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Coronavirus, la Regione vuole fare i tamponi a tutti i siciliani rientrati dal Nord

Di Mario Barresi |

CATANIA – Ruggero Razza ritiene che in Sicilia non si arriverà ad avere bisogno di reparti d’emergenza in aree fieristiche o altre “location” non ospedaliere, come avvenuto in Lombardia e in altre zone rossissime del Nord. E l’ipotesi di requisire, ad esempio, la Fiera del Mediterraneo a Palermo o le Ciminiere a Catania resta, per ora, «soltanto uno scenario di guerra estrema al coronavirus».

Il picco di contagi nell’Isola? «Ci sarà, ancora deve arrivare. Ma noi ci faremo trovare pronti», rassicura l’assessore regionale alla Salute. Nello Musumeci si sbilancia: «Obiettivamente temiamo il peggio che, secondo gli esperti, potrebbe essere alla fine di questa settimana o all’inizio della prossima». Il governo regionale, però, tende a minimizzare sul dossier degli esperti di ministero della Salute e della Protezione civile, rivelato da Repubblica, secondo il quale il record in Sicilia si raggiungerà fra il 6 e il 10 aprile, con 2.500 contagiati e fino a 300 ricoverati in terapia intensiva. «Se queste proiezioni fossero vere, il sistema siciliano saprà rispondere, ma è improbabile che ci si arriverà», è la linea emersa ieri nella riunione notturna della struttura d’emergenza presieduta da Antonio Candela, esperto manager con trascorsi crocettiani tendenza Lumia.

Il governatore, l’assessore e i saggi hanno messo a punto il cosiddetto “piano B”, che è di fatto in corso. Ovvero, «aumentare di altri 200 i posti per la rianimazione e di un paio di migliaia in generale di sub rianimazione e per gli ospedalizzati non gravi», conferma Musumeci.

I numeri sono sul tavolo da giorni: in Rianimazione 200 posti dedicati, aggiuntivi rispetto ai 456 della Rete ospedaliera, per superare quota 650 ritenuta «soddisfacente» anche dal ministero della Salute. E poi potenziare la rete dei Covid-Hospital: già «quasi tutti attivi» i 1.000 posti annunciati negli scorsi giorni, l’assessorato alla Salute sta studiando il piano per incrementarli in divenire con la prospettiva – a breve termine – di poterli raddoppiare «in caso di necessità, ma sempre attrezzando strutture ospedaliere già esistenti».

A questo scopo si aspettano ventilatori da intensiva e caschi da semi-intensiva dalla Protezione civile. «Ma Roma è in tremendo ritardo», denuncia Razza. Il quale rivela «l’arrivo di altre mascherine inutilizzabili per gli ospedali». Di circa 100mila pezzi, la fornitura «inutile per l’urgenza dell’approvvigionamento a tutela dei lavoratori della sanità».

E così la Regione, grazie a una norma del “Cura Italia”, si mette in proprio. Siglato un contratto con un’azienda ennese di presidi sanitari, che riconvertirà la produzione dedicandola «esclusivamente a dispositivi di protezione individuale». La catena di montaggio delle mascherine parte oggi: fino a 5mila al giorno la capacità produttiva, ma verranno fuori anche camici e tute sanitarie. Razza ha visitato ieri lo stabilimento; decine i contatti con imprenditori siciliani disposti a essere della partita. «Particolarmente interessante» è definita l’ipotesi di «una produzione industriale nel Catanese».

E infine i tamponi. Nel tavolo di ieri sera (dopo che la giunta regionale ha deliberato il via libera al dipartimento per spese urgenti di Protezione civile in contabilità speciale per 4 milioni) s’è affrontato il tema. L’ipotesi è di sottoporre al test sul coronavirus a medici, infermieri e operatori sanitari, ma con diversi step. Il primo, imminente, è il tampone a tutto il personale dei reparti a contatto con pazienti contagiati. Per estendere poi – «work in progress», dicono a Palermo – il tampone al resto del personale. Ma la novità emersa ieri sera è un “tampone di massa” per i siciliani tornati dalle ex zone rosse del Nord negli scorsi fine settimana, registrati nel portale della Regione.

In Sicilia saranno effettuati i tamponi anche ai familiari delle persone rientrate nell’isola, e che si sono registrate nella piattaforma della Regione. La Regione sta predisponendo nuove linee guide per l’isolamento domiciliare di queste persone. Nella piattaforma le registrazioni sono 35mila.

Un’operazione quindi che comporterà «un notevole sforzo organizzativo», ma ormai certa. Ma, «visto che il periodo di incubazione è di una settimana», ragionano in assessorato, il test dovrebbe essere somministrato nei prossimi giorni. Fuori la lingua: la Regione vi controlla.

Twitter: @MarioBarresi

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