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I voli per la Sicilia i più cari in assoluto: ecco la “stangata di Natale” sui biglietti

Di Rosario Faraci* |

Ci sono un siciliano, un sardo, un calabrese e un pugliese che devono prendere l’aereo. Sembra l’incipit di una barzelletta, ma non lo è. Potrebbe essere una storia vera, anche se è stata simulata al computer. Metti caso di prenotare con un più di un mese di anticipo un aereo per Milano, un’andata e ritorno in giornata il 20 dicembre per i più disparati motivi di studio, di lavoro, di salute. Considerato che ormai c’è mezzo Sud che si sposta al Nord per ragioni varie non riconducibili al piacere ma unicamente al dovere, questa simulazione al computer non è poi così distante dalla realtà.

In pratica (vedi la tabella), trovare un volo a prezzo ragionevole al mattino è possibile, basta fare una levataccia; il problema è il ritorno, soprattutto negli orari serali. Tutti i voli verso il Sud sono cari; basta comparare i prezzi per rendersi conto che le compagnie aeree, compresi i vettori low cost, sono allineate su fasce alte di prezzo. Alla faccia della concorrenza e dell’equità sociale, si potrebbe dire.

Dalla comparazione con Lamezia, Bari e Cagliari, la Sicilia esce con le ossa rotte. Le tariffe dalla Sardegna verso Milano, infatti, vanno rettificate per effetto della continuità territoriale di cui godono i residenti di quella regione. Calabresi e pugliesi, localizzati dentro lo Stivale, teoricamente potrebbero combinare treno e aereo e provare a volare a prezzi più calmierati dalla Capitale. La Sicilia, invece no, nemmeno teoricamente. Condannata a volare per la sua marginalità geografica; vessata dalle compagnie aeree perché, la storia è sempre la stessa, il “mercato dei bisognosi” è sempre il più profittevole. Nella simulazione ci siamo limitati a Catania, ma stesso discorso varrebbe per Palermo. Questa è l’evidenza, l’ennesima prova che la Sicilia è penalizzata.

Ora si potrebbero fare mille discorsi sul perché e come questa ingiustizia possa accadere e su come evitarla. Si potrebbe dire che è la legge economica della domanda e dell’offerta, più si chiede e più il prezzo sale. Si potrebbe dire che estendere la continuità territoriale verso Roma e Milano dagli aeroporti minori a quelli maggiori dell’isola costerebbe un botto alle casse dello Stato, considerato che Catania e Palermo sono tra gli aeroporti più trafficati d’Italia. Si potrebbe dire che in Assoclearance, l’associazione dove siedono insieme società di gestione e compagnie aeree e si decide sull’assegnazione degli slot orari, il trattamento verso gli aeroporti degli Sud lascia molto a desiderare. Si potrebbe ancora dire che i nostri politici si sono svegliati tardivamente sul problema delle tariffe e adesso provano a fare pressing sul governo nazionale. Si potrebbe dire che se dieci anni fa gli aeroporti siciliani avessero deciso di costituire un’unica società regionale di gestione, la terza per dimensioni in Italia, avrebbero avuto un potere contrattuale spaventoso nei confronti dei vettori e avrebbero mitigato le pretese delle compagnie maggiori. Si potrebbe dire che l’obiettivo aziendale della sostenibilità non è solo economico, ma anche sociale ed ambientale e la Sicilia ha patito più delle altre regioni le esternalità negative generate dagli operatori del trasporto, Ferrovie incluse.

Si potrebbero dire questo e quello, ma il problema rimane. Il 20 dicembre di quest’anno, a Dio piacendo, tornare da Milano in aereo significa spendere una fortuna. Non tutti possono permetterselo.

* Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Catania

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