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Studenti sempre più intolleranti alla Dad: voglia di prof in presenza

Di Pierangela Cannone |

Dad sì, Dad no. Abbiamo intervistato cinque studenti e le loro risposte che ci hanno permesso di tracciare altrettanti identikit e capire meglio stati d’animo, speranze e timori.

L’universitario «resiliente”.

Samuele Cultrera ha 23 anni ed è iscritto al dipartimento di Scienze Politiche e sociali, indirizzo Amministrazione e organizzazione. Nel raccontare come vive la Dad, ha tracciato una linea netta tra la prima ondata di Covid dello scorso marzo e la seconda, che è in pieno svolgimento.

«Il primo lockdown l’ho subìto – dice – Seguivo le lezioni in pigiama, non staccavo gli occhi dallo schermo del pc e trascorrevo le giornate senza avere un’idea di come ottimizzare il mio tempo. Oggi mi sveglio alle 5 per fare attività fisica, in casa. Alle 7 mi collego alle lezioni e dalle 12 mi divido tra sociale, formazione e associazionismo. Sto provando a non commettere gli errori del passato, diventando protagonista del mio tempo. Sì, sono cambiato. Da marzo non siamo più rientrati in dipartimento e manca il contatto con i colleghi. Il Covid, però, mi sta dando anche l’occasione di rivedere i miei piani: riconcentrarmi sulle mie ambizioni e lavorare su queste. Sto provando a costruire un futuro professionale, passando dalla formazione. Penso che l’Università ancora pecchi nel rapporto con il “dopo”: la cosiddetta Terza missione è carente di fatti».

L’universitario “pragmatico”

Giuseppe Dimartino ha 23 anni, studente del corso di laurea in Lettere, gestisce il blog “Vociuni” con l’obiettivo di dare voce agli studenti. Sogna di diventare un insegnante, fermamente convinto del potere delle parole. «Noi giovani – afferma – vogliamo essere presenti nella società che abitiamo. Mi auguro di diventare un insegnante in grado di sapere far fiorire il potenziale dei giovani. Abbiamo tutte le qualità in potenza per aiutare anche oggi la società, che ha bisogno di noi. L’Università, la scuola e chi vive questi luoghi preposti al sapere e alla socializzazione non possono essere fanalino di coda. Come studente universitario non mi sento tutelato dalle istituzioni. Non posso che apprezzare le chiusure, ma mi sento abbandonato e mi chiedo come saranno i prossimi mesi e cosa si aspetta per riaprire. Il Covid non deve aprire una crisi sociale. Noi giovani pretendiamo maggiore chiarezza e dialogo. Non dialogare significa non avere le idee chiare: ecco perché preferisco parlare di fatti e non di idee. Dall’oggi al domani ci siamo trovati chiusi in casa a seguire lezioni online in condizioni di disagio. Mancano le connessioni umane. Ci hanno rubato le emozioni, che danno senso alla vita».

La matricola “abbandonata”.

Aurora Zappalà ha 19 anni ed è iscritta al primo anno di Lettere. «Nonostante siano trascorsi mesi dall’inizio delle lezioni – afferma – non ho contatti con i miei colleghi. Per un paio di settimane è stato applicato il sistema di lezioni misto, per permettere di conoscere insegnanti e colleghi, ma in pochi venivano in presenza perché molti evitavano di spostarsi. Siamo passati velocemente tutti in Dad. È stato un trauma. A lezioni prendevo molti più appunti, a casa me la prendo comoda. Non mi sento sola perché gli amici di sempre continuano a esserci, ma come matricola mi sento abbandonata. È come se non stessi più vivendo».

Il liceale “intollerante” 

Gabriele Amore ha 18 anni, è rappresentante d’istituto al Turrisi Colonna, dove frequenta l’ultimo anno di “Scienze umane” ed è impegnato nell’associazione Sbam. «Alla ministra Azzolina – esordisce – vorrei dire che è un po’ confusa. Credo abbia tanto da scusarsi con insegnanti e studenti. Ormai siamo tutti intolleranti alla Dad. I professori non credono alla nostra onestà e, purtroppo, lo ammetto, alcuni fanno ripicche. Ma il sistema è nocivo. A settembre, sedendomi in un banco monoposto mi sono sentito solo. Con la Dad, la solitudine si è amplificata. Siamo presenti solo durante l’appello, poi stacchiamo il microfono e ci limitiamo ad ascoltare i professori. È davvero stancante. Oggi mi alzerei anche alle 4 per prendere l’autobus che mi porti a scuola, pur di uscire di casa e riavere una vita».

Lo studente “demotivato”

Mattia Distefano ha 18 anni e anche lui è socio di Sbam e rappresentante d’istituto al Turrisi Colonna, dove frequenta l’indirizzo linguistico. «La ministra Azzolina – dice – ha proposto di proseguire per tutto giugno, ma sono contrario. Studenti, insegnanti… siamo tutti stanchi della Dad. È una catastrofe. È come se non fossimo più studenti, bensì robot. Oggi, lo ammetto, studio il minimo indispensabile. Stare sempre davanti a un pc è stancante, svilente, disumanizzante. Siamo consapevoli che ci stiamo facendo del male, ma non troviamo vie di fuga. E poi la Dad ha aumentato le disuguaglianze sociali: non tutti a casa hanno una connessione internet con giga illimitati né tanti pc quanti i componenti che vanno a scuola. Si sta perdendo il senso di individualità. La scuola si sta involvendo».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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