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Mafia, il falso pentito Scarantino: «I pm mi istruivano a dire bugie»

Mafia, il falso pentito Scarantino: «I pm mi istruivano a dire bugie»

Dichiarazioni sconcertanti quelle pronunciate nell’aula bunker del carcere di Caltanissetta dal collaborante “farlocco” che tira in ballo anche il pm Annamaria Palma

Di Redazione |

CALTANISSETTA – Sostiene che a imbeccarlo furono investigatori e magistrati, lascia intendere che dietro i depistaggi dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio ci sarebbero i servizi segreti, sottolinea che un piccolo malavitoso di borgata come lui non avrebbe mai potuto essere un uomo d’onore. Sono dichiarazioni sconcertanti quelle pronunciate nell’aula bunker del carcere di Caltanissetta da Vincenzo Scarantino, il falso pentito che ha fatto condannare otto innocenti, il teste chiave di un’inchiesta taroccata, il grande accusatore che oggi si ritrova sul banco degli imputati, insieme a Francesco Andriotta e Calogero Pulci, per rispondere di calunnia. I boss Salvino Madonia e Vittorio Tutino sono invece accusati di strage.   Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta, dove si celebra il processo Borsellino quater scaturito dalle rivelazioni di un ex mafioso Doc come Gaspare Spatuzza, è proseguita oggi la deposizione del pentito farlocco, protagonista di un castello di bugie costruite a tavolino. Scarantino ha ribadito le sue accuse nei confronti del Gruppo Falcone-Borsellino guidato dal questore Arnaldo La Barbera, oggi deceduto: «Siccome io non ero un uomo d’onore e loro lo sapevano, mi facevano studiare il libro di Buscetta che raccontava le regole dell’affiliazione. Mafioso mi ci hanno fatto diventare La Barbera e Bo (il funzionario di polizia Mario Bo ndr) ».   Il “picciotto” della Guadagna spiega che gli investigatori lo avrebbero istruito in carcere sulle dichiarazioni da fare: «Mi veniva detto “tu dì questo e stai tranquillo”. Nessuno cercava conferma alle mie parole”. Scarantino racconta che in diverse occasioni, alla fine degli interrogatori, gli ispettori di polizia Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei insieme a Mario Bo – tutti e tre indagati per il depistaggio – sarebbero andati a casa sua per fare il punto sulle contraddizioni che emergevano nelle sue dichiarazioni. Gli investigatori gli avrebbero anche suggerito che, se avesse avuto dubbi sulle cose da dire ai pm, sarebbe bastato chiedere di andare in bagno in modo da ricevere i necessari “chiarimenti”.   Ma oltre ai nomi dei funzionari di polizia questa volta Scarantino chiama in causa, per la prima volta, l’ex Pm di Caltanissetta Annamaria Palma, oggi alla Procura generale di Catania. «Mi diedero verbali dei precedenti interrogatori con degli appunti manoscritti. Me li consegnò un poliziotto al quale li aveva dati il pm Anna Palma».   Non basta: il falso pentito, che oggi giura di dire tutta la verità, lascia intravedere anche l’ombra dei servizi segreti sullo sfondo di questo colossale opera di depistaggio. Scarantino sostiene di avere ricevuto, mentre era detenuto a Pianosa, la visita di Arnaldo La Barbera accompagnato da un’ altra persona: «Era un uomo importante non ricordo come si chiamasse, ma mi fu presentato come un collega di La Barbera». L’imputato non lo dice esplicitamente, ma lascia capire che si trattava di un personaggio potente legato ai “servizi”.

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