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Condanna definitiva per primario che mise protesi anche alla gamba sana

Di Redazione |

E’ stata confermata dalla Cassazione la condanna a un anno di reclusione – pena sospesa – per un chirurgo colpevole di aver falsificato la cartella clinica di una paziente dopo averla operata per frattura al femore a entrambe le gambe, quando l’arto rotto era solo il destro. Nonostante si fosse accorto dell’errore, il dottore mise la protesi anche alla gamba sana, e così la vittima di questo caso di mala sanità – avvenuto all’ospedale Villa Sofia di Palermo – uscì dalla sala operatoria il 19 settembre del 2012 con due protesi e due gambe infortunate a seguito dell’intervento condotto dall’allora primario di ortopedia Claudio Castellano. Ad avviso della Cassazione, sentenza 8015 della Quinta sezione penale, merita di essere confermato il verdetto emesso dai giudici di merito di Palermo che «ragionevolmente» hanno ritenuto che «sull’iniziale atteggiamento soggettivo di buona fede, si innestò nel corso dell’intervento eseguito sull’arto sinistro, la consapevolezza circa l’assenza di una frattura, che rende consapevole, e dunque assistita da dolo, la falsa indicazione della diagnosi» sulla scheda clinica compilata il 21 settembre 2012.

Inoltre, scrivono i supremi giudici (relatrice Maria Teresa Belmonte) è da escludere che Castellano, «esperto primario ortopedico, non si fosse reso conto dell’assenza di una frattura al femore sinistro, erroneamente assoggettato a intervento di chirurgia». Anche ammettendo che il dottore «per stanchezza» non si fosse reso conto di stare intervenendo sull’arto sano, rilevano gli ermellini che «egli doveva quantomeno essersi rappresentato (in termini di dolo eventuale) l’errore nel momento in cui il personale di sala operatoria gli fece notare che tutte le attrezzature di sala erano state predisposte per un intervento sul femore di destra».

Per questi motivi, il ricorso della difesa dell’imputato – rappresentato dall’avvocato Emilio Chiarenza del Foro di Palermo – è stato dichiarato inammissibile. Un mese dopo l’intervento, la paziente, Mattea Giovanna Mancuso, una signora settantenne, morì. Era già malata di tumore e per questo si trovava in ospedale dove cadde andando in bagno, fratturandosi il femore destro. Per questa vicenda, l’ospedale Villa Sofia ha indennizzato i familiari della vittima che, comunque, non avevano presentato querela per lesioni. L’inchiesta partì da una denuncia anonima. Ha trovato dunque piena convalida quanto deciso dalla Corte di Appello di Palermo nella sentenza emessa il 30 settembre 2019, in conformità al primo grado. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA