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Nello Musumeci: «Mattarella e quel lavoro rimasto incompiuto»

Di Nello Musumeci* |

Malgrado siano trascorsi quarant’anni dalla sua tragica scomparsa, la figura di Piersanti Mattarella continua a restare presente nell’odierno dibattito politico, non solo siciliano. È la conferma, certo, dello spessore culturale dell’esponente democristiano barbaramente assassinato dalla mafia ma anche della capacità che seppe dimostrare nell’accettare la difficile sfida del cambiamento, della innovazione. Una sfida vissuta da parlamentare, nel corso delle tre legislature che lo videro protagonista a Sala d’Ercole, ma soprattutto da uomo di governo, quale assessore regionale prima e presidente della Regione dopo, per quasi due anni, dal marzo del ’78 al fatale gennaio dell’80.La Regione Siciliana era ancora, in quegli anni, un colossale ammortizzatore sociale, era la più grande “industria” dell’Isola, per il peso del suo bilancio e per il numero dei dipendenti, reclutati spesso con sistemi discutibili «senza esperienza e qualche volta anche senza alcuna preparazione», ammetteva lo stesso Mattarella. Una Regione priva di programmazione e adusa agli sprechi degli enti regionali, divenuti parassitari e improduttivi. Sulla necessità di un loro risanamento, Piersanti non usava mezzi termini: «La Regione non può destinare ulteriori risorse al mantenimento di situazioni puramente assistenziali destituite di reali prospettive economiche», stigmatizzando la «erogazione di salari non guadagnati e non corrispondenti ad una effettività di prestazioni lavorative rese in un reale e vitale processo produttivo».Convinto autonomista e meridionalista, Mattarella ebbe la consapevolezza che la condizione di «sottosviluppo economico-sociale» della sua Isola comportava l’indispensabile intervento dello Stato, per un necessario programma di riequilibrio territoriale della Nazione. E negli anni di imperante partitocrazia, non mancò di denunciare la crisi della capacità rappresentativa dei partiti e di rivendicare la insopprimibile autonomia nell’esercizio delle funzioni di governo.

Nello Musumeci *La spinta innovativa portò l’intelligente uomo politico alla riforma degli ordinamenti finanziari ed amministrativi della Regione e al varo di norme essenziali come quelle sulla disciplina delle nomine negli enti regionali, sugli appalti pubblici, sulla programmazione economica, sul trasferimento di funzioni regionali ai Comuni.Coerente con la linea di Aldo Moro, sua guida politica e morale, Piersanti Mattarella raggiunse nel febbraio del ’78 l’intesa col Pci per dar vita ad una “maggioranza autonomista” che lo portò alla presidenza della Regione. Fu la più ampia coalizione della storia autonomistica, che vide all’opposizione i soli deputati della Destra e i liberali. Ma quell’esperienza durò appena un anno: i comunisti non si accontentarono di assicurare l’appoggio esterno al governo, chiedendo di entrare in Giunta. E il rifiuto del presidente Mattarella determinò il ritorno alla formula del tradizionale quadripartito, seppure solo per nove mesi ancora. Alla fine del 1979, infatti, il presidente fu costretto alle dimissioni per la seconda volta. L’uomo che aveva avuto il coraggio di tentare di rompere vecchi e pericolosi equilibri, anche all’interno del suo stesso partito, è adesso costretto a prendere atto che nello scontro tra il vecchio ed il nuovo è ancora il vecchio a resistere. In una Regione saldamente poggiata su logiche affaristiche, parassitarie, clientelari e caratterizzata da preoccupanti opacità e contiguità con poteri mafiosi, pretendere di avere una Regione «con le carte in regola» diventò per Piersanti Mattarella non una impossibile sfida ma una condanna a morte. E la sentenza venne barbaramente eseguita nel centro di Palermo la mattina dell’Epifania di quarant’anni fa, sotto lo sguardo atterrito della moglie e dei figli. Quel lavoro avviato dal povero Piersanti è rimasto incompiuto, nonostante sia passato tanto tempo. Il contesto in parte è mutato, non solo in Sicilia, ma la Regione non ha ancora «le carte in regola» per vincere definitivamente la sfida. È un obiettivo per il quale stiamo lavorando da due anni senza risparmio di energie e che può essere raggiunto soltanto con l’impegno di tutti i siciliani perbene, chiamati a liberarsi finalmente da una atavica cultura della rassegnazione e a trovare l’orgoglio della appartenenza. Altrimenti, ricordare il sacrificio di Piersanti Mattarella diventa solo vuota retorica e vile ipocrisia.

* Presidente della Regione SicilianaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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