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Niente “Vangelo secondo Matteo”, la strategia difensiva di Luca Sammartino per evitare effetti collaterali

Di Mario Barresi |

«Sereno», «fiducioso», «tranquillità». Vocaboli ben diversi da quelli usati da Matteo Renzi sull’indagine di Open. Ma sarà davvero così diversa la reazione – quella intima, privata, riservata ai pochissimi a cui ieri ha risposto al telefono – del leader carismatico dei renziani di Sicilia, autentica macchina acchiappa-voti oltre che grande tessitore di accordi politici, a partire da quello che ha aperto la strada al gruppo di Iv all’Ars? «Luca è davvero così», assicura chi gli ha parlato. Confidando la certezza di «uscire fuori pulito da una storia che non sta in piedi, con accuse infondate». L’unico rammarico – quasi una battuta per stemperare la tensione – è che molti degli episodi contestati risalgono alla corsa alla Camera dell’anno scorso, «l’unica in vita mia in cui non sono stato eletto». Del resto, anche sabato – il giorno della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini – Sammartino ha proseguito, come se nulla fosse, la sua normale attività da campagna acquisti: un blitz a Rosolini, nel Siracusano, per incassare la nascita del gruppo consiliare di Italia Viva con l’ingresso del sindaco Pippo Incatasciato. E, a chi era con lui nel viaggio di ritorno, un pensiero per Rino Nicolosi, del quale ricorreva il ventunesimo anniversario dalla morte: «Era un visionario, ma quanta lucidità aveva per quegli anni».

E adesso che succede? Sammartino fa innanzitutto una mossa difensiva, nominando – anziché Luca Mirone, suo angelo custode in altri procedimenti – un super big del foro catanese: Carmelo Peluso. Già oggi, al massimo nei prossimi giorni, l’avvocato si avvarrà delle facoltà concesse all’indagato dall’articolo 415-bis del codice penale: certamente una memoria difensiva, ma non è da escludere che il deputato regionale possa chiedere di essere sentito dai pm catanesi. «Prima Luca avrà la possibilità di spiegare la sua estraneità e prima quest’incubo finirà», scandisce chi gli è più vicino. E non sarebbe soltanto un effetto collaterale quello di ridurre al minimo, in termini di tempo, il potenziale imbarazzo per lo zio Claudio Sammartino, prefetto di Catania, che comunque, da integerrimo uomo di Stato, non ha nulla da dimostrare a nessuno.

Il deputato regionale di Italia Viva ha ovviamente disertato la presentazione del libro di Davide Faraone, ieri pomeriggio a Catania. Alla “Mondadori”. oltre al capogruppo al Senato, ci sono però la senatrice Valeria Sudano e il capogruppo all’Ars Nicola D’Agostino. Sorrisi tirati e nessuna volta di parlare dell’inchiesta. Ma la loro presenza è un segnale per tutti i renziani: «Restiamo uniti». Del resto, il popolo dei sammartiniani non ha bisogno di atti di fede: «La reazione, encomiabile, di un ragazzo di 34 anni a questa vicenda, racconta tutto, non c’è altro da aggiungere», dice l’ex consigliera municipale Sonia Messina. Più pungente Puccio La Rosa, avvocato ed ex presidente di Amt: «Conoscendo Luca sono convinto della sua estraneità. Lui ha un consenso basato sulla concretezza dalle cose che fa, come dimostrano le sue riforme all’Ars, l’ultima quella della formazione. Auspico che questa notizia non venga strumentalizzata per fermare Sammartino e Italia Viva in Sicilia».

Ma i nemici del golden boy ex dem, tanti, sono già dietro l’angolo. Pronti a presentare il conto.

Twitter: @MarioBarresi

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