Open Arms: «In atto campagna di persecuzione su Ong che operano nel Mediterraneo»
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BRUXELLES - «Dal 2016 è in atto una campagna di persecuzione e di criminalizzazione nei confronti delle ong che operano nel Mediterraneo. Nel 2016 all’inizio vi erano 11 navi che operavano nel corridoio centrale del Mediterraneo, nel 2017 le navi sono scese a 9 e adesso nel 2018, c'è solo una nave che opera». Ha scelto la platea del Parlamento europeo per spiegare le sue ragioni Oscar Camps, il fondatore della ong Proactiva Open Arms, la cui nave è sotto sequestro dal 18 marzo scorso ed ormeggiata nel porto di Pozzallo nel ragusano.
Secondo la Procura distrettuale di Catania, l’Ong non obbedì all’indicazione di lasciare l'intervento di recupero alla marina libica e non rispettò neppure le disposizioni dei comandi delle capitanerie di porto della Spagna e di Roma di chiedere di potere sbarcare a Malta, nelle cui acque si erano trovati per permettere il salvataggio di un neonato di tre mesi e della madre. Secondo i Pm di Catania «il loro vero obiettivo era di sbarcare in Italia», disattendendo tutte le indicazioni date. «È stato impossibile - ha spiegato Camps - consegnare i migranti ai libici, perché i migranti non volevano salire sulle loro barche e dopo una discussione di due ore e mezza con i libici alla fine hanno deciso di andare via».
Il fondatore della ong ha poi precisato di avere ricevuto l’autorizzazione di dirigersi a nord verso l'Italia e «quando siamo stati autorizzati a sbarcare a Pozzallo, la situazione si è complicata. Ci è stato detto che dovevamo incontrare le forze dell’ordine e la polizia e siamo stati sentiti prima come testimoni e poi formalmente accusati per il reato di associazione per delinquere e traffico di immigrazione clandestina e se condannati rischiamo fino a 15 anni di prigione oltre al pagamento di una multa. Questo è un altro evento della strategia che mira alla criminalizzazione delle ong nel Mediterraneo». Nella sua trasferta a Bruxelles il fondatore della ong Proactiva Open Arms incontrerà europarlamentari per spiegare le sue ragioni e difendere l'operato della sua organizzazione precisando che «continueremo il nostro lavoro in mare per salvare vite seguendo il codice di condotta».