christi – garantisce pluralità di sguardi e una capillarità che consente di trasformare l’evento in percorso educativo durante l’anno, nei territori.

Nella scelta del titolo del Messaggio pontificio – “La pace sia con tutti voi” – e nel sottotitolo – “Verso una pace disarmata e disarmante” – c’è un invito a mettere in discussione la massima realista “si vis pacem, para bellum”, sostituendola con un programma alternativo: “si vis pacem, para pacem”. Il che non significa ignorare le minacce, ma rafforzare gli strumenti multilaterali, la mediazione e la cultura del limite. “La pace non è un’utopia”, insiste il Papa, se diventa politica pubblica, educazione alla convivenza e conversione spirituale.

Perché queste parole contano oggi

In un mondo attraversato da guerre e conflitti dimenticati, il lessico della pace rischia di apparire debole. Eppure i dati ricordati nel Messaggio papale – +9,4% di spesa militare globale nel 2024 – dicono che la sicurezza non può ridursi alla somma di arsenali: senza fiducia reciproca e impegni rispettati, le armi diventano struttura del pensiero prima ancora che strumenti. La Marcia di Catania prova a ribaltare il segno: disarmare i cuori perché anche la politica, l’economia e il diritto ritrovino la via lunga della composizione pacifica.