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Ripartiamo da Livatino! Le toghe provano ad ispirarsi al “giudice ragazzino” ucciso 30 anni fa

Di Giovanni Franco |

PALERMO – Le parole «esempio da seguire» riferite al rigore morale e professionale di Rosario Livatino sono state pronunciate più volte, oggi, in occasione nel trentesimo anniversario dell’uccisione del giudice originario di Canicattì, nell’Agrigentino. In tanti, relatori, magistrati, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, ne hanno ricordato la figura, durante un seminario organizzato dall’Anm e dalla sede territoriale della scuola superiore della magistratura, nell’aula magna della corte d’appello del palazzo di Giustizia di Palermo.

Il presidente ascolta, seduto in prima fila. In mattinata, con una nota, aveva sottolineato che quel giudice fu «consapevole del suo delicato ruolo in una società in evoluzione e della necessità che la magistratura sia e si mostri indipendente, egli ha svolto la sua attività con sobrietà, rigore morale, fermezza e instancabile impegno, convinto di rappresentare lo Stato nella speciale funzione di applicazione della legge».

Un monito che arriva in un momento difficile per la magistratura. Dice Roberto Scarpinato procuratore generale presso la Corte d’Appello di Palermo: «L’inchiesta della procura di Perugia sulla cosiddetta vicenda Palamara ha portato alla luce una serie di patologie e comportamenti che chiamano in causa, a vario titolo, diffuse e trasversali responsabilità collettive nell’avere condiviso o tollerato pratiche di gestione dell’autogoverno in palese contrasto sia con i principi costituzionali che con le basilari regole di deontologia professionale».

E osserva: «Livatino come altri magistrati ha pagato l’isolamento etico e professionale». Esorta poi Matteo Frasca, presidente della corte d’appello di Palermo: «Ripartiamo da Livatino», ripartiamo dal suo modo di essere Magistrato, ripartiamo da quel giudice ingenerosamente definito “ragazzino” come i tanti “giudici ragazzini” qui presenti che, invece, a Livatino guardano come modello. Magistrati come Livatino, o come Antonino Saetta, assassinato trentadue anni fa nello stesso territorio e al quale rivolgo un commosso ricordo, hanno costituito esempio di eroismo civile».

Un simbolo insomma da seguire «in un momento drammatico per la magistratura e di fronte a sconcertanti episodi che documentano una miseria etica che avvilisce e mina profondamente la fiducia dei cittadini nella magistratura e nella giurisdizione è per noi motivo di orgoglio ricordare figure come quella di Rosario Livatino e degli altri colleghi che come lui hanno dato la loro stessa vita», dice il presidente dell’Anm Luca Poniz.

«Sono certa – sottolinea poi la presidente del Senato Elisabetta Casellati in un messaggio – che anche questo importante momento di raccoglimento e di memoria saprà essere preziosa occasione per rinnovare l’impegno a proseguire insieme, cittadini e istituzioni, in questo importante percorso a cui non farò mai mancare il mio convinto e incondizionato sostegno».

«Oggi le istituzioni e il Paese intero hanno il dovere di ricordare un magistrato di cui dobbiamo essere orgogliosi, un servitore dello Stato la cui eredità morale e professionale è un vero e proprio faro per tutti i magistrati e, in particolare, per i più giovani che hanno deciso di intraprendere un percorso così importante per la giustizia e, in generale, per la vita democratica del Paese», ricorda in un post su Facebook il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Di Livatino è in corso il processo di beatificazione. Al seminario don Giuseppe Livatino, postulatore della causa, osserva come il giudice abbia «anticipato con le sue inchieste la tangentopoli siciliana». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA