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Gli usurai di Palermo e gli affari raddoppiati grazie alla pandemia

Di Redazione |

PALERMO – «I rischi di usura sono sensibilmente aumentati a seguito della crisi economica connessa all’emergenza sanitaria per la pandemia ancora in atto e per questo l’impegno investigativo è costante per contrastare ogni tentativo della criminalità di strumentalizzare le difficoltà di famiglie e imprese per ottenere ulteriori profitti».

A parlare è Gianluca Angelini, comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza che ha  commentato l’operazione Tonsor che ha portato in carcere quattro indagati accusati di usura ed estorsione.

«L’usura – ha spiegato – rappresenta una forma di investimento sicuro per la criminalità, in grado di generare in poco tempo guadagni elevatissimi che spesso vengono utilizzati anche per finanziare attività commerciali, inquinando il tessuto economico sano con capitali illeciti che alterano le regole del mercato e della sana concorrenza, a danno degli operatori economici onesti, la cui tutela rappresenta una priorità dell’azione della Guardia di Finanza».

«L’usura continua ad essere purtroppo un reato che difficilmente si denuncia – ha concluso – ma l’omertà e la distorta percezione del rapporto tra vittima e usuraio rappresentano i migliori alleati dei criminali: affidarsi con fiducia alle Istituzioni rappresenta invece l’unica strada per sottrarsi al giogo degli usurai che contrariamente a come possano presentarsi, in breve tempo, si manifestano sempre come aguzzini senza scrupoli. Evidenze investigative lasciano intendere come le vittime possano essere molte di più di quelle già individuate. L’invito è quindi a chiunque si fosse trovato coinvolto in tali pratiche illecite di contattarci al fine di trovare insieme ogni possibile soluzione di supporto, anche grazie l’accesso ai fondi dedicati alle vittime di questo reato». 

Erano soprattutto imprenditori del settore del commercio di mobili e dell’antiquariato in difficoltà le vittime della banda di usurai sgominata dalla Guardia di finanza di Palermo. Tra gli indagati, che devono rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio, c’era anche Giovanni Cannatella, 49 anni, antiquario di Palermo. «Era uno dei soggetti che collaborava nella ricerca delle persone in difficoltà», ha detto gli investigatori delle Fiamme gialle.

La banda operava tra Palermo e Roma, dove il punto di riferimento era costituito da Achille Cuccia, 61 anni, raggiunto dal divieto di dimora nel territorio del Comune di Palermo. A capo del gruppo, invece, c’era Salvatore Chillari, i suoi complici lo chiamavano “succhiasangue” e dalla sua poteva contare su “parentele eccellenti”. «Tre dei suoi fratelli sono stati condannati per mafia, uno all’ergastolo. Il collegamento con Cosa nostra emerso dalle indagini è solo familiare», dicono ancora gli inquirenti. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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