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Cronaca

«Bambini, papà arriva in Cina». La battaglia di un catanese per i figli

Di Rossella Jannello |

CATANIA – Non sa bene che cosa l’aspetta, ma intanto è partito per la Cina per rivedere i suoi figli che non abbraccia dal 2012. Un movimento di cuore, prima che di testa questo di Dario Aiello, catanese, oggi 37enne, istruttore di karate e autista “turistico”, che in questi cinque anni ha smosso mari e monti per non perdere il filo che lo lega a M., il primogenito, che adesso ha 12 anni e il secondogenito A., 9 anni, nati in Italia dalla relazione con Liu Yan, una donna cinese oggi 44enne.

Una bella storia d’amore, quella fra Dario e Liu che abbiamo raccontato su queste pagine due anni fa. Una storia nata a Roma dove i due giovani occupavano due stanze di un appartamento per studenti-lavoratori. «Lavoravo come autista di bus turistico, quasi sempre per comitive cinesi, e lei faceva da guida: la nostra storia è cominciata così».

Nel 2005 si annuncia il primo figlio «che ho voluto far nascere a Catania – ricorda Dario – perchè volevo che fosse “marca Liotro”». Poi il ritorno a Roma, e due anni dopo la nuova gravidanza e la nascita, sempre a Catania, del secondogenito, un altro maschietto. «Lei non avrebbe voluto un altro figlio, non c’era nessuno che potesse tenerlo e poi erano cominciati anche i problemi sul lavoro con la Sars che teneva lontani gli asiatici dai nostri circuiti. Per questo, di comune accordo, nel 2008 tutti e quattro ci siamo trasferiti in Cina».

Anche perchè a Shanghai la famiglia di Liu godeva di una notevole posizione nel campo commerciale. Ed è alla guida del centro commerciale di famiglia che si pone la donna, immergendosi sempre più negli affari. «E io? Occupavo il ruolo di padre ma anche quello di madre per i miei figli accudendoli giorno e notte: lei non c’era mai».

Poi Dario prova anche a lavorare. «Mi occupavo della sicurezza del centro commerciale, ma non ricevevo mai uno stipendio, dovendo dipendere in tutto e per tutto dalla mia compagna. Ma lei mi diceva che in Cina non usava pagare i familiari che lavorano all’azienda di famiglia….. Fu lì che avendo capito che il rapporto di convivenza con lei era divenuto insostenibile, Dario si trasferisce a Wenzhou, dove trova impiego in un ristorante italiano, rientrando appena possibile a Shangai. La scelta di Dario, però, non è gradita alla ex compagna, che comincia a farlo controllare e a essere sospettosa. A nulla valgono chiarimenti fra di loro e progetti futuri sui figli. «E quando nel Dicembre 2011 è scaduto il mio ennesimo permesso di soggiorno turistico – ricorda – lei non ha mosso un dito per aiutarmi; anzi mi ha spinto a tornare in Italia: qui – mi ha detto – stai perdendo la testa. Le ho chiesto di poter portare i bambini con me, ma si è opposta: hanno la scuola per ora, poi si vedrà».

Di fatto, lamenta Dario, da allora il papà italiano è stato ufficialmente estromesso dalla famiglia. In questi anni pochi contatti telefonici e sempre bruschi e minacciosi. «E la minaccia era sempre quella di non farmi più vedere i miei figli».

E’ questo «buco nero» nel quale Dario Aiello precipita che gli dà la forza di reagire. Per sé e per i bambini «italiani come me, che ho cresciuti con amore sconfinato».

L’uomo vince pudore e paura («non ho fatto nulla per meritare questa situazione») e viene in redazione a raccontare tutto e a fare la sua richiesta: «Ciò che vorrei è solo di poterli sentire liberamente, poterli vedere liberamente, sapere come stanno, cosa fanno e dove si trovano esattamente. Ciò che qualsiasi padre, lontano dai propri figli, vorrebbe».

 

Racconta di avere tempestato di telefonate i familiari dell’ex compagna, ma inutilmente. Di avere provato a tornare in Cina, ma di non avere la sufficiente disponibilità economica. Di essersi anche rivolto ad un legale che si occupa di cause internazionali che gli prospetta un onorario da 50mila euro ma che soprattutto lo scoraggia sull’esito dell’eventuale causa.

Risposte vaghe ottiene dall’ambasciata italiana in Cina perchè – gli ricorda il funzionario – il Paese asiatico non aderisce al Trattato dell’Aia; e analoga risposta dà l’ambasciata cinese a Roma. Dario Aiello non si arrende però, sostenuto anche dalla sua nuova compagna che capisce il suo dramma. Denuncia quello che succede in polizia presentando anche lo stato di famiglia, «in cui fino a poco tempo i miei figli risultavano ancora in Italia e sotto la mia tutela». Da ultimo sottoscrive un drammatico appello al presidente della Repubblica Mattarella. Il titolo è semplicemente: «Ridatemi i miei figli». «Caro presidente – vi è scritto – mi rivolgo anche a lei per ottenere aiuto e assistenza in qualità di cittadino italiano, in particolare per la sorte dei miei due figli, cittadini italiani come me…».

Un refrain, quel «Ridatemi i miei figli» che Dario ha postato anche su www.change.org, la piattaforma internazionale di petizioni. Il suo drammatico appello. rilanciato anche attraverso il nostro giornale, viene sottoscritto da 8.146 sostenitori. E, finalmente, un anno fa, qualche cosa si muove. «Riesco a vedere i miei figli – annuncia Dario in Rete ai tantissimi che hanno condiviso il suo appello – tramite un applicazione che permette di video chiamare. Finalmente un raggio di sole dopo cinque duri anni di tempesta. Non sarà una vittoria ma come se lo fosse, il mio intento principalmente era quello di vederli e poterli sentire liberamente e così è stato. Da questo momento tutto sarà diverso ed io potrò continuare a seguire i miei figli, e chissà, forse un giorno potrò anche riabbracciarli…».

Momenti intensi, quelli delle videochiamate: «Attraverso i vostri occhi – scrive su Facebook nel febbraio scorso – ho sentito che vi manco e che mi amate più di ogni altra cosa, a volte gli occhi parlano più della bocca e mi rendo conto che non c’è distanza o ostacolo al mondo capace di fermare l’amore tra genitore e figlio. Uno scambio di sorrisi e sguardi profondi, così è stata la video chiamata di ieri sera, io guardavo voi cercando qualcosa di me e voi guardavate me cercando qualcosa di voi… siamo troppo uguali. Il tempo passa ma l’amore resta ed è sempre più forte, siete degli ometti oggi, vi amo con tutto me stesso sappiate che ci sarò sempre per voi».

Ora, il grande passo. «Ho deciso di partire – confida – perchè la mamma dei miei figli mi ha concesso di vederli e mi ha persino offerto il biglietto. Non so di preciso cosa mi aspetti lì – scrive in una sorta di ultimi messaggio – non so se è una strategia sua per trattenermi, magari mi sbaglio, anche se per anni sono stato minacciato in tutti i modi da questa donna, ma ho bisogno di vedere i miei bambini, mi mancano, non riesco più a vivere senza loro e non riesco ad essere felice. Partirò da solo, perché il biglietto è troppo caro già per uno informerò il Consolato italiano in Cina, attiverò il gps del cellulare ed informerò i parenti più stretti della mia partenza, meglio prendere precauzioni. Credo ci siano finalmente – auspica – i presupposti per un lieto fine, no? Ai miei figli dico soltanto: l’attesa è finita, papà sta arrivando».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA