Il racconto del rocker: la Sicilia secondo Omar Pedrini
“La Locanda dello zio Rock”: il leader della popolare band Timoria e la sua passione per la nostra terra, i suoi cibi e i suoi vini
Racconta anche della nostra Sicilia il libro di Omar Pedrini dal titolo “La Locanda dello zio Rock” edito da “Senza Vento” e Coop Lombardia. Un viaggio appassionato e sincero che catapulta il lettore in tournée con Omar e le sue grandi passioni: cibi, vini e i tanti amici incontrati in Terra italica. Il volume è la raccolta degli articoli mensili che il rocker ha scritto per la rivista Coop Consumatori, in una versione rivista e ampliata, un viaggio attraverso i territori, le località, le cantine, i luoghi amati d'Italia terra vocata al vino e alla buona cucina, grazie alle tantissime, quasi infinite biodiversità di cui è tanto ricco 'il bel paese' con le sue tante eccellenze e giacimenti enogastronomici, frutti di una terra senz'altro baciata dal buon Dio. A tutto questo Omar ha aggiunto qualche aneddoto e alcuni luoghi di eccellenza visitati nei tantissimi viaggi in tanti anni di concerti su e giù per l'Italia. Il volume si apre con una dedica "A Gino Veronelli, amico e maestro di vino e di anarchia". Il leader della storica ed amata band dei “Timoria” ha raccontato anche la sua esperienza in Sicilia.
«Se penso ai miei trent’anni di carriera e alle migliaia di concerti fatti ho un grande rammarico, che è quello di aver cantato pochissime volte in Sicilia – ha spiegato Pedrini - poche ma buone, per carità, ma troppo poche per un amante del buono e del bello come me. La mia ultima visita in terra sicula è abbastanza recente e fa riferimento alla mia partecipazione al Blues Festival di Augusta. Poi cena da Bruno, simpaticissimo il locale e buona la proposta, ve lo consiglio. E ricordo la partecipazione con i Timoria al Rock Festival di Misterbianco, un’emozione in musica sulle pendici dell'Etna; una bella serata da solista a Marsala. Dopo il concerto ho chiacchierato con il bravo cantautore Mario Venuti, che conoscevo dai tempi dei Denovo. Abbiamo parlato di Modugno e della sua canzone “U pisci spada” e dell’esigenza di Domenico Modugno di fingersi nativo della Trinacria e cantare in siculo con sicurezza perché all’epoca “funzionava di più” del salentino o del pugliese. Ricordo – continua Pedrini - anche una data nei dintorni di Ragusa, proprio vicino a Pachino - località benedetta da Madre Natura non solo per la presenza dei mitici pomodori ciliegini, ma per la proliferanza di tantissimi prodotti, tra i più buoni della terra - concerto che passò alla storia perché io e il mio braccio destro, il maestro Enrico Ghedi, decidemmo di andare fin laggiù in automobile invece che in aereo con il resto della crew. All'epoca avevamo paura di volare, quindi ci mettemmo in viaggio da Brescia alle prime luci dell’alba, dopo una golosa colazione a base di pane caldo del forno del vecchio Frank (che ha sfamato generazioni di bresciani giorno e notte!) e mortadella: la colazione dei campioni, insomma».
«Non posso non menzionare l'indimenticabile serata del 2002 a Catania quando suonammo proprio sul sagrato della Chiesa di San Nicola (con Afterhours e Verdena). All'epoca Sole spento era ovunque grazie alle radio, ad MTV e al videoclip, di cui scrissi personalmente la sceneggiatura. Anche senza il vecchio cantante, a dispetto delle previsioni degli “esperti” i Timoria erano tornati alla grande e il popolo rock catanese e siculo, arrivato da tutta l'isola, ci inondò di calore e sostegno. L’Etna - a muntagna bedda o a muntagna, onnipresente sia fisicamente che nei pensieri e nei cuori dei catanesi nonostante i danni provocati dalle eruzioni - ci benediva da lassù. Era la mia prima volta nella città di Battiato, che conoscevo bene musicalmente – catanese è anche la Cyclope Records di Francesco Virlinzi, grande imprenditore musicale e interprete di una generazione che, oltre ai grandi nomi della musica alternativa siciliana come la Consoli, Boppin’kids e Flor de mal, aveva attirato in Sicilia tante rockstar americane, che finivano nelle sue produzioni regalando tantissimo alla città in termini di evoluzione e di emancipazione culturale. In particolare mi colpì molto la movida catanese e i tanti localini sparsi per il centro in cui si suonava musica live».
Sempre Catania ci chiamò alle “Ciminiere” nell'anno del cambiamento per noi Timoria, il 1999.
