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Battiato: il rapporto “odi et amo” con Catania e la delusione per la mancata laurea

Di Mario Barresi |

C’è una macchia. Che giammai potrà essere cancellata dalle pompose orazioni funebri – molte retoriche, talune persino ipocrite – precipitevolissimevolmente pronunciate in queste ore.

Franco Battiato, all’apice di un rapporto di odi et amo catulliano, fu “bocciato” dalla sua Catania. Che gli negò, nel 2005, la laurea honoris causa in Lettere. E lui si vendicò con quel cartello di “vendesi” sul portone della sua casa con vista su via Etnea, recidendo l’ultimo legame fisico con una buttanissima città che forse non era più sua.

I ritagli del giornale ci portano a quella vicenda. Una “pierinata”, ma di dirompente valore politico, quando il 24 maggio 2005 il Senato accademico non attribuì la laurea a Battiato proposta dall’allora preside di Lettere, Nicolò Mineo. Bastò, per regolamento, il voto contrario di uno studente – Giacomo Bellavia, all’epoca rampollo di Alleanza universitaria – per far saltare tutto. «Ho votato no perché lui ha detto che se Scapagnini fosse diventato sindaco battendo Bianco (come avvenne proprio quell’anno, ndr) avrebbe lasciato la città», le motivazioni con cui Bellavia gelò l’austera sala del Rettorato, sostenendo che «non possiamo premiare un uomo che fugge dai doveri civici». Mentre il mondo accademico, imbarazzato (anche se qualcuno, in quella seduta, smozzicò che erano «perplessità legittime»), provava a nascondere l’esito della seduta, Bellavia venne a raccontarci la sua performance.

In un’era in cui le nostre esistenze non erano live sui social, il giovane senatore accademico subì la “punizione” di essere rinchiuso per un paio d’ore nello sgabuzzino dei collaboratori per scongiurare fughe di notizie. Lo liberammo, dopo solenne giuramento che non avrebbe fatto comunicato stampa, solo in serata. Nota a margine: non fu una boutade personale; ebbe l’esplicito sostegno di tutti i vertici di An. Oggi Bellavia (che nel frattempo ha fatto carriera nella destra etnea: affermato avvocato, è presidente dell’Amt in quota FdI, dopo le esperienze da consigliere comunale) non vuole dirci se s’è pentito o lo rifarebbe: «Qualsiasi cosa direi, davanti alla morte, sarebbe di cattivo gusto».

L’Università ci riprovò tre anni dopo. Sempre su input di Lettere (preside Enrico Iachello), con un “pacchetto” di lauree honoris causa: oltre Battiato, anche Andrea Camilleri, Francesco Merlo e Philip Glass. Il Senato accademico, stavolta, approvò all’unanimità. Ma l’iter, in una fase di acceso dibattito nazionale sul conferimento di questi titoli, rimbalzò a Roma. «Il ministero bloccò tutto in attesa di un cambio di regolamento chiesto a ogni ateneo», ricorda Iachello. Che però ammette: «Da quel momento sulla laurea a Battiato fu tabula rasa».

Ritornando al più clamoroso sfregio del 2005, subentra la memoria del (ora non più giovane) cronista. Un appostamento, all’indomani della mancata laurea sotto la casa catanese di Battiato. «Se la vende, lo ospito da me», ci aveva detto l’allora vicesindaco Raffaele Lombardo, mentre Umberto Scapagnini provava a spegnere le polemiche: «Resta un talento che onora Catania».

Ed eccoci lì, in via Monte Sant’Agata, pittoresco budello fra via Etnea e via Sant’Euplio. Dalle nove del mattino. Fino alle sette della sera, quando il Maestro si materializzò col suo assistente. Gli strappammo questa frase: «Nulla può intaccare il mio rapporto con Catania e con i catanesi, però ho il diritto di esprimere la mia opinione e di non cambiarla. Avevo detto che avrei lasciato la città e lo farò: ho già messo in vendita la mia casa…».

Poi Battiato chiese al disturbatore sotto casa: «Ma scusi, lei è quello che ha scritto il pezzo sulla mia laurea?». All’imbarazzata risposta affermativa, l’autore di pura poesia come Ti salverò da ogni malinconia/ Perché sei un essere speciale/ Ed io avrò cura di te non poté trattenere un moto di sdegno: «Ah, sì? Lei è un essere… spregevole».

Twitter: @MarioBarresi

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