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Covid, i rischi di infiltrazioni delle mafie nel tessuto economico

Di Pinella Leocata |

Le mafie sfruttano le emergenze per infiltrarsi nell’economia legale e riciclare le immense ricchezze che hanno acquisito e acquisiscono con i traffici illeciti, a partire da quello degli stupefacenti. L’attuale crisi economica causata dalla pandemia e le relative emergenze che lo Stato cerca di affrontare con risposte rapide, sono un terreno particolarmente fertile per questo tipo di processi, come conferma anche l’odierno sequestro di tre attività commerciali oggi a Catania nello storico mercato della Fiera.

Una questione spinosa di cui il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho ha parlato nell’incontro inaugurale dei seminari di cittadinanza attiva promossi dall’Università di Catania insieme a tante associazioni della società civile, seminari quest’anno dedicati al tema “Mafie, giovani, periferie”.

Il procuratore De Raho ha esordito sottolineando come già a partire dagli anni Settanta del secolo scorso Cosa Nostra mostrava capacità di reinvestire i propri capitali nelle imprese, in particolare nelle attività edilizie. Approccio che ha ulteriormente sviluppato a partire dal 1994, dopo il periodo stragista, quando – seguendo il percorso indicato dalla ‘ndrangheta – si è dedicata agli investimenti spostandosi al Nord e utilizzando soggetti lontani alle organizzazioni criminali per mimetizzarsi meglio. In questa prospettiva le mafie hanno costituito società di capitali per infiltrarsi nei settori resi più permeabili dalle emergenze, quali quello dei rifiuti, della grande distribuzione alimentare e della Sanità dove forniscono prodotti e servizi di pulizia e di ristorazione, e infiltrandosi anche nelle professioni. Attraverso queste società le mafie riescono ad aggiudicarsi appalti e ad inserirsi nei vari settori secondo un doppio registro legale e illegale. Una situazione che l’emergenza Covid ha messo in evidenza.

«Le mafie – ha spiegato il procuratore Cafiero De Raho – hanno costituito società in diversi Paesi stranieri e, attraverso queste, hanno importato dispositivi di protezione individuale, in particolare mascherine, per diversi milioni di euro effettuando acquisti in Cina a prezzi quasi simili a quelli di vendita. Questo significa che, attraverso queste società, i mafiosi sono riusciti a portare milioni di euro all’estero, nei Paesi dove la cooperazione internazionale è nulla. In Cina o in Russia avanzare rogatorie per sapere quale soggetto economico ha operato è impensabile». Ed è difficile anche nei Paesi che hanno stipulato le varie convenzioni per la lotta alla criminalità organizzata promosse dalle Nazioni Unite, convenzioni che di fatto non vengono applicate. «E se in Italia abbiamo una legislazione di altissimo livello ed efficacia, e una polizia giudiziaria e una magistratura di altissima specializzazione, questo non ha analogo riscontro negli altri Paesi».

Due, secondo il procuratore nazionale antimafia, le grandi difficoltà con cui bisogna fare i conti in questo periodo di grave crisi economica causata dalla pandemia. La prima è relativa alle attività economiche che hanno dovuto chiudere in base alle disposizioni del Governo. «Gli alberghi, i bar, i ristoranti e i loro fornitori, a fronte dell’assenza o del ritardo degli aiuti dello Stato mostrano una grandissima apertura verso le mafie che devono collocare le loro ricchezze. Il denaro mafioso che entra in quelle attività le inquina. Quando il titolare non è in grado di restituire il denaro ricevuto, l’organizzazione criminale non lo chiede indietro, ma obbliga il debitore a gestire altro denaro. Le mafie trovano così altre attività di investimento e le vecchie aziende vengono svuotate pur mantenendo la titolarità di prima. Per questo è fondamentale il sostegno dello Stato».

Un intervento rapido ed efficace dello Stato è essenziale – e questa è la seconda difficoltà – anche a sostegno delle fasce sociali disagiate nei cui quartieri «le mafie entrano per esercitare la loro assistenza creando consenso sociale e reclutamento di giovani. Per questo è indispensabile che ci sia da parte dello Stato una grande vicinanza alle fasce sociali più deboli per aiutarle a superare questo periodo di grande difficoltà. In questo contesto giocano un ruolo importante anche le associazioni di volontariato e la Chiesa».

Ma la rapidità ed efficacia dell’intervento dello Stato si scontra con la necessità di garantire adeguati controlli le cui procedure burocratiche richiedono tempo. «La burocratizzazione di alcuni settori dell’amministrazione pubblica e del settore bancario per l’erogazione del credito determinano una situazione di vantaggio per le mafie – conviene il procuratore Cafiero De Raho -. Laddove lo Stato non riesce ad intervenire con tempestività il ricorso al credito parallelo delle mafie può determinare un’ulteriore infiltrazione nell’economia legale».

Eppure a suo avviso conciliare queste due diverse esigenze – rapidità di intervento e di finanziamento e rapidità del controllo – è possibile perché «è cresciuta l’attenzione alle infiltrazioni delle mafie nei vari settori economici». L’anno scorso – sottolinea – sono stati costituiti vari tavoli di studio e di controllo e si registra «una maggiore vigilanza da parte delle istituzioni per compensare la velocità delle decisioni». Si è alzata l’attenzione ai fenomeni di infiltrazione mafiosa nell’economia coinvolgendo gli operatori economici, utilizzando con attenzione le intercettazioni, rilevando i cambiamenti nell’ambito delle composizioni societarie e affidando alle prefetture un ruolo di controllo da effettuare anche con la consultazione delle banche dati del ministero, un monitoraggio in cui intervengono Guardia di Finanza, Dogane e Banca d’Italia alla quale arrivano le segnalazioni di operazioni sospette, segnalazioni che quest’anno sono aumentate del 10% arrivando alla cifra di ben 110.000. Inoltre anche l’antimafia segnala casi sospetti alle Procure. A questo si aggiungano gli «approfondimenti fatti dalle dogane sulle importazioni e sulle società che hanno operato, anche straniere. Ci sono collegamenti con le dogane turche, russe, georgiane… rapporti di cooperazione sul terreno amministrativo che hanno ricadute giudiziarie». Questo per dire che nonostante le difficoltà e sebbene il Codice degli appalti abbia subito «un rallentamento», e c’è chi ne chiede l’abolizione, «rapidità e accertamenti si possono coniugare e ci sono grandissimi risultati».

Infine Federico Cafiero De Raho sottolinea come nella lotta alle mafie sia importante anche la possibilità di utilizzare i beni confiscati alle mafie non soltanto per scopi sociali, ma anche – come ora è possibile fare a differenza del recente passato – per necessità abitative e affidando le aziende ai dipendenti che, riuniti in cooperative, si dicano disponibili a gestirle. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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