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«Rischia il coronavirus in cella», scarcerato ergastolano Sudato

Di Redazione |

«E’ di qualche ora fa la notizia della concessione della misura degli arresti domiciliari a un ergastolano di origini siciliane, Antonio Sudato, 67 anni, rinchiuso nel carcere di Sulmona. Rischio di contagio da coronavirus, questa la motivazione che il magistrato di sorveglianza dell’Aquila ha evidenziato per la concessione, appunto, degli arresti domiciliari».

Lo ha denunciato Giuseppe Antoci, presidente onorario della Fondazione Caponnetto ed ex presidente del Parco dei Nebrodi, vittima nel 2016 di un gravissimo attentato mafioso sventato dalla scorta della Polizia di Stato. «L’istanza dell’avvocato difensore di Sudato – spiega Antoci -, è stata accolta, “motivando l’incompatibilità del detenuto con la vita carceraria per motivi di salute e per il rischio di contagio da coronavirus, che in una persona con rilevanti patologie può seriamente aggravare il proprio stato di salute”. E’ un precedente gravissimo e un’offesa ai familiari delle vittime di mafia».

«Rischio di contagio da coronavirus? – continua Antoci – Quindi ad oggi neanche positivo. Non torna, dunque, a casa per curarsi ma solo per il rischio di contrarre il virus. E del rischio che stanno correndo i tanti nelle forze dell’ordine, nell’Esercito e nella Polizia penitenziaria o ai tanti che sono in prima linea nei settori necessari al Paese che diciamo? Pur rispettando la decisione del magistrato – continua Antoci – la stessa sembra però essere un gravissimo precedente che potrebbe consentire a tanti altri di tornare a casa dai loro affetti. Proprio quegli affetti di cui sono stati privati, invece, i familiari delle vittime di mafia, coloro, cioè, che oggi vedono uscire non semplici detenuti, con residui di pena irrisorie, bensì detenuti come Sudato, condannato, in via definitiva, per associazione mafiosa, estorsione ed omicidio».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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