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Scariche elettriche sui migranti: «Così “Rambo” torturava e uccideva»

Di redazione |

PALERMO – «Durante la mia permanenza all’interno di quel “ghetto” da dove era impossibile uscire ho sentito che l’uomo che si faceva chiamare Rambo ha ucciso un migrante. So che mio cugino e altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati poi sottoposti». Comincia così il drammatico racconto di una delle vittime di John Ogais, nigeriano, 25 anni, detto Rambo, fermato dalla polizia nel Cara di Isola Capo Rizzuto.

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E’ uno dei componenti dell’organizzazione criminale, scoperta dalla Dda di Palermo, che gestiva i viaggi dei migranti tra la Libia e le coste siciliane. E’ accusato, oltre che di tratta di esseri umani, di omicidio, sequestro di persona, e violenza sessuale. «Vi era un altro tale Rambo della Nigeria – conferma uno dei testimoni delle violenze che ha aiutato gli inquirenti a identificare l’africano fermato – che anche se non mi ha picchiato seviziava altri migranti. Le torture cui sono stato sottoposto sono innumerevoli. Sono stato torturato con i cavetti elettrici in tensione. Mi facevano mettere i piedi per terra dove precedentemente avevano versato dell’acqua. Poi azionavano la corrente elettrica per fare scaricare la tensione addosso a me. Subivo delle scariche elettriche violentissime. Questo avveniva circa due volte alla settimana. Alcune volte mi picchiavano, in varie parti del corpo, con dei tubi. Alcune volte mi legavano le braccia e poi mi appendevano in aria, per picchiarmi violentemente».

«Una volta, – prosegue il drammatico racconto – ho avuto modo di vedere che Rambo, il nigeriano, ha ucciso dopo averlo imbavagliato e torturato a lungo, un migrante suo connazionale che si trovava lì con noi». «Ho assistito personalmente al pestaggio sino alla morte di due persone, un nigeriano minorenne e un altro uomo, anch’esso nigeriano ucciso da Rambo davanti al fratello della vittima – conferma un terzo testimone -. Nello stesso momento dell’omicidio, Rambo minacciava armato di pistola, il fratello della vittima, di non raccontare nulla alla famiglia e di farsi mandare immediatamente i soldi».

Ogais, era arrivato in Italia nel febbraio scorso. Dopo lo sbarco in Calabria, l’uomo è stato portato nel Centro di accoglienza richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto. Su di lui la squadra mobile di Crotone aveva iniziato un’attività investigativa dopo che alcuni migranti lo avevano indicato come uno degli aguzzini che operava in Libia. Nel corso delle indagini gli investigatori crotonesi sono stati contattati dai colleghi di Agrigento, che avevano avuto notizia della presenza nel crotonese di «Rambo» sul quale stavano indagando dopo avere arrestato, nel marzo scorso, il ghanese Sam Eric Ackom, ritenuto suo complice. La collaborazione della mobile crotonese è servita a identificare compiutamente l’aguzzino individuato dai poliziotti siciliani con il soprannome. Da qui, poi, la decisione della Dda di Palermo di emettere un provvedimento di fermo eseguito stamani nel Cara. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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