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Blitz antimafia a Catania, l’operazione Minecraft smantella il clan «Cappello-Bonaccorsi»

Di Redazione |

CATANIA – Agenti della squadra mobile, del Servizio centrale operativo e reparti speciali della polizia, coordinati dalla Dda di Catania, il 26 gennaio scorso hanno eseguito un’operazione antimafia, nei confronti del clan mafioso “Cappello-Bonaccorsi», decapitandone i nuovi assetti.

Durante il blitz, ufficializzato soltanto oggi da Questura e Procura, sono state eseguite perquisizioni che hanno consentito il sequestro di un arsenale, di sostanze stupefacenti e danaro in contante.

Una conferenza stampa sull’operazione, denominata “Minecraft”, si è tenuta alle 10.30 nella sala riunioni del X Reparto Mobile di Catania dove sono stati resi noti i nomi dei personaggi finiti in manette.

1. Massimiliano Cappello, cl 1967;

2. Salvuccio Junior Lombardo, inteso “Salvucciu u ciuraru”, cl 1994;

3. Sebastiano Cavallaro, inteso “Seby” o “baffo”, cl 1992;

4. Renzo Cristaudo, cl 1993;

5. Alessio Finocchiaro, cl 1994;

6. Emilio Gamgemi, cl 1975;

7. Giuseppe Spartano, inteso “u Cussotu “, cl 1989;

8. CosteI Suru, alias “Mariu u rumenu”, cl.1984,

9. Giuseppe Distefano, inteso “Pumpa”, cl 1977;

10.  Giuseppe Francesco La Rocca, alias “Colombrino cl.1995;

11. Francesco Cavallaro, cl.1985;

12. Domenico Alessandro Messina, cl. 1993, già sottoposto per altra causa agli arresti domiciliari;

13. Giusi Messina, cl. 1975;

14. Giovanni Santoro, inteso “Giuvanni sett’anni” , cl. 1983;

il provvedimento del G.I.P. è stato altresì notificato in carcere a:

15. RAPISARDA Giuseppe Paolo, inteso “Paolo cupittuni”, cl. 1982, già detenuto per altra causa.

Tutti sono ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione di tipo mafioso (clan Cappello-Bonaccorsi) con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione a delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanza stupefacente e spaccio in concorso delle medesime sostanze con l’aggravante di avere agevolato il clan Cappello-Bonaccorsi; detenzione illegale e porto in luogo pubblico di diverse armi clandestine da guerra nonché ricettazione delle stesse in concorso, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan Cappello-Bonaccorsi.

Massimiliano Cappello e Salvuccio Lombardo Junior sono stati riconosciuti anche dal gip come capi ed organizzatori della cosca mafiosa. Il provvedimento del Gip è scaturito dall’esecuzione di decreti di fermo emessi dalla Procura distrettuale etnea il 28 gennaio scorso dopo un blitz operato dalla Squadra Mobile di Catania e dal Servizio Centrale Operativo di Roma che aveva permesso di rinvenire numerose armi da fuoco. In quel contesto sono stati arrestati Giuseppe Distefano , Francesco Cavallaro e Giuseppe Francesco La Rocca e si è proceduto al fermo  di tutti gli altri indagati.

Le complesse indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania e dal Servizio Centrale Operativo, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che erano state avviate a seguito della scarcerazione  Massimiliano Cappello – fratello dello storico leader Turi Cappello – avvenuta il 16 giugno 2019, erano finalizzate a monitorare la riorganizzazione del clan Cappello-Carateddi, che era stato duramente colpito dai numerosi provvedimenti giudiziari.

Le investigazioni condotte nei confronti di Massimiliano Cappello hanno permesso di individuare uno dei più fedeli collaboratori di quest’ultimo in Emilio Gangemi che, nel periodo coperto dalle indagini, ha rivestito il ruolo di factotum di Cappello, essendo questi limitato negli spostamenti per via della sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica sicurezza.

Il monitoraggio dei due ha permesso di far emergere l’impegno dell’indagato Massimiliano Cappello nel riprendere in mano le fila del clan, tanto da organizzare presso la sua abitazione, che era stata messa sotto videosorveglianza, incontri con esponenti storici dell’organizzazione,  talora fissati presso abitazioni di terzi soggetti estranei al clan ma a disposizione degli indagati, al fine di scongiurare eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine.

E’ altresì emerso che Massimiliano Cappello, insieme con Gamgemi, gestiva una piazza di spaccio sita nel popolare quartiere di San Giovanni Galermo, fattivamente collaborato sul posto da Giuseppe Paolo Rapisarda, detto “Paolo cupittiuni”, che sovrintendeva alle attività di smercio di droga.

Il clan Cappello è da sempre stato caratterizzato dalla suddivisione in squadre operanti nei diversi quartieri cittadini. Ciò è stato ulteriormente riscontrato nel corso della presente indagine che ha consentito di individuare, oltre alla squadra facente capo a Massimiliano Cappello, anche la frangia riconducibile al citato Salvuccio Jr Lombardo, figlio di Salvatore Lombardo, inteso “u ciuraru”, cugino di Turi Cappello.

E’ stato accertato che Salvuccio Jr Lombardo, nonostante la giovane età, era a capo della squadra più pericolosa del clan, in quanto dotata di una notevole disponibilità di armi, la quale aveva la sua base operativa nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, nel parco dell’Oasi del Simeto all’estrema periferia sud di Catania.

I due villaggi costruiti a ridosso del mare e quindi già di per sé difficilmente accessibili erano stati non solo colonizzati dagli indagati, ma trasformati in veri e propri fortini presidiati da impianti di video sorveglianza e da vedette al fine di prevenire qualsivoglia intrusione da parte di Forze di polizia o comunque da soggetti non autorizzati.

Temendo di essere destinatari di misure cautelari, gli esponenti del clan non solo trascorrevano intere notti  in prossimità degli uffici di polizia per monitorare l’eventuale uscita di mezzi che potessero lasciar presagire l’esecuzione di provvedimenti di cattura, ma avevano anche pianificato (dotandosi di idonei strumenti tecnici) l’installazione di telecamere in corrispondenza di punti di interesse, tra i quali anche la sede della Squadra Mobile di Catania.

Il Lombardo era attivamente coadiuvato da Sebastiano Cavallaro, al quale il Gip ha riconosciuto il ruolo di organizzatore, preposto alla gestione degli affari riconducibili illeciti del gruppo d tra i quali, principalmente, il traffico di un particolare tipo di marijuana denominata, in gergo, “amnesia” proprio in relazione agli effetti prodotti sul fisico di chi la assume. I due potevano contare sull’aiuto di Francesco Cavallaro, Giuseppe Francesco La Rocca, Giuseppe Spartano, Giuseppe Di Stefano e Renzo Cristaudo. Nei confronti degli ultimi due il Gip ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza anche del delitto di associazione di stampo mafioso.

Nel corso delle indagini, a riscontro delle attività tecniche, il 20 novembre 2020, venivano sequestrati 2,130 chili di marijuana del tipo “amnesia”, in territorio della provincia di Messina, a due corrieri che trasportavano la droga che era stata commissionata da Giusi Messina e dal figlio Domenico Alessandro Messina (quest’ultimo già all’epoca dei fatti sottoposto al regime degli arresti domiciliari nel comune di Milazzo).

Presso l’abitazione di Francesco Cavallaro, inoltre, in occasione dell’intervento della Squadra Mobile di Catania e del Servizio Centrale Operativo venivano rinvenuti e sequestrati 22 kg circa di sostanza stupefacente del tipo marijuana, strumenti per la pesatura e materiale atto al confezionamento.

La perquisizione compiuta presso l’abitazione dell’indagato Giuseppe Francesco LA Rocca e presso l’attigua dimora confinante (legata a quella dall’indagato da un filo elettrico che attingeva all’impianto elettrico dell’indagato) consentiva di rinvenire una vera e proprio serra adibita alla coltivazione della marijuana, nella quale si trovavano 73 piantine e tutta l’apparecchiatura necessaria alla cura ed alla crescita delle stesse piante.

Il traffico illecito gestito dal clan era certamente molto redditizio così come dimostrato dal sequestro della somma di 188.000 euro in banconote contanti.

L’aspetto più interessante dal punto di vista criminale che denota l’elevatissimo grado di pericolosità del gruppo investigato è certamente quello relativo alla disponibilità di una vera e propria “santabarbara” ed alla abitudine degli indagati a girare armati.

Come dimostrato in corso di indagine la custodia e la manutenzione dell’arsenale erano affidate a Giuseppe Distefano e a  Costei Suru, alias “Mariu u rumenu”, persone di estrema fiducia ed abili nel maneggio delle armi.

Ed è proprio presso l’abitazione di Giuseppe Distefano che venivano sequestrati nr.4 giubbotti antiproiettile e le seguenti armi con relativo munizionamento: una pistola mitragliatrice 9×19 marca Luger, priva di segni identificativi, corredata da un caricatore privo di munizionamento con silenziatore; una pistola mitragliatrice calibro 7,65 marca Skorpion calibro 7.65 Browing, corredata da un caricatore privo di munizionamento; un fucile mitragliatore calibro 9 marca Sterling modello MK5, corredata da n°2 caricatori a banana ed un silenziatore avvitato alla canna; una pistola semi automatica modello 70 marca Beretta, calibro 7.65, con matricola abrasa, corredata da un caricatore privo di munizionamento; una  pistola semi automatica marca COLT mod Government, calibro 380, corredata da un caricatore priva di munizionamento; una pistola semiautomatica Beretta modello 71 calibro 22 LR, corredata da un caricatore privo di munizionamento; un fucile Beretta modello AR70 Sport, calibro 222R. corredato da un gruppo ottico e n° 2 caricatori; un fucile d’assalto tipo Kalashnikov, calibro 7.62 x 39, corredato da un caricatore privo di munizionamento, una busta in plastica trasparente contenente varie cartucce; un fucile d’assalto modello Kalashnikov, calibro 762 x 39 corredato da n° 04 caricatori privi di munizionamento; un fucile d’assalto tipo Kalashnikov, calibro 7.62×39 corredato da caricatore privo di munizionamento ed un sacchetto in plastica contenente n° 51cartucce calibro 762×39. 

Nelle pertinenze dell’abitazione di Sebastiano Cavallaro sono state rinvenute e sequestrate: una pistola semi automatica marca Glock mod.20 cal.40sv, matricola parzialmente abrasa completa di caricatore contenente nr.10 cartucce dello stesso calibro; una pistola semiautomatica marca Beretta mod.92 S cal. 9×19, con canna filettata, matricola obliterata;una  scatola in cartone per munizioni marca Browing Coult con all’interno nr.38 cartucce marca Geco cal.380 a.c.p. ed inoltre nr.1 cartuccia cal.9×19 marca Luger.

Ulteriori dettagli dell’operazione verranno forniti in occasione dell’incontro con la stampa che si terrà domani presso la sala “Raciti” del X Reparto Mobile di Catania.

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