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Quei siciliani volontari in giro per il mondo

Quei siciliani volontari in giro per il mondo ”Noi in prima linea per aiutare gli altri”

Andrea in Cambogia combatte gli orchi / Fabio: vi racconto gio

Di Mario Barresi |

E adesso dove andrà? «Ancora non lo sa nemmeno mia mamma: in Vietnam ». Ecco, adesso lo sa. Quando lo contattiamo via WhatsApp, si prepara a incontrare «l’amico di un ragazzo italiano che mi ospitò in Svizzera prima che andassi in Canada». Lui, alle 22 ora locale, per la cronaca, si trova in Cambogia, dove ha appena festeggiato il suo venticinquesimo compleanno. Non c’erano da soffiare candeline, ma «ho soffiato tante manine in un centro di ragazzi di strada». Parlare con Andrea Caschetto («un po’ ragusano, un po’ modicano») è come fare il giro del mondo in un batter d’ali. No, si offende se lo definiamo volontario. «Odio questa parola, perché siamo noi che facciamo del bene a noi stessi».

Molto meglio «camaleonte di culture». Per capire chi è Andrea, master in Cooperazione internazionale alla Cattolica, basta snocciolare qualche numero. Cinque Paesi girati, 1.734 bambini incontrati, 400 euro di donazioni ricevute, 350 spesi, 6 nuovi cari amici, 4 orfanotrofi «sospetti», 3 segreti rivelati, 2 moto guidate, 1 solo giorno di riposo. E questa è soltanto la contabilità degli ultimi due mesi. Perché se si considera invece il periodo dal 2006 a oggi, il giramondo del sorriso i continenti li ha già girati tutti. Ma cosa fa davvero il giovane ragusano? Il cooperante fai–da–te, nel senso che si appoggia alle onlus: attraverso le organizzazioni riesce a intercettare gli orfanotrofi in giro per il mondo. E si materializza, con la sua faccia da clown gentile, in ognuno di essi per due ragioni.

La prima è quella di regalare un sorriso ai più piccoli. «Gioco con loro per addolcire la loro vita già stremata da sofferenze enormi». Tutto a spese sue, tutto alla luce del sole e reso pubblico passo per passo nella sua pagina Facebook. Vorrebbe non essere da solo, in questa crociata: «Tutti coloro che si sentono giù e hanno voglia di vivere la vita con la mentalità di un bambino hanno due possibilità: o mi raggiungono o abbassano la testa, ma non sottomettersi a qualcuno bensì per vedere come dal basso ci sono anche da noi tanti bambini che alzano la manina perché vogliono una cosa. Il nostro affetto».

Negli orfanotrofi Andrea fa tanto: attività ludiche, musica, sport, disegno. «Ma con i più grandi parlo di vita». In italiano, inglese, spagnolo e, grazie all’applicazione Babbel, anche in portoghese, lingua che sta imparando giorno dopo giorno. Un ricordo che gli strappa una lacrima, seppur con gli emoticon, è quello del bambino («sembrava Mario Balotelli da piccolo») che si era affezionato molto a lui e che al momento dell’addio scoppiò a piangere. «Mi ha fatto venire voglia di diventare padre. Si crea complicità, un affetto vero. Se fosse per me li adotterei tutti».

Il diario di viaggio di Caschetto è anche una carrellata di posti dove c’è guerra, fame e degrado. Dallo Sri Lanka all’India, fino alla Thailandia, passando per i Paesi arabi e il Sudamerica. E qui arriva la seconda parte della missione di questo Patch Adams con la valigia: denunciare le violenze, i soprusi e le strutture per bambini che non funzionano. Ha visto scambiare armi e droga in Costa Rica sotto lo sguardo, complice e piuttosto distratto della polizia; in Nicaragua gli uomini in divisa hanno provato a estorcergli denaro e alla fine se l’è cavata con il passaporto strappato. Ma l’episodio più pesante non riguarda lui, quanto un bambino autistico.

«In un orfanotrofio la maestra lo fece sedere in una ciotola per cani per fare i bisognini». E qui arriviamo alla parte più oscura di ciò che Andrea, purtroppo spesso, vede e denuncia: la pedofilia, «un omicidio letale, il più brutto in assoluto». Sogna di fare il «cacciatore di pedofili», ma per adesso si accontenta di «spiegare cos’è questa cosa orrenda a persone in posti dove non sanno nemmeno cosa sia e che esista». Con una consapevolezza molto amara, seppur orgogliosa: «Sono il primo nella storia a fare questo tipo di viaggio, ma agli italiani non interessa. Se fossi un tronista di Uomini e Donne sarei stato molto più seguito».

E mentre fa il bancomat itinerante della serenità, il giovane ibleo lavora a due progetti. Uno è già è pronto: il libro “Arcobaleno. Scivolando per il mondo”, del quale vorrebbe destinare i proventi alle onlus italiane e straniere che lo sostengono. «Non è ancora stato pubblicato, forse non lo sarà mai. Magari lo leggerò ai miei figli. Ora sto scrivendo il mio diario di viaggio con le storie dei bambini. Sarà un libro vero, con tutte le debolezze e la forza che i più piccoli mi regalano ogni giorno».

L’altro progetto è una provocazione “all around the world”: girare l’intero globo con una sedia a rotelle. «Ho vissuto per un mese, a causa di un incidente, sulla sedia a rotelle. Mi ricordo che la cosa più fastidiosa è lo sguardo delle persone. Come ti guardano, con pietismo». Il viaggio è una costante della sua vita. Nel dicembre 2014 era in Thailandia. Conobbe una ragazza, la quale – dopo che Andrea rifiutò «una certa cosa» gli disse: «Non sei un vero italiano. I veri italiani vengono qui per fare buki–buki…».

Il tutto sotto l’occhio innervosito dei suoi protettori. Che, pensando che volesse “redimere” la giovane prostituta, lo minacciarono: «Se domani non lasci l’isola ti uccidiamo ». Ma lui non scappò. C’erano altri bambini da far sorridere, altri orfanotrofi da colorare, altri orchi da denunciare. E infine l’ultima tappa: la Cambogia. Breve ma intensa. Arriva a Pnhom Penh con una corriera il cui biglietto costa 22 dollari, ma Andrea strappa un posto sugli scalini d’emergenza e ne spende 5, di dollari. Ma non sempre la fortuna aiuta gli audaci: «Appena arrivato sono andato in due diversi centri per chiedere di fare attività con i bambini di strada. In entrambi mi hanno detto di no.

Ma nostalgia della Sicilia? «Adoro il mare di Sampieri, ma non nei lidi balneari blasonati. Mi piace stare nel piccolo molo della frazione, mi ricordo il tempo che passavo con i vecchietti del luogo. Sulla panchina le carte siciliane e un sorso di vino nel bicchiere di plastica». Eppure il ricordo dell’ultimo bagno a mare è lontano: «L’ho fatto tre anni fa, nell’Oceano indiano. Ma sogno il litorale ragusano, non vedo l’ora di fare un tuffo lì». Un modo per tenersi comunque ancorato alle tradizioni, seppure in qualsiasi anfratto del mondo, è guardare il calendario. «Domani (oggi per chi legge, ndr) da voi è il 25 Aprile, la festa della Liberazione, che per me ha un significato». E sapete cosa farà per onorare questa data anche in Cambogia? «Metterò assieme tutti schierati i bimbi dell’orfanotrofio: canteranno l’inno di Mameli. Vi mando il video…».

E poi via in Vietnam. Tanto anche sua mamma, ormai, lo sa.

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