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E in risposta alla superProcura, Riina voleva creare la superCosa Nostra

Di Redazione |

CALTANISSETTA – «Giovanni Falcone doveva essere ucciso a Roma perché aveva in mente di creare la superprocura, ufficio giudiziario con la funzione di coordinare le indagini sulla criminalità organizzata, e di premere per la sua istituzione. Ed è in risposta alla superprocura che Totò Riina decide di far nascere la supercosa». A raccontare alcuni particolari della cosiddetta «missione romana» di Cosa nostra è stato il procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci nel corso della requisitoria al processo al boss latitante Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Il dibattimento si celebra davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta. «La supercosa – ha aggiunto il procuratore Paci – doveva essere un gruppo di uomini “valorosi”, i migliori di Cosa Nostra, che avrebbero risposto ai suoi comandi. Ne avrebbero fatto parte Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Vincenzo Sinacori, Matteo Messina Denaro, i fratelli Graviano e soggetti con una grossa esperienza anche in termini militari pronti per fare le stragi. Tutti avrebbero preso comandi direttamente da lui. Coloro che dissentivano sarebbero stati eliminati, a cominciare da Vincenzo Milazzo, assassinato il 14 luglio del 1992 poiché non era d’accordo con le stragi».

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