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Scorie nucleari la Regione “strappa” la mappa di Roma: «Qui no»

Di Mario Barresi |

Catania. Adesso non è più un «non nel mio giardino!» urlato di pancia. Ma una relazione di 153 pagine, con il lavoro di esperti di diversi profili, con cui la Regione dice no alle scorie nucleari in Sicilia. Sfidando il governo nazionale, che aveva localizzato quattro siti di stoccaggio, fra i 67 previsti in tutta Italia, a Trapani, a Calatafimi-Segesta, fra Petralia Sottana e Castellana Sicula e a Butera.

Il gruppo di lavoro, presieduto dall’assessore regionale al Territorio, Toto Cordaro, e composto da docenti universitari e sindaci, è arrivato a risultati che «consentono di contestare in maniera recisa la valutazione di Sogin (la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ndr) al fine della esclusione dei 4 siti siciliani dalla Cnapi», ovvero la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee.

Per siti “Cl 18” (Butera), “Pa 15” (Castellana Sicula), “Tp 9” (Calatafimi-Segesta) e “Tp 11” (Trapani) sono stati riscontrati numerosi fra i 15 «criteri di esclusione» previsti dalla guida tecnica nazionale. E in particolare: la «sismicità elevata» (certificata dall’Ingv di Catania), il «rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali» (con livello 3 su una scala con un massimo di 4), la «presenza di depositi alluvionali di età olocenica», ma anche «versanti con pendenza media maggiore del 10%» e «livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito». E non solo. Fra i criteri ostativi, oltre alle «condizioni meteo-climatiche» e ai «parametri idrogeologici», anche il fatto che i siti «non siano ad adeguata distanza dai centri abitati» e la presenza di «produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico» e infine la «disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto», poiché il «sistema infrastrutturale siciliano costituisce un fattore estremamente penalizzante rispetto alla localizzazione» di un centro di stoccaggio, con difficoltà (e rischi) nel trasporto delle scorie. Nel caso di Trapani c’è anche la «presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche» come l’acquedotto Montescuro Ovest.

A monte, secondo le conclusioni del gruppo di lavoro della Regione, ci sarebbero anche degli inghippi procedurali. Il primo è la «mancata sottoposizione della Cnapi a Vas», ovvero la Valutazione ambientale strategica. Per gli esperti un passaggio che doveva essere «effettuato prima dell’approvazione del piano» del governo, «o comunque durante la sua predisposizione, in modo da considerare ex ante i possibili impatti ed in base a questi orientare le scelte di pianificazione». La Regione contesta anche una «irrazionalità nell’Ordine di idoneità» della mappa dei centri di stoccaggio, fondata su una eccessiva «discrezionalità» di Sogin soprattutto sul “peso” dei singoli parametri di scelta.

Ma la partita è appena cominciata. «Con argomenti inoppugnabili dimostriamo come la Sicilia non possa e non debba essere inserita in alcun elenco di possibili siti. Ci candidiamo solo a ospitare turisti», afferma il governatore Nello Musumeci, rivendicando di «aver rispettato anche quest’impegno entro i tempi richiesti da Roma». E l’assessore Cordaro rilancia: «Chiusa la fase tecnico-scientifica e inviate le relazioni a Palazzo Chigi inizia la seconda fase, quella della scelta politica: non permetteremo mai che la Sicilia diventi sede di discariche nucleari. Il governo Musumeci farà le barricate e adesso abbiamo motivi più che solidi che ci rendono fiduciosi per il raggiungimento dell’obiettivo».

Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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