I magistrati onorari: «Questo Covid uccide pure noi, ma restiamo senza diritti e tutele»
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Catania. La morte di un giudice onorario 58enne in servizio al tribunale di Lucca, ammalatosi di coronavirus e deceduto dopo un lungo periodo di degenza un paio di giorni fa, ha riacceso, qualora mai si fosse sopita, quella che da tempo vede ormai sul piede di “guerra” la posizione dei magistrati onorari italiani che chiedono di essere “riconosciuti” dalle istituzioni in termini di tutele, diritti e di garanzie. Una vecchia battaglia, per così dire, inaspritasi negli ultimi mesi e che vede le varie associazioni di categoria rimarcare e ribadire quella che ormai è diventata una situazione definita «insostenibile».
L’occasione, nella sua tragicità, offre lo spunto per un’ulteriore sollevata di scudi della categoria che attraverso il giudice fiorentino Anna Fabbricatore, in servizio nel comparto penale del tribunale di Pisa e componente solleva ancora una volta la questione: «La tragedia che ha colpito Carlo (il giudice deceduto ndr) riaccende in tutta la sua drammaticità il tema delle tutele, dei nostri diritti violati, dei rischi corsi e di quelli che sono i nostri obblighi, ma senza che ci venga riconosciuta garanzia nel caso di un qualunque problema. L’ultima udienza di Carlo in aula (si occupava di esecuzioni Immobiliari) è stata il 25 febbraio scorso. Poi, dopo qualche giorno, l’infezione e la susseguente malattia che gli ha impedito di continuare a lavorare e soprattutto che dopo un lungo periodo di ricovero in ospedale e di sofferenze lo ha portato alla morte. Per il nostro collega non ci sono tutele, nessun diritto, non ci sarà alcun riconoscimento per quello che è stato l’impegno professionale».
Eppure siete una forza determinante per garantire il funzionamento della complessa e tutt’altro che agile macchina della giustizia.
«Sì certo, ma dobbiamo farlo e basta, se vogliamo, pagati a prestazione (udienza) e solo se svolta, qualunque sia il nostro stato per esempio di salute. Alla ripresa, il prossimo 11 maggio, dovremo ricominciare... ma in che modo, con quali garanzie per noi, chi ci proteggerà nel caso di infezioni e ci garantirà assistenza e tutela anche economica, oltre che sanitaria? I rischi? Un problema nostro, un eventuale effetto collaterale...». Abbiamo ricevuto tante promesse, rassicurazioni, ma l’ultima, piccola concessione è stata quella del ministro Orlando. I piani progettuali però ci comprendono e le nostre sentenze sono assimilabili a quelle di un magistrato di carriera e sono esecutive».
Siete i cosiddetti parenti poveri...
«Beh, si, in qualche modo è così. Non chiediamo i diritti dei magistrati di carriera, l’accesso tra noi e loro è differente, ma i nostri ambiti sono sempre più ampi e servono allo Stato e alla giustizia. Eppure basta entrare nel sistema del Ministero per verificare che quando si parla di noi, si usi il termine “ospite...”».
Avete pensato ad alzare il livello della protesta? Per esempio astenendovi dalle attività.
«Forse dovremmo, ma facciamo questo lavoro con profondo senso del dovere, almeno tanto quanto i magistrati di carriera. Riconoscerci un po’ di tutele, un salario minimo garantito e un briciolo di rispetto per quel che facciamo... non credo sia abnorme».