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Sparatoria di Librino, 14 arresti a Catania per la guerra tra clan in strada

Di Redazione |

CATANIA – Carabinieri del comando provinciale di Catania con l’operazione Centuauri, hanno eseguito una misura cautelare in carcere emessa dal Gip nei confronti di 14 persone indagate, a vario titolo, di concorso in duplice omicidio, sei tentati omicidi e porto e detenzione illegale di armi da fuoco in luogo pubblico. A tutti la Dda contesta l’aggravante di avere agito per motivi abbietti ed avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione di tipo mafioso, al fine di agevolare i clan di appartenenza. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto di Catania Ignazio Fonzo e dal sostituto Alessandro Sorrentino, mentre i provvedimenti sono stati firmati dal Gip del Tribunale etneo Marina Rizza.

Al centro dell’inchiesta la sparatoria dell’8 agosto 2020 quando affiliati e esponenti di vertice dei clan mafiosi dei “Cursoti milanesi”, a bordo di due auto, e dei Cappello, su almeno 14 motoveicoli, si scontrati deliberatamente nelle strade del rione di Librino. Il bilancio dello scontro armato fu di due morti (persero la vita Luciano D’Alessandro e Vincenzo Scalia) e di diversi feriti.

«Esito che – sottolinea la Dda della Procura di Catania – poteva essere ben più nefasto se si considera che lo scontro a fuoco si è verificato di sera nel popoloso quartiere Librino, caratterizzato da un’elevata densità abitativa e dove i residenti , anche donne e bambini, soprattutto per la calura estiva, sono soliti trattenersi in strada fino a tardi». 

Già ad agosto dello scorso anno cinque persone furono arrestate per quella sparatoria, in cui ebbero un ruolo preponderante i Cursoti milanesi. che si resero protagonisti nelle ore precedenti lo scontro di una spedizione punitiva che meritava una risposta.

Così quell’8 agosto 2020, dopo un appuntamento alle 18 in via della Concordia, uno sciame di moto e scooter comincia a cercare i “cursoti milanesi”, battendo San Berillo Nuovo, San Leone, la via Palermo, via Acquicella e, infine, il viale Grimaldi a Librino. I “milanesi” vengono avvertiti del “movimento” e, da parte loro, si preparano ad affrontare coloro i quali li stavano cercando senza farsi annunciare.

Poco dopo le 19,30, in viale Grimaldi 18-19, si verifica l’incontro. E qui, fors’anche prima di cominciare a parlare, pistole in pugno, avviene il pandemonio: Luciano D’Alessandro è il primo a cadere, al fianco proprio di Concetto Alessio Bertucci (rimasto sul selciato e poi trasportato in ambulanza in ospedale). A una coscia rimane ferito anche il “cursoto” Martino Sanfilippo, che secondo le testimonianze raccolte, ovviamente tutte da verificare, potrebbe essere il materiale esecutore dell’omicidio del D’Alessandro e il feritore del Bertucci.

Nell’occasione rimaneva ferito anche Luciano Guzzardi, altro personaggio considerato vicino al clan Cappello, nonché Riccardo Pedicone, altro soggetto incline a ritrovarsi nei guai. Ciò mentre non è stato chiarito, almeno al momento, l’identità di chi avrebbe colpito mortalmente lo Scalia.

Gli arrestati nell’operazione antimafia di oggi sono Roberto Campisi, di 51 anni, Massimiliano Cappello, di 54, Sebastiano Cavallaro, di 29, Renzo Cristaudo, di 38, Gaetano Ferrara, di 34, Luciano Guzzardi, di 57, Santo Antonino Lorenzo Guzzardi, di 29, Salvuccio Junior Lombardo, di 27, Giovanni Nicolosi, di 20, Gaetano Nobile, di 36, Rinaldo Puglisi, di 46, Michael Agatino Sanfilippo, di 22, Davide Agatino Scuderi, di 47, Rosario Viglianesi di 22.

 Sono cinque gli affiliati al clan dei “Cursoti milanesi” arrestati, Roberto Campisi, Giovanni Nicolosi, Michael Sanfilippo, Davide Agatino Scuderi e Rosario Vignianesi. Il capo dei “Cursoti milanesi” Carmelo Di Stefano e Martino Sanfilippo, quest’ultimo poi diventato collaboratore di giustizia, vennero arrestati cinque giorni dopo la sparatoria.

Nove sono invece gli arrestati appartenenti al clan rivale dei “Cappello”. Si tratta di Massimiliano Cappello, Sebastiano Cavallaro, Renzo Cristaudo, Gaetano Ferrara, Luciano e Santo Guzzardi, Salvuccio Lombardo Junior, Gaetano Nobile e Rinaldo Puglisi. Gli investigatori dei carabinieri grazie alle dichiarazioni di Martino Sanfilippo hanno ricostruito le frizioni che avevano caratterizzato gli excursus criminali dei due clan contrapposti nella vendita della droga.

Ci sono stati una serie di fatti, almeno tre, alla base della spedizione punitiva che gli affiliati del clan Cappello volevano compiere nella roccaforte di Librino comandata dagli uomini legati ai cursoti milanesi guidata da Carmelo Di Stefano (detto “pasta ca’ sassa”). In primis un litigio per una giovane commessa contesa a colpi di casco avvenuto un giorno prima in via Diaz a Catania tra Carmelo Di Stefano e Gaetano Nobile con quest’ultimo costretto a rifugiarsi dentro un bar. Poi il pestaggio ai danni di un “cursoto milanese”, tale Giorgio Campisi da parte dei Cappello. E infine una serie di colpi sparati contro un centro scommesse del Passerello, nota zona criminale di Catania. Questi fatti hanno sono sfociati nella sparatoria in strada dell’8 agosto a Librino. Utilizzate secondo i carabinieri armi corte tra semiautomatiche calibro 9 e revolver calibro 38, oltre a kalashnikov.

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