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Mafia, il boss Graviano: «Quando a Milano cenavo con Berlusconi»

Di Redazione |

REGGIO CALABRIA – «Ho incontrato tre volte a Milano Silvio Berlusconi mentre ero latitante, cenavamo anche insieme, tramite mio cugino Salvo avevamo un bel rapporto». E’ uno dei passaggi della deposizione del boss di Cosa Nostra Giuseppe Graviano, già condannato all’ergastolo, in videoconferenza nel processo «’ndrangheta stragista», in cui è imputato, in corso di  volgimento a Reggio Calabria.

Graviano sta rispondendo alle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e sta ricostruendo gli anche gli anni della mafia stragista, quella di Totò Riina. E negli anni Ottanta alcuni boss mafiosi avrebbero preparato un attentato al capo dei capi Totò Riina. «La goccia che fece traboccare il vaso è stato l’omicidio Costa (il giudice Gaetano Costa ndr). Quindi, il signor Riina ha deciso di mettere delle regole, insomma un po’ di democrazia, perché non potevano prendere le decisioni solo Salvatore Bontade e Gaetano Badalamenti». E ha ricordato la costituzione della Commissione di Cosa nostra. «Michele Greco era un uomo di pace, non per niente lo hanno fatto diventare “Papa” e ha messo delle regole che si dovevano togliere delle vergogne». E ricorda un incontro avvenuto «nel febbraio 1981». Quando era pronto un «agguato a Riina». E in quell’occasione chiesero l’intervento di Michele Greco, boss di Ciaculli. «Che disse ‘io sono per la pace, posso intervenire per la pace, io non posso continuare se avete queste intenzioni. A me non dovete più parlare di nessuna intenzione».

La latitanza a Milano

Ma parte della sua deposizione si è incentrata sulla sua latitanza e appunto sui presunti incontro con Berlusconi: «Io ho condotto la mia latitanza nel milanese tra shopping in via Montenapoleone e teatri, insomma facevo la bella vita» ha raccontanto il boss che è stato latitante dagli anni Ottanta al 27 gennaio 1994 quando fu arrestato a Milano. Un arresto che ha definito “anomalo”. 

«Nel dicembre 1993, mentre ero latitante, – ha raccontato Graviano – incontrai Berlusconi a Milano. Berlusconi sapeva come mi chiamavo. E sapeva che ero latitante da dieci anni. Alla riunione ha partecipato anche mio cugino Salvo e con Berlusconi c’erano persone che non conoscevo. Dovevamo discutere dell’ingresso di alcuni soci nelle società immobiliari di Berlusconi».

«Verso la fine del 1993 – ha spiegato rispondendo alle domande del pm Giuseppe Lombardo – si tenne una riunione a Milano 3, per regolarizzare questa situazione. Siccome Berlusconi aveva detto di sì mio cugino ha detto di andare a incontrarlo. “Vediamo che intenzioni ha”, disse, e così è stato fissato l’appuntamento a Milano 3. Fino a quel momento questi soggetti che dovevano entrare in affari con Berlusconi non apparivano». «In quell’occasione fu programmato un nuovo incontro, per febbraio, ma io il 27 gennaio 1994 venni arrestato a Milano. un arresto anomalo…», ha detto Graviano.

Graviano ha anche svelato che «già nel 1992 Berlusconi annunciò» a suo cugino Salvo «che voleva entrare in politica». «Io non lo incontrai – ha detto – ma lo incontrò mio cugino Salvo a cui Berlusconi parlò di questo progetto di entrare in politica».

Ma secondo Graviano «Berlusconi fu un traditore, perché quando si parlò della riforma del Codice penale e si parlava di abolizione dell’ergastolo mi hanno detto che lui chiese di non inserire gli imputati coinvolti nelle stragi mafiose».

Il Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo gli ha letto l’intercettazione del 19 gennaio 2016 quando, conversando con il boss Umberto Adinolfi, disse: «Berlusconi prese le distanze e fece il traditore». E oggi ha confermato quella frase e spiegato i motivi di quel “tradimento”. «Un avvocato di Forza Italia mi disse che stavano cambiando il Codice penale – ha detto ancora Graviano – e che doveva darmi brutte notizie. Perché in Parlamento avevano avuto indicazioni da Berlusconi di non inserire quelli coinvolti nelle stragi. Lì ho avuto la conferma che era finito tutto. Mio mio cugino Salvo era morto nel frattempo per un tumore al cervello. E nella riforma del Codice penale non saremmo stati inseriti tra i destinatari dell’abolizione dell’ergastolo». E ha aggiunto: «Questo mi portò a dire che Berlusconi era un traditore».

Ghedini: «Parole senza fondamento»

«Le dichiarazioni rese quest’oggi da Giuseppe Graviano sono totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie», ha affermato in una nota il legale di Silvio Berlusconi, l’avv. Niccolò Ghedini. «Si osservi – prosegue – che Graviano nega ogni sua responsabilità pur a fronte di molteplici sentenze passate in giudicato che lo hanno condannato a plurimi ergastoli per gravissimi delitti».

«Dopo 26 anni ininterrotti di carcerazione – prosegue Ghedini – improvvisamente il signor Graviano rende dichiarazioni chiaramente finalizzate ad ottenere benefici processuali o carcerari inventando incontri, cifre ed episodi inverosimili ed inveritieri. Si comprende, fra l’altro, perfettamente l’astio profondo nei confronti del Presidente Berlusconi per tutte le leggi promulgate dai suoi governi proprio contro la mafia. Ovviamente saranno esperite tutte le azioni del caso avanti l’autorità giudiziaria».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA