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Coronavirus e vecchi ospedali da riattivare: a Catania si punta sul Santa Marta

Di Giuseppe Bonaccorsi |

CATANIA – La riattivazione degli ospedali dismessi è una delle opzioni su cui stiamo lavorando. Mercoledì abbiamo avuto una riunione con tutti i direttori sanitari della Sicilia e ci stiamo ponendo, come tutte le altre regioni d’Italia, il tema di una attivazione urgente di nuovi posti letto in terapia intensiva e di nuovi posti letto a pressione negativa per le malattie infettive. Entro le prossime giornate contiamo di realizzare un piano articolato. Al momento la nostra struttura è assolutamente soddisfacente».

Si è espresso così ieri l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, rispondendo ai cronisti in merito all’emergenza coronavirus. L’assessore ha spiegato, parlando di numeri, che per la terapia intensiva si ragiona su nuovi 100 posti letto in aggiunta agli attuali 400 in Sicilia.

Già da tempo la discussione sull’urgenza di reperire altri posti letto in terapia intensiva è una delle problematiche che oggi preoccupano di più semmai (e speriamo mai) ci si dovesse trovare in una condizione di emergenza a causa del virus cinese. E più posti significa avere anche locali ampi, ma tutelati per evitare ricoveri anche con i pazienti affetti da altre patologie.

Sulla possibilità di riaprire i vecchi ospedali non c’è alcun dubbio. Il nodo riguarda quali potrebbero essere queste strutture da riattivare. «Quando ho parlato di ospedale dismesso – ha spiegato oggi l’assessore Razza – mi riferivo a un’area della Sicilia orientale, perché l’apertura dell’ospedale San Marco a Catania ha comportato la dismissione di quattro strutture ospedaliere, alcune delle quali interamente attrezzate».

Il primo ospedale a chiudere a Catania è stato il Ferrarotto, ma la struttura, ormai, sarebbe difficilmente recuperabile se non dietro un rifacimento molto oneroso. Anche per il Santo Bambino, l’ospedale dell’infanzia, la strada non sarebbbe facilmente percorribile e inoltre ci sarebbe l’ostacolo di alcuni uffici dell’Asp. Si potrebbero utilizzare, invece alcuni reparti del grande ospedale storico della città, il Vittorio Emanuele, ma forse la spesa sarebbe esorbitante. Resta come possibile opzione il “Santa Marta”, lo storico ospedale oculistico della città, dismesso soltanto da qualche mese. Ecco, secondo le prime indiscrezioni, sembra che la Regione stia studiando proprio la possibilità di riaprire il S. Marta per farne sede di ricovero dei malati da coronavirus, ma è tutto ancora da decidere.

Del possibile utilizzo del S. Marta, recentemente, avevano parlato i medici del Codacons che in un comunicato avevano invitato la Regione a utilizzare i locali sanitari dismessi per evitare di ricoverare questi malati in strutture sanitarie deputate alle altre patologie, ciò per evitare un possibile veicolo di contagio all’interno di ospedali che potrebbe diventare ingestibile. «Servono strutture dove si possano visitare in sicurezza questo genere di pazienti che non potranno essere gestiti dai pronto soccorso già oberati – avevano detto i medici dell’associazione – . Il Codacons Medici propone quindi di utilizzare nell’emergenza del momento strutture come il Vittorio Emanuele o il Santa Marta che in brevissimo tempo potrebbero essere resi funzionali e riuscire, quindi, a drenare questa prevedibile imponente mole di pazienti con personale medico e paramedico opportunamente protetto ed addestrato».

Il Codacons medici continua anche a sostenere che occorreranno al più presto supporti idonei per i medici di famiglia (mascherine, camici, guanti e occhiali) per consentire alla categoria di continuare il loro lavoro a supporto della popolazione che altrimenti, a causa delle nuove disposizioni, rischia di ricevere una assistenza non più capillare come una volta.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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