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A 17 anni dalla strage di Nassiriya, il figlio di uno dei caduti siciliani: «Mio padre servì lo Stato»

Di Redazione |

«A 17 anni da quel terribile giorno il dolore è ancora troppo grande, è una ferita che non si rimarginerà mai». Lo ha detto Marco Intravaia in occasione dell’anniversario della strage di Nassiriya in cui perse la vita suo padre. «È stato un buon genitore – continua Intravaia -, un servitore dello Stato, un modello esemplare di cittadino italiano. Ha combattuto il terrorismo islamico con coraggio. Ha sostenuto la martoriata popolazione irachena con grande umanità. Resta per noi un grande uomo che, dinnanzi alla morte annunciata, con coraggio ha onorato la divisa che indossava, fedele, fino alla morte, al giuramento prestato alla Repubblica».

«In questo momento così critico per il Paese a causa della pandemia – conclude il figlio del militare -, nel quale deve esprimersi con ancora più forza il sentimento di solidarietà, di appartenenza e di unità di tutto il popolo italiano, il sacrificio di mio padre e dei suoi commilitoni caduti a Nassiriya testimonia il valore di chi ha fatto della cura degli altri e della dedizione al prossimo il proprio lavoro, fino al più alto sacrificio».

La strage è stata ricordata anche dai vertici del comando provinciale dei carabinieri di Catania. Due cerimonie, in rispetto delle norme anti Covid-19, si sono tenute nei cimiteri di Catania e Biancavilla per rendere onore a due delle vittime che erano impegnate nella missione di peacekeeping «Antica Babilonia”: l’appuntato Horacio Majorana e il maresciallo aiutante Massimiliano Bruno, deponendo sulle loro lapidi due cuscini di fiori a nome di tutta l’Arma dei Carabinieri. Il momento di raccoglimento si è svolto alla presenza del cappellano militare capo della base di Sigonella, don Paolo Solidoro, e dei familiari delle vittime.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA