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Sequestro al Petrolchimico di Priolo: il 75% dell’inquinamento “colpa” di tre impianti

Di Mario Barresi - Nostro inviato |

Siracusa. «Una prima risposta alla popolazione in questa materia molto complessa». La definisce così, il procuratore Francesco Paolo Giordano, questa tranche dell’inchiesta sul Petrolchimico.Esposti, testimonianze, enciclopedica raccolta di rilevazioni sulla qualità dell’aria. «Io l’avevo detto», «io l’avevo denunciato». Ieri pomeriggio è un’affollata competizione. Una gara per accaparrarsi la primogenitura dell’inchiesta sul Petrolchimico. Ma è chiaro il lavoro silenzioso della Procura, seppur facilitato da dati e rivelazioni di esperti siracusani, ha registrato un salto di qualità grazie alla relazione tecnica di quelli che Giordano definisce «esperti di livello nazionale con i quali abbiamo concertato le prescrizioni emanate». Un lavoro collegiale, con le firme, fra gli altri, di Mauro Sanna (chimico dell’Arpa del Lazio) e Nazareno Santilli, ingegnere dell’Ispra.

Questi, in sintesi, i principali “buchi” riscontrati. Partiamo dalle prescrizioni Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Non rispettate «sia in ordine alle portate rispetto al valore di bolla (superamento medio nel triennio di circa il 19 % all’anno, con calcolo presuntivo), sia in ordine alle portate per taluni singoli camini»; ma anche «rispetto a talune modifiche gestionali-impiantistiche volte alla riduzione delle emissioni non convogliate»; e infine sul «monitoraggio delle emissioni». Inoltre, si legge nella relazione, «si sono verificati plurimi ed anzi numerosi episodi di superamento dei limiti della portata oraria delle emissioni senza che ciò sia stato, come prescritto, comunicato al Ministero dell’Ambiente». E poi gli impianti risultano vetusti rispetto alle prescrizioni sin dal loro avvio, poiché «i provvedimenti autorizzatori presentano scostamenti rispetto a quanto previsto dalle Mtd (Migliore Tecnologia Disponibile) vincolanti anche in Italia al tempo della loro adozione sia in rapporto ai limiti di emissione sia in rapporto all’implementazione delle soluzioni gestionali e impiantistiche da ritenersi adeguate». Più pesante, in questo contesto, il riferimento alla Esso, il cui stabilimento – secondo la Procura – «non è in linea con le prestazioni relative alle Mtd, né quelle più recenti (…) anteriori al rilascio della prima Aia».

Per scendere nel dettaglio delle singole contestazioni, l’Aia rilasciata all’Isab «si connota per la particolare genericità, lacunosità delle prescrizioni e per la presenza di scelte atipiche e talvolta anomale», come il «rilascio di unica autorizzazione per due stabilimenti in contrasto con la normativa nazionale ed europea» che e «fa scaturire la conseguenza di effetti compensativi delle emissioni in sostanza elusivi dei limiti che si dovrebbero considerare imposti a ciascuno stabilimento». Inoltre è stata evidenziata «l’esiguità del numero dei camini ai quali è stato prescritto il monitoraggio in continuo di portata e concentrazione degli inquinanti». E poi «i pochi serbatoi delle raffinerie Isab sulla base dei controlli campione effettuati sono risultati essere in pessimo stato con presenza delle prescritte calze di contenimento dei tetti non sempre presenti»

Nello stabilimento Esso, invece, «le vasche Api dove refluiscono le acque adoperate nelle operazioni di processo in quanto sporche miste a idrocarburi vengono raccolte in vasche di trattamento aperte a differenza di quello che avviene in molte altre raffinerie (Ravenna, Porto Marghera, Taranto)». Inoltre è stata rilevata «l’inadeguatezza dell’Aia» riguardante la Esso e la «non piena conformità» della stessa alle Mtd che prescrivono le coperture delle vasche.

Importante, «in relazione all’accertamento della sussistenza del fumus dei reati in contestazione», il Rapporto Arpa 2015 sulla qualità dell’aria. I tecnici hanno accertato «la sussistenza di una misurabile alterazione della matrice naturale “aria” attraverso l’acquisizione dei dati delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria site in provincia e gestite dalla Provincia». E questi dati «dati evidenziano superamenti puntuali di molteplici sostanze di indubbia origine industriale (benzene, etilene, toluene, etc.) e superamenti significativi e ripetuti di idrogeno solforato e composti di idrocarburi non metanici , nonché superamenti ripetuti con picchi elevati di mercaptani (sostanze odorigene con bassa soglia olfattiva)». Dati «più che sufficienti per la constatazione dell’alterazione descritta». Ma c’è dell’altro, poiché «la misurabilità è data dall’avvenuto rilievo di dati nelle annualità trascorse ad opera di un organismo terzo quale la Provincia, che non ne ha mai fatto peraltro concreto uso, ed infine dalla concreta possibilità di elaborazione dei predetti dati».

Fra i testimoni sentiti Domenico Morello (dirigente della Provincia) e Gaetano Valastro (capo dell’Arpa). I due hanno anche prodotto un documento stilato nel tavolo tecnico in Prefettura. In cui, tra l’altro, si rilevano «ripetuti episodi di cattivi odori registrati con allarme dalla popolazione», ma soprattutto alcuni problemi all’impianto Esso.

Ma il colpo di grazia lo danno i super consulenti: «L’idrogeno solforato, in assenza di fonti naturali, quali giacimenti di petrolio, è senza dubbio legato alle attività industriali che tipicamente lo producono, tra le quali spiccano le attività di raffineria». Complicato arrivare «ad una precisa riconducibilità ad un impianto piuttosto che all’altro con certezza scientifica», precisano. «La diffusione degli inquinanti è infatti legata a fattori meteorologici (direzione del vento e campi di temperatura degli strati dell’aria atmosferica) e alla compresenza di altri impianti industriali che possono contribuire, anche se in maniera probabilmente minore, alla generazione di Voc». Eppure, «dal punto di vista delle quantità emesse le due raffinerie Isab risultano emettere maggiormente rispetto alla raffineria Esso».

In un passaggio significativo delle carte, si spiega che «contrariamente a quanto risulta nelle relazioni Arpa, i fenomeni di cattiva qualità dell’aria attraverso lo studio dei venti e della posizione di stabilimenti e centraline sono risultati il più delle volte attribuibili a fonti certe». Così come è stato possibile, per gli esperti, misurare i «contributi per le emissioni dei principali inquinanti normati»: Isab Sud 33,4%; Isab Nord 7,6%; Isab Srl (ex Erg) 3,4%; Esso 29,8%. Totale: 74,2%. «Il contributo percentuale di altre fonti industriali è pari nel complesso al 25,8%, da un minimo di 0,4% ad un massimo di 5,6% per ciascuna fonte di emissione». Stimato anche il «contributo percentuale di composti organici volatili non metanici»: Isab Sud 26,4%; Isab Nord 22,6%; Isab Srl (ex Erg) 0,5%; Esso 20,5%. Totale: 70%Per riassumere: i tre stabilimenti sequestrati ieri dalla magistratura per gli esperti rappresentano circa i 3/4 del presunto inquinamento dell’aria attribuibile al Petrolchimico di Siracusa.E scusate se è poco.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA