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Catania, nuova bufera sul gruppo Tecnis: arresti e sequestro di beni milionario

Di Redazione |

CATANIA – Nuova bufera sull’impresa catanese Tecnis Spa,  una delle principali aziende italiane di costruzioni, e su quelli che erano i vertici di una impresa che era diventata il fiore all’occhiello dell’imprenditoria siciliana prima del crac e del coinvolgimento in inchieste per tangenti e corruzione. La Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 4 persone indagate per la bancarotta della Tecnis Spa e di una serie di società controllate, dichiarata dal tribunale di Catania nel giugno del 2017. Tra gli indagati ci sono gli imprenditori Francesco Domenico Costanzo, detto Mimmo, 58 anni e Concetto Bosco Lo Giudice, 57 anni, finiti nuovamente agli arresti domiciliari.

Gli uomini delle Fiamme Gialle stanno anche effettuando dei sequestri di beni per un valore complessivo di 94 milioni. Nei confronti dei quattro il Gip di Catania ha disposto gli arresti domiciliari.

Secondo le indagini degli uomini della Guardia di Finanza di Catania e del Nucleo di Polizia Valutaria, la governance precedente di Tecnis Spa avrebbe messo in atto «ripetute condotte illecite» nella gestione dell’azienda. Nel proprio sito la società si definisce una «delle realtà più significative nel panorama italiano delle imprese di costruzioni generali, di ingegneria e general contracting, attiva nel settore della realizzazione di grandi opere infrastrutturali»: opere portuali e idrauliche, grande viabilità su gomma e ferro, sistemazioni idrogeologiche, primari interventi di urbanizzazione, edilizia civile, presidi ospedalieri d’interesse nazionale, restauro conservativo di importanti strutture edilizie vincolate dalle Sovrintendenze statali.

L’accusa nei confronti dei quattro destinatari della misura cautelare è, in concorso, di bancarotta fraudolenta per distrazione. I dettagli dell’inchiesta che ha portato agli arresti – denominata Arcot – sono stati resi noti in una conferenza in procura a Catania alla quale ha partecipeto anche il procuratore Carmelo Zuccaro.  

Costanzo e Bosco in passato erano stati posti agli arresti domiciliari, dal 22 ottobre 2015 al 22 marzo del 2016, per corruzione e turbativa nell’ambito di due inchieste della Procura di Roma, “Dama nera” e “Dama nera 2”, su presunte tangenti all’Anas. La Tecnis è stata in amministrazione giudiziaria dal febbraio 2016 al marzo 2017 perché sequestrata nell’ambito di un’inchiesta antimafia della Dda etnea su indagini dei carabinieri del Ros. Il dissequestro fu motivato con il fatto che venne meno «la pericolosità del bene» che, secondo i giudici, era «stato legalizzato» grazie al lavoro dell’amministrazione giudiziaria e della Procura di Catania.

Nonostante tutti questi precedenti, Bosco e Costanzo pare quindi non si fossero “arresi” e continuano in condotte illecite per accaparrarsi denaro e appalti. I due infatti secondo la Procura «risultano ancora oggi operativi sul mercato attraverso la società Amec srl, costituita alla fine del 2017, con sede a Santa Venerina, che opera nel settore costruzioni generali e delle infrastrutture, con un fatturato annuo dichiarato di 11 milioni di euro».

Amec sarebbe l’acronimo di “Ancora Mimmo e Concetto”. Come a dire: ci avete arrestato, ci avete indagato, avete messo la Tecnis sotto sequestro, ma noi siamo ancora qua. Dalle indagini di militari del nucleo di Polizia economica finanziaria della Guardia di finanza di Catania è emerso che la società sarebbe beneficiaria di un affitto d’azienda operato da Cogip infrastrutture srl e risulta aggiudicataria di commesse pubbliche, di recente avrebbe vinto un appalto dell’Anas da 50 milioni di euro. Ma in portfolio la “premiata ditta” Costanzo Bosco avrebbe commesse per un ammontare complessivo di oltre 700 milioni di euro.

Emblematiche sono alcune conversazioni intercettate dai Finanzieri che mettono in evidenza il ruolo dominante del duo Mimmo Costanzo- Concetto Bosco Lo Giudice nell’amministrazione della “Tecnis” e della loro prassi di avvalersi di prestanome. In uno sfogo con una persona non indagata, Gaspare Di Paola, oggi ai domiciliari, infastidito evidenziava che «… mi hanno sempre trattato solo come un prestanome… io ho lavorato con imprenditori molto più seri di lui e di Mimmo, cioè ma molto più seri che quando l’impresa poi non c’era più, a me pagavano lo stesso…».

Il management della “Tecnis”, secondo quanto emerso nel corso degli accertamenti, avrebbe spogliato la società di quasi 100 milioni di euro nel corso di un quadriennio (2011- 2014) aggravandone il dissesto e rendendola insolvente. Gli indagati, evidenziano gli investigatori, avrebbero concesso «consistenti e vorticosi finanziamenti infragruppo “non onerosi” diretti alle consorziate»; le imprese beneficiarie, a loro volta, anche con movimentazioni bancarie realizzate nella stessa giornata, avrebbero elargito ingenti somme a favore di società estranee al gruppo di riferimento ma sempre dirette, anche con la presenza di prestanome, da Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice.

L’ammontare di denaro originato dalla bancarotta fraudolenta sarebbe stato destinato, tra l’altro, alla realizzazione di strutture sportive e ricettive nel settore del turismo golfistico, la cui costruzione, in larga parte, sarebbe stata anche affidata alla società “depredata”. Sotto la lente di ingrandimento degli investigatori sono finite diverse operazioni commerciali non rispondenti ad una comprensibile logica imprenditoriale.

Inoltre, Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Costanzo, insieme ad altri due indagati non destinatari di misure cautelari, avrebbero stretto accordi contrattuali che hanno aggravato irrimediabilmente il già precario equilibrio patrimoniale del Gruppo “Tecnis”. La consistente mole indiziaria acquisita dagli investigatori in poco più di un anno d’indagine, tra aprile 2018 e novembre 2019, ha evidenziato come già a decorrere dal 2013 sarebbe venuta meno la continuità aziendale, non disponendo la “Tecnis” di risorse finanziarie sufficienti a supportare le esigenze della produzione e a ripianare le rilevanti passività scadute, in assenza di un immediato rientro delle significative posizioni creditorie vantate nei confronti delle società direttamente e indirettamente riconducibili a Costanzo e Bosco Lo Giudice.

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