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Contatti con Mosca ed Emirati per liberare i pescatori siciliani in Libia

Di Redazione |

ROMA – Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio preme sull’acceleratore per sbloccare il caso dei 18 marittimi siciliani sequestrati in Libia aumentando il pressing su Bengasi e convocando un vertice di governo ad hoc, mentre tra i familiari di Mazara del Vallo cresce l’apprensione per le notizie di stampa che vorrebbero i pescatori “ostaggio” del generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica.

Di Maio oggi ha incontrato in videoconferenza le famiglie dell’equipaggio dei due pescherecci «Antartide» e «Medinea», sequestrati il 1 settembre 35 miglia a largo di Bengasi dalla marina fedele al generale Haftar. A loro  il ministro ha assicurato il massimo impegno del governo per una soluzione positiva della vicenda e annunciato la convocazione al più presto di un vertice straordinario dell’esecutivo. «L’azione deve essere corale», ha sottolineato il titolare della Farnesina ricordando la complessità del caso e dei tempi.

I marittimi, fermati mentre erano a caccia del prezioso gambero rosso, sarebbero «ospiti» in una villa e le loro condizioni di salute sono buone. Soddisfazione e apprezzamento per l’azione del governo e la disponibilità di Di Maio è stata espressa dal sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, che era collegato in videoconferenza assieme ai familiari dei pescatori.

Il pressing del ministero degli Esteri è senza sosta. Della vicenda il titolare della Farnesina ha discusso in questi giorni con il collega emiratino Abdullah bin Zayed Al Nahyan e poi con l’omologo russo Sergei Lavrov, esponenti di due Paesi che hanno una grande influenza su Bengasi.

Secondo alcune notizie degli ultimi giorni il generale Haftar non intenderebbe rilasciare i marittimi fino a quando l’Italia non avrà liberato quattro libici partiti da Bengasi nel 2015 e condannati a 20 e 30 anni nel carcere di Catania per omicidio e traffico di migranti. Sono accusati in particolare di aver organizzato un viaggio della speranza nel quale sono morte 49 persone.

Per le autorità di Bengasi si tratterebbe solo di giovani calciatori in cerca di fortuna e non scafisti. Per mesi le loro famiglie in Libia ne hanno chiesto la libertà, sostenendo che sono solo giovani atleti che sognavano di giocare in Germania. La settimana scorsa donne, uomini, bambine e bambini si sono presentati al porto di Bengasi con fotografie e cartelloni: «Liberate gli atleti libici: sono calciatori, non trafficanti». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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