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Migranti: il nuovo super patto dell’Ue ma c’è già chi dice no ai ricollocamenti obbligatori

Di Redazione |

BRUXELLES – Arriva il nuovo Patto per le migrazioni voluto dalla Commissione europea, una riforma di Dublino per non far gravare tutto il peso degli arrivi sui Paesi di primo ingresso e innescare meccanismi di solidarietà. Proposta che alcuni paesi dell’Unione, come Austria, Ungheria e Repubblica Ceca, hanno già rigettato, parlando di fallimento nei ricollocamenti. Ma da Parigi arriva un appello per una maggiore solidarietà europea: «Non possono condividerla solo Italia, Francia, Germania e Grecia».

Per il migrante che entra illegalmente nell’Ue ci saranno due strade: un iter standard per la richiesta di asilo, o una “procedura di frontiera”, veloce. Così la commissaria europea Ylva Johansson presentando il nuovo pacchetto di proposte su asilo e migrazione.

La «procedura di frontiera» salvaguarda il diritto alla richiesta di asilo, ma in caso di risposta negativa accelera i tempi di rimpatrio, perché la decisione dovrà essere accompagnata da quella sul rimpatrio. Il Paese avrà 12 settimane per attuare la procedura veloce. Se non rispetterà i tempi, il caso seguirà l’iter standard. Saranno sottoposti alla “procedura di frontiera” i migranti con nazionalità che hanno livelli bassi di concessione dell’asilo, come ad esempio marocchini o tunisini.

«Tutti gli Stati Ue dovranno mostrare solidarietà verso i Paesi sotto pressione – ha spiegato la commissaria europea -: potranno farlo o con i ricollocamenti, o con i rimpatri sponsorizzati.  ono queste le due componenti fondamentali del meccanismo di solidarietà obbligatorio».

Con «i rimpatri sponsorizzati gli Stati dovranno rimpatriare – entro otto mesi – una quota di migranti dal Paese di primo ingresso. Se entro otto mesi non saranno effettuati tutti i rimpatri, lo Stato partner accoglierà sul suo territorio quanti restano da allontanare». Il meccanismo permette contributi anche col rafforzamento delle capacità, come ad esempio la costruzione di centri di accoglienza.

«Il meccanismo di solidarietà, con i ricollocamenti ed i rimpatri sponsorizzati, scatterà in modo automatico per i migranti che vengono salvati in mare. Ma anche il Paese di sbarco ne dovrà accogliere una parte» ha detto ancora Ylva Johansson,  sottolineando che «non ci saranno più soluzioni ad hoc» ad ogni sbarco, perché ci saranno indicazioni precise e prefissate, sulla base della valutazione della Commissione europea. 

«Abbiamo previsto anche delle norme speciali per regolare eventuali situazioni di crisi, come quella che abbiamo vissuto nel 2015, quando arrivarono due milioni» di migranti, ha aggiunto la Johansson. «Il meccanismo di solidarietà resta sostanzialmente come quello già descritto», con i ricollocamenti ed i rimpatri sponsorizzati, «ma in caso di crisi le misure saranno più nette e più limitate nel tempo». 

L’obiettivo dichiarato di Bruxelles è ricostruire la fiducia fra gli Stati membri, per gestire la migrazione in modo congiunto e secondo una linea comune chiara e giusta. Ma il nuovo Patto ha fatto storcere già il naso a diversi leader europei.  «La redistribuzione in Europa dei richiedenti asilo ha fallito», ha detto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz in un’intervista alla France Presse. «Sono convinto che abbia fallito e che molti Stati non la vogliano», ha detto il capo del governo austriaco riferendosi ai Paesi dell’Europa centrale che si rifiutano di accogliere i migranti arrivati in Italia o in Grecia. «Il sistema non può funzionare così ma con una migliore difesa delle frontiere esterne, lottando insieme contro i trafficanti e inviando aiuti nei Paesi di provenienza», dei migranti, ha aggiunto il cancelliere conservatore.

Stessa linea da Budapest: »Crediamo che le frontiere dell’Europa debbano essere protette: dovranno essere creati hotspot esterni per trattare le richieste di asilo; dobbiamo garantire che le frontiere esterne dell’Ue e dello spazio Schengen rimangano perfettamente sigillate lungo tutte le sezion», ha  dichiarato in una nota il portavoce dell’esecutivo di Budapest, Zoltan Kovacs. 

Linea ancora più dura da Praga: «La Repubblica Ceca rifiuta qualsiasi redistribuzione obbligatoria dei migranti tra i Paesi membri dell’Ue» ha detto il ministro dell’Interno Jan Hamacek (Cssd, democratici sociali). COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA