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Ragusa, il mancato benefattore dell’Asp

Ragusa, il mancato benefattore dell’Asp ”E ora cosa dirò al board in America?”

IL CASO / Aricò si difende / Digiacomo ricuce lo strappo

Di Michele Nania |

Signor Giuffrè, quanti le hanno telefonato stamattina? «Uuhh. Lasciamo perdere». (il signor Giuffrè di anni 77 è lo zio d’America di Ragusa che da anni, insieme con il fratello Carmelo di anni 80 omaggia il territorio con beneficenze e regalìe d’ogni tipo. E che l’altro giorno, pronto a firmare le carte per una donazione da due milioni di dollari all’Asp di Ragusa, e dopo aver preso appuntamento come un qualunque povero disgraziato in coda per una visita ambulatoriale, se n’è andato offeso per l’inutile, scortese e incomprensibile anticamera per parlare col manager Aricò).

No, davvero, chi l’ha chiamata? «Tanti amici. Anche persone importanti. E tutti chiedevano scusa, a nome di quel signore, per l’accaduto».

Quel signore chi sarebbe, il manager Aricò? «Ha chiamato anche lui».

Ah sì, e che le ha detto?

«Guardi, ero a cena, al cellulare non si sentiva neanche bene. Gli ho detto che ci saremmo risentiti».

Bene, allora vuol dire che la cosa si può ancora sistemare, giusto? (Il signor Giuffrè mi guarda e non favella. E da questo sguardo, placido limpido e diplomatico, si capisce che quel “ci risentiamo” è preciso uguale alla rispostina che diamo quando incontriamo un conoscente che non ci era mancato particolarmente, e lo congediamo dicendogli «fatti sentire». Se non chiama non succede niente, insomma).

Può raccontare cos’è successo esattamente? «L’avete già scritto. Avevamo un appuntamento, solo per mettere qualche firma ad un accordo già fatto, e quel signore non solo non ci ha ricevuti ma quando ci ha incontrati, buongiorno e buonasera, ci ha lasciati in attesa e se n’è andato senza dirci niente».

E’ durata così tanto l’attesa? «Non così tanto, non so, forse mezzora, forse di più. Lei conosce gli uffici Asp? »

Sì certo. «Ha presente quella stanzetta col lucernario a cupola negli uffici del secondo piano? Là ci stavano i malati, si scaldavano col sole quando ancora non c’erano i termosifoni. Forse c’erano quaranta gradi. Noi eravamo lì ad aspettare, e quel signore non c’era».

E’ stato scortese, magari poteva avvisare, farvi accomodare in ufficio, offrire un té freddo, ma forse aspettava davvero l’avvocato dell’azienda… «Guardi l’appuntamento l’ha fissato lui, non io. E io se ho un appuntamento sono abituato alla puntualità, anzi arrivo un poco prima. Non ci ero andato per chiedere favori, per farmi pubblicità o chissà cos’altro».

Lei si è sentito offeso insomma. «No, mi sono sentito uno straccione. Non dico che quando ti presenti con due milioni in regalo ti mandano a prendere con l’autista e ti offrono la colazione – io lo faccio per molto ma molto meno – ma insomma un minimo di rispetto questo sì, lo pretendo. Ora come glielo vado a spiegare in America cos’è successo…»

Perché, a chi deve dar conto? «Io sono chairman della “Società figli di Ragusa”, ma nel board c’è tanta altra gente. Io mi sono battuto perché questa donazione andasse a Ragusa. Gli altri membri volevano che questi soldi andassero ad un ospedale di Brooklyn, ma io mi sono imposto e ho preteso che fosse rispettato lo statuto che dice, in caso di scioglimento della società, che il beneficiario di tutti i beni liquidati fosse l’ospedale Paternò Arezzo di Ibla».

Davvero intende ripartire così? «Ero tornato solo per partecipare alla festa dei “Ragusani nel mondo” e mi faceva piacere conoscere il destinatario, anzi l’amministratore della donazione. Invece me ne riparto col cuore spezzato».

Non faccia così, via, zio Pippo. Vedrà che si sistema tutto…  (ora ride, ed è davvero un bel sorriso).  «Mi creda: io sono sinceramente dispiaciuto per quel signore, si vede che non è ragusano. Ma io sì, e così come ho fatto finora, io a Ragusa e ai ragusani continuerò a voler bene e, finché posso, a fare anche del bene».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA