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Catania, il sisma di Santo Stefano un anno dopo: famiglie ancora in albergo

Di Angela Seminara - Enza Barbagallo |

A un anno di distanza dal terremoto di Santo Stefano, che il 26 dicembre dello scorso anno squarciò la notte con una scossa  di magnitudo 4.8 provocando alle pendici dell’Etna crolli, danni, feriti e migliaia di evacuati, ancora oggi ci sono tante persone sfollate, che vivono tuttora in albergo, che hanno trascorso il Natale tra ansia e incertezza, che non sanno ancora se e quando potranno ritornare nelle loro case. E alcuni tra l’altro giorno 31 dicembre devono lasciare le strutture alberghiere, per scadenza dei termini del decreto e che al momento non prevede nessuna proroga.

«Non sono certo delle belle feste di Natale – spiega Ines Cannavo che alloggia in albergo ad Acireale insieme al marito e due bambine – speravamo di trovare una casa ma abbiamo avuto serie difficoltà, specialmente con le bambine per non allontanarle dalla scuola e per evitare di non destabilizzarle ulteriormente. Se ci avessero dato i 25 mila euro subito avremmo risistemato casa nostra. Sono stati mesi difficili; non è facile vivere in albergo ma noi giorno 31 non sappiamo davvero dove andare. Mi auguro – conclude – che vogliano concedere una proroga, mio marito lavora ma non guadagna tantissimo e non abbiamo molte alternative».

Ad Acireale i nuclei familiari ancora in albergo sono 9 e per la maggior parte sono coloro che hanno fatto richiesta del contributo dei 25 mila euro. A fare il punto della situazione il sindaco di Acireale Stefano Alì che sottolinea: «Dal punto di vista dell’ospitalità giorno 31 è prevista la fuoriuscita dagli alberghi, c’è la possibilità per queste famiglie di usufruire di due mesi di anticipazione del contributo di autonoma sistemazione. Ad oggi sono solo 70 le richieste per il contributo dei 25 mila euro su 650 immobili. 50 pratiche sono state accettate e 20 famiglie sono rientrate nelle proprie case. Ad un anno abbiamo ridato la scuola a Pennisi, mentre rimane aperta la questione scuola a Piano D’Api, con l’intento di creare una struttura come quella di Pennisi ma non abbiamo ancora risposte. Ciò su cui siamo indietro sono le demolizioni delle case prospicenti le strade e nonostante le richieste risalgano ad agosto ad oggi non abbiamo ricevuto le autorizzazioni e abbiamo seri problemi con la viabilità. Stiamo partendo – conclude il sindaco – con la ricostruzione degli immobili, sono pronti i concorsi per l’assunzione a tempo determinato dei tecnici e speriamo di poter dare risposte concrete».

Anche a Zafferana la gente che fino a oggi è stata ospite delle strutture alberghiere dovrà lasciarle entro il 31. E’ il caso dei coniugi Francesco e Lucrezia Garozzo, genitori di Carmelo e Anita, la prima bimba nata dopo il terremoto che abitavano nelle case Iacp in via Bellini a Fleri la frazione più colpita. Nutrono perplessità per il loro futuro fuori dalla struttura alberghiera. Il dott Angelo Borrelli, capo della protezione civile nazionale, nel corso dell’ultimo incontro nel quale ha annunciato il prolungamento dello stato d’emergenza, ha ribadito piu volte che l’anticipazione di due mensilità del Cas permetterà a chi esce dalla struttura alberghiera di prendere in affitto una casa. Inoltre si è impegnato facendosene personalmente portavoce con l’ing. Calogero Foti commissario per l’emergenza e direttore del Dipartimento regionale di protezione civile per far sì che siano velocizzati i tempi di trasmissione ed erogazione dei fondi dei Cas da parte del Dipartimento.

«Siamo preoccupati per il nostro futuro – spiega Francesco Garozzo -Abbiamo affittato una casa nei pressi di Milo e ho anticipato a mie spese 1200 euro compresa la corrente mensilità. Ci siamo attivati per evitare disagi ai nostri bambini che purtroppo dovranno cambiare scuola e abitudini e rifarsi nuovi amici. Inoltre per poter espletare il mio lavoro di pizzaiolo a Trecastagni dovrò percorrere più chilometri. Nonostante ciò non abbiamo perso la speranza di tornare al più presto nella nostra casa popolare dove pagavamo 65 euro al mese. Mi sono rivolto all’Iacp di Acireale e mi hanno riferito che l’ente non ha i fondi necessari da anticipare per ripristinare tutte le case e ha chiesto aiuto al Dipartimento regionale protezione civile. I tecnici mi hanno spiegato che una volta superato il problema economico, in due mesi potremmo tornare a casa». Lucrezia lo spera tanto: «Vorrei tornare nella mia piccola casa a Fleri. Mi manca la mia comunità, i vicini di casa e via Vittorio Emanuele con la farmacia, la macelleria, il panificio, il bar e soprattutto mi manca la mia Chiesa… Spero che la ricostruzione parta al più presto. Fleri e tutti i Comuni colpiti meritano di rialzarsi perché in loro batte l’anima pulsante di una storia unica che appartiene solo ed esclusivamente a quei territori».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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