Catanese è anche il mio compagno di merende Domenico Liggeri, intellettuale-scrittore-enogastronomo-autore televisivo che era al mio fianco nella direzione artistica nei tre anni pazzeschi del Brescia Music Art festival, manifestazione tra le più rappresentative della città a cavallo tra gli anni novanta e i duemila. Ancora oggi mi regala il vino prodotto da suo padre Carmelo, ormai amico anche lui, un Nerello Mascalese buono e sincero. Non dimentichiamo però che il vitigno principe di Sicilia rimane il famoso Nero d'Avola, nato per l'appunto ad Avola, località in provincia di Siracusa, ma prodotto in tutta la Sicilia.
Infine “last but not least”, a Catania è nato anche il mio carissimo amico cardiochirurgo dott. Domenico Scalia detto “il barone" che oltre ad avermi salvato la pelle è anche (suo malgrado) mio suocero, e ha fatto in modo che i miei figli Emma Daria e Leone Paolo avessero 1/4 di sangue catanese.
Di questo e molto altro chiacchiero dopo la bella presentazione del mio ultimo libro “Angelo ribelle” alla Feltrinelli di via Etnea con un mio amico giornalista, che mi accompagna tra le strade della sua splendida città, dove sono stato invitato a presentare il mio ultimo libro.
La città di Vincenzo Bellini è uno spettacolo a cielo aperto, una passeggiata tra strade, chiese, “arancini” (mi raccomando al maschile qui, perché le “arancine” sono quelle di Palermo), “cannoli”, buon pesce e buoni vini. Un tour che parte dall'Etna e finisce in piazza Duomo, dove ad attendere i turisti c’è una grande fontana: "u Liotru". Si tratta di una monumentale opera in pietra lavica realizzata dopo il disastroso terremoto del 1693, oggi simbolo della città. L'elefante, tra l'altro - qualcuno di voi lo sa - è il mio animale preferito, ce l'ho anche tatuato sul mio avambraccio nella versione Indù di Ganesha. Destino?
Intanto la "muntagna bedda" ci guarda dall'alto: è uno dei vulcani più attivi del mondo ed è circondato da una vasta vegetazione come agrumeti, vigneti, fitti boschi di castagni e querce e fichi d'India, alternata a paesaggi quasi lunari visibili man mano che si sposta lo sguardo verso la vetta. Qui nascono due vini minerali: l'Etna rosso e l'Etna bianco, che diventano Nerello e Caricante. Lo Zibibbo invece è il vino dolce per il fine pasto, anche se in Sicilia credo che il pasto non finisca mai!
L’Arancino è il simbolo indiscusso dello street food “made in Liotru”. La sua composizione classica prevede il sugo o il burro, ma ormai ci si sbizzarrisce con le farciture, per cui se ne trovano di parecchi tipi: a goccia o tondi, sempre a base di riso ma con una varietà di condimenti davvero gustosissimi. Siamo davanti a Villa Bellini e il profumo del cibo sembra volerci sedurre a tutti i costi. Simone mi spiega che nei bar di Catania puoi trovare ristoro di ogni tipo a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non esiste un orario, si mangia per così dire "a sentimento". Anche alle otto del mattino puoi gustare un arancino, una cartucciata o una pizzetta con "l'olivo", così come la sera puoi goderti una "raviola" con la ricotta, una treccina alle mele o una sublime pasta di mandorle (o la sua variante col pistacchio di Bronte Km zero). Oppure un autentico cannolo siciliano con ricotta, frutta candita, gocce di cioccolato e zucchero a velo (fame, vero?).
Terminata la lunga via Etnea, arriviamo in piazza Stesicoro, dove ammiriamo la città antica e l'imponente anfiteatro romano, che sembra essersi salvato dall’eruzione del 252, probabilmente grazie all’intercessione di S. Agata, protettrice di Catania vissuta e morta martire proprio nel terzo secolo dopo Cristo. Tanta bellezza la si può godere ancora di più degustando una granita alla mandorla con la brioscia (con il “tuppo” e questa non ve la spiego perché ci arrivate da soli).
Se invece preferite lo slow food allora sedetevi in uno dei tanti ristoranti per godervi un piatto che mi fa impazzire quando è cucinato come si deve, un primo nato per celebrare l'opera omonima di Vincenzo Bellini: la pasta "alla norma", condita con melanzane fritte e ricotta salata. Oppure uno spaghettino leggero leggero al nero di seppia con la muddica (la mollica di pane). Come digestivo vi consiglio un Finocchietto o un Fuoco dell'Etna. Una botta di vita!
Per tirare tardi ci buttiamo in una delle tante stradine del centro dove la musica dal vivo non manca mai, anche perché la musica catanese ha creato una vera e propria industria che è arrivata a conquistare l'Italia fino al nord. Non è un caso che in molti la definiscano “la Milano del sud”. E allora spontaneamente intoniamo: “Ma il cielo sopra Catania lo tocchi se allunghi la mano...”.
SIMONE RUSSO