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Confiscato a Napoli un ristorante del boss catanese”Turi” Cappello

Di Redazione |

CATANIA – Passano alla disponibilità dello Stato alcuni dei beni del noto “Turi Cappello”, beni che erano stati già oggetto di approfondite indagini da parte del pool composto da poliziotti della Divisione di Polizia Anticrimine e della Squadra Mobile catanesi, sfociati in una proposta d’applicazione di misura di prevenzione reale a firma congiunta tra il Procuratore della Repubblica e il Questore di Catania che fu accolta nel 2019 dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione quando sottopose i beni a sequestro.

Ora è stato emanato il decreto con cui l’ufficio Misure di Prevenezione del Tribunale ha disposto la confisca di una società operante nel settore della ristorazione, riconducibile al boss catanese Salvatore “Turi” Cappello, ritenuto il capo indiscusso, promotore e l’organizzatore dell’omonima cosca mafiosa, condannato all’ergastolo per associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, omicidi, estorsioni, rapine, evasione, detenzione e porto illegale di armi e altro.

L’azienda confiscata ha sede a Napoli e riporta l’insegna “I 2 Vulcani”: una denominazione che evoca l’unione delle città di Catania (località di origine di Cappello) di Napoli (luogo di nascita e residenza di Maria Rosaria Campagna, ovvero la compagna del boss).

Il provvedimento  ha riguardato anche la confisca di un immobile (anche questo a Napoli) intestato al figlio del boss, Salvatore Santo Cappello, e la confisca di un motociclo intestato alla Campagna.

Il valore dei beni confiscati è stimato in circa 100 mila euro. L’attività d’indagine che ha portato alla proposta di sequestro, che è poi sfociato nell’attuale confisca, ha analizzato la crescita delle capacità patrimoniali di Turi Cappello  in un arco temporale che va dal 2004 al 2017, accertando così una serie di investimenti orientati sia all’acquisto di beni, sia all’avvio di esercizi pubblici e di imprese che, seppur formalmente intestati a prossimi congiunti e a terzi estranei, erano tutti pienamente riconducibili a al boss Salvatore Cappello e compagna Maria Rosaria Campagna.

Turi Cappello, così come affermato nda diversi collaboratori di giustizia e come si evince dalle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite, durante la detenzione ha mantenuto un durevole ruolo centrale nella gestione degli interessi economici del clan, operato anche attraverso la compagna, la quale ha svolto per lui il compito di messaggero verso i sodali del clan, riuscendo così a impartire le istruzioni operative per la gestione dell’associazione criminale.

Per Salvatore Cappello è stata disposta per un altro anno la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Per Maria Rosaria Campagna la sorveglianza speciale per tre anni. La donna è stata condannata per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Il 13 gennaio 2017, entrambi sono stati coinvolti, con altri 30 indagati, nell’operazione denominata “Penelope”. Nei loro confronti il Gip del Tribunale di Catania dispose la custodia cautelare in carcere, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (fatti commessi dal 2012 e sino al gennaio 2017).COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA