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«Non istigò contro Carola Rakete», archiviazione per Salvini

Di Redazione |

Il gip di Milano Sara Cipolla, accogliendo la richiesta del pm Giancarla Serafini, ha disposto l’archiviazione dell’accusa di istigazione a delinquere contestata a Matteo Salvini, scaturita dalla denuncia di Carola Rackete, l’ex comandante della Sea Watch 3, presentata nell’estate del 2019 e relativa ad alcune esternazioni del leader della Lega, difeso dal legale Claudia Eccher, sui suoi profili social e con le quali attaccava l’attivista tedesca. Salvini per quelle frasi, invece, è già a processo con l’accusa di diffamazione nei confronti di Rackete, assistita dall’avvocato Alessandro Gamberini.

Nell’udienza di 4 giorni fa, a seguito dell’opposizione all’archiviazione da parte del legale di Rackete, il pm aveva ribadito che non era ravvisabile il reato di istigazione a delinquere contestato a Salvini. Mentre l’avvocato Gamberini in aula aveva sostenuto di nuovo che quelle parole sono state pronunciate «non solo come leader della Lega – ha spiegato – ma soprattutto come ministro dell’Interno, con un ruolo istituzionale ben preciso. Per questo le condotte sono ancora più gravi».

Il difensore Claudia Eccher aveva, invece, depositato una memoria in cui, riguardo alla diretta Facebook del 3 luglio 2019 e al comizio della Lega a Barzago di 15 giorni dopo, aveva sostenuto, riportandosi alle argomentazioni del pm, che le «frasi del senatore non avevano alcun effetto istigatore, ma erano una critica politica».

Nella querela Rackete – arrestata per poche ore per aver violato gli ordini delle autorità italiane e aver portato, la sera del 29 giugno di due anni fa, la Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa per fare sbarcare 40 migranti – lamentava di essere stata definita, tra l’altro, «sbruffoncella», «fuorilegge» e «delinquente», sottolineando che si sarebbe trattato di un «puro strumento propagandistico e istigatorio di un “discorso dell’odio”, che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale».

Per il pubblico ministero, però, in quelle affermazioni non si ravvisavano profili di istigazione a delinquere ma solo di diffamazione, accusa per la quale l’ex inquilino del Viminale è stato già mandato a giudizio con citazione diretta. Non è ancora stata fissata la data del processo. 

Nel provvedimento del gip si segnala che la stessa Procura ritiene quelle frasi di Salvini contro Rackete (tra cui pure espressioni come «criminale», «pirata», «zecca tedesca», «viziata comunista») «manifestazioni gravemente diffamanti e aggressive». Tuttavia, i post “gravemente offensivi e minacciosi» da parte degli utenti, che sono seguiti a quelle frasi, «non possono essere ritenuti in alcun modo», anche per la Procura, «diretta conseguenza» di quelle affermazioni del leader del Carroccio.

Il giudice, richiamandosi alla giurisprudenza, fa notare che per poter contestare l’istigazione a delinquere «il propalatore deve avere la coscienza e la volontà di istigare la commissione di reati» e «impiegare le parole per istigare, sollecitare le persone alla loro commissione». E ci deve essere la «volontà di turbare l’ordine pubblico». Per questo, spiega il gip, Rackete non era nemmeno «legittimata ad agire» con la denuncia per quel reato a carico di Salvini. Il reato tutela, infatti, «il bene giuridico dell’Ordine Pubblico» e legittimato, quindi, sarebbe «lo Stato».

Nel merito, comunque, le parole di Salvini, scrive il gip, non generano «il pericolo concreto ed attuale della commissione di ulteriori reati». E non incide nemmeno, ma è solo una «suggestione», il tema della «pericolosità dello svilupparsi di un “discorso dell’odio” (hate speech)» introdotto dalla difesa di Rackete.

Nessuna delle frasi del senatore, prosegue il gip, «contiene oggettivamente, e dunque concretamente, un invito concreto ed attuale alla commissione di delitti, mancando nelle parole impiegate l’induzione rivolta ad altri ad agire».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA