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Ventisette anni fa il delitto Alfano: «Quelle ombre dietro l’omicidio di mio padre»

Di Francesco Triolo |

«Se dopo 27 anni si sta ancora cercando di confondere le acque, di mettere in dubbio tutto, non c’è e non ci può essere che un messaggio triste su ciò che l’omicidio di mio padre ha lasciato», continua la figlia, la quale anche da europarlamentare ha sempre cercato di sollevare il velo di silenzio sulla morte del padre.

Negli ultimi anni non ha mai smesso di cercare interlocuzioni politiche, chiedendo di incontrare i ministri Di Maio e Bonafede, e lo stesso presidente del Consiglio, Conte. «Ma, evidentemente – commenta con amarezza – non si può fare chiarezza sull’omicidio di mio padre. Sembra che nessuno abbia interesse a farlo».

Intanto, stamane a Barcellona Pozzo di Gotto, si terrà l’unica commemorazione programmata nel ricordo di Beppe Alfano. Una breve cerimonia in via Marconi, davanti la stele dedicata al giornalista ucciso, dove verrà deposta una corona di fiori e ci sarà anche un momento di preghiera.

«Da quando non organizzo niente io, ci si limita a deporre una corona di fiori – sottolinea con dispiacere Sonia Alfano – ma noi familiari non abbiamo bisogno di “promemoria”. Il suo ricordo è con noi tutti i giorni dell’anno. Purtroppo in Italia ci sono vittime di serie A e serie B, mio padre è una vittima “non classificata”, per la quale non ci si mobilita».

La battaglia della famiglia alla ricerca della verità non si è mai fermata nemmeno dopo la sentenza della Cassazione sulle responsabilità di quello che è stato ritenuto il mandante dell’omicidio, il boss Giuseppe Gullotti, condannato a 30 anni. Ma sulla vicenda giudiziaria, adesso, pende un nuovo capitolo.

«Mi preoccupa – sostiene Sonia Alfano – il processo di revisione partito dal Tribunale di Reggio Calabria lo scorso maggio senza il vaglio di ammissibilità di nuove prove. Il primo caso in Italia. Per revisionare un processo su cui già si è pronunciata la Cassazione, infatti, servirebbero nuovi elementi validati da un ulteriore procedimento».

«Sempre a Reggio Calabria, il 15 gennaio – ricorda la figlia del giornalista ucciso – si tratterà davanti al giudice per l’udienza preliminare la richiesta di rinvio a giudizio dell’ex giudice Olindo Canali imputato di corruzione, vicenda che io non posso non legare all’altro procedimento. Sono stata la prima ad accusare Canali di avere ordinato un depistaggio con l’invio di un memoriale anonimo recapitato alla Procura di Messina nel 2009 nel quale infangava mio padre e metteva in dubbio la matrice mafiosa del delitto. Lo dissi subito e lui, dopo qualche anno, lo ammise».

Ma non è finita qui. C’è anche la richiesta di archiviazione nell’ambito dell’inchiesta-ter sull’esecuzione dell’omicidio, che vede iscritti nel registro degli indagati Stefano Genovese e Basilio Condipodero, chiamati in causa alcuni mesi addietro dal boss pentito Carmelo D’Amico come i killer dell’agguato.

«Dopo le dichiarazioni del pentito D’Amico e la memoria presentata dai nostri avvocati il giudice ha chiesto un approfondimento. Mi preoccupano piuttosto i tempi delle indagini aperte dal 2003», sono le parole della figlia.

«Dietro quell’omicidio c’è molto di più – continua Sonia Alfano – c’è qualcosa che passa anche attraverso la “trattativa” Stato-mafia e per questo motivo, probabilmente, si sono moltiplicate le forze per continuare a confondere le acque e denigrare la sua memoria. E ciò avviene con la complicità di tutti, perché non si è mai voluto la verità sino in fondo su questo caso. E anche la revisione avviene con la complicità di tutti. Perché nessuno lo ha segnalato?».

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