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«La madre sempre meglio del papà»: riesplode a Catania querelle su figlio conteso

Di Vittorio Romano |

La madre, una professionista catanese che sembrava avesse accettato il provvedimento, oggi ha cambiato idea, incoraggiata forse dal fatto che il giudice Lima ha lasciato il Tribunale di Catania e che la causa è stata assegnata a un magistrato donna, Cristiana Cosentino, che, ritiene forse la signora, potrà meglio comprendere le sue ragioni. Rinnovato il collegio di difesa dunque con gli avvocati Carmelo Padalino e Laura Garofalo, questi due, con una mossa a sorpresa, hanno richiesto in via d’urgenza che il figlio potesse tornare a vivere con la madre depositando una perizia psicoforense redatta dalla dott. Graziella Trovato, che però, a quanto pare, sarebbe stata fatta sul figlio minorenne senza che alcun giudice lo avesse disposto e senza che il padre avesse dato, quale genitore esercente la patria potestà, la necessaria autorizzazione: «un abuso», dunque, che il legale del padre, avvocato Silvana Grasso Barone, sta valutando e che sicuramente comporterà ulteriori strascichi giudiziari.

La perizia (la cui attendibilità sarà valutata dal giudice) non addebita alcunché al padre (un industriale farmaceutico), ma rileva semplicemente il disagio del figlio a vivere con questi e la necessità che lo stesso per il suo benessere venga collocato a vivere con la madre. In parole povere, questa perizia sostiene che i figli in caso di separazione debbano sempre e in ogni caso vivere con la madre, essendo il padre soggetto inadeguato a convivere con loro. L’assunto viene supportato tra l’altro da conversazioni del minorenne che sarebbero state acquisite e riferite da un altro soggetto, una donna, anche in questo caso senza autorizzazione del padre.

A questo punto, dunque, la partita non si svolge più sul campo della valutazione dei genitori al fine di accertare chi sia il più adeguato a vivere con il figlio (che in questo caso ha visto collocatario il padre quale soggetto più adatto), bensì su quello dei danni che conseguirebbero alla prole se venisse staccata dalla madre e collocata col padre, indipendentemente dalla capacità e dalla valutazione dei genitori. Ciò potrebbe esser letto come il tentativo della restaurazione del vecchio preconcetto per anni sposato dalla giurisprudenza, per cui la peggior madre sarebbe stata sempre meglio del miglior padre, e che aveva di fatto sancito un automatismo a favore delle mogli che nei fatti, ottenendo senza sforzo il collocamento dei figli, ottenevano automaticamente l’abitazione familiare e la percezione degli importi versati dai padri per il mantenimento della prole.

Sarà il Tribunale di Catania a decidere, e dovrà farlo più che su un singolo caso, sull’applicazione o meno del diverso principio giurisprudenziale del primato della madre sui figli.

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