Dio salvi la musica punk… e i tatuaggi: parola alla star dei Sex Pistols
Al Catania Tattoo Convention Glen Matlock, bassista e membro fondatore della storica band inglese. All’Ice Club (ex Palaghiaccio) di viale Kennedy presenta dal vivo “Consequences Coming”
Never mind the bollocks… E lasciate che Catania, almeno per un giorno, si trasformi nella Londra a cavallo tra ‘70 e ‘80. Lasciate che Dio salvi la Regina (o il re, dipende dai punti di vista…), la musica punk, e i mille colori delle vetrine di Carnaby Street, e la moda, anzi le mode lanciate dal genio di Vivienne Westwood (per la quale ha anche lavorato ai tempi in cui il negozio si chiamava semplicemente Sex). Lasciateci sognare, perché ci voleva la Catania Tattoo Convention (oggi e domani) per far sì che in questa città si respirasse un po’ d’aria (musicale) dal gusto un po’ vintage ma sicuramente affascinante, che sa di storia, di quella bella, sudicia, sudata e puzzolente, fatta di smorfie, di gestacci, di oltraggi e di puro e sano divertimento.
Dagli anni Settanta
Ed ecco a voi, allora, direttamente dai favolosi anni Settanta, Mr. Glen Matlock.
Glen Matlock arriva a Catania, per l’unica data in Italia, in occasione della Catania Tattoo Convention che si svolgerà oggi e domani all’Ice Club (ex Palaghiaccio). Certo, più che di tatuaggi, con Glen bisognerebbe parlare di spille da balia, ma tant’è che Mr. Matlock si presenta in grande stile, con due appuntamenti ai piedi del Vulcano che si susseguiranno nella giornata di oggi: un firma copie del suo libro, dalle 15 alle 16, e il concerto dove presenterà il suo progetto solista, “Consequences coming”, alle 21.30.
L'evoluzione di Matlock
Nel frattempo, Glen Matlock, invece, ha cercato l’evoluzione naturale creando nuove sinergie professionali con alcune tra le più importanti figure del panorama rock mondiale tra cui Iggy Pop. «E’ stata una roba davvero strana. Ero a New York e non stavo suonando con nessuno quando Iggy mi chiama. Ci incontriamo e suoniamo insieme, al Palladium, giusto la notte di Halloween, festa che ai tempi nemmeno sapevo cosa fosse (e suoneranno insieme anche a Parma e a Milano, ndr). Aprono il concerto i Cramps, poi ci sono i Blondie e spunta Debbie Harry vestita di nero, da strega, che nei camerini si avvicina e mi bacia».
E arriva il momento in cui Glen Matlock può permettersi di prendersi tutta la scena con “Consequences coming”, un atto d’accusa contro la classe politica che ha ingannato gli inglesi sulla Brexit. Ma non senza prima avere sfornato una versione personalissima di “Happy”, successo planetario firmato da Pharrell Williams, e avere partecipato all’omaggio della Royal Philarmonic Orchestra alla musica punk.
«Quando abbiamo messo insieme i Sex Pistols era tutto molto complicato – racconta - prog rock, jazz rock eccetera, mentre noi tornavamo ai ‘60 e ‘50 per semplificare. Oggi la musica è diventata una complicazione continua a tutti i livelli: mettono insieme un po’ di questo e un po’ di quello e pregano che funzioni. Io cerco di fare le cose in modo semplice e diretto, prendo la mia chitarra acustica, vado sul palco e vediamo cosa succede. Una cosa pretenziosa a volte può riuscirti anche bene, ma un messaggio chiaro sta sempre in piedi da solo».
Professione rockstar
Glen Matlock, un mito (e siamo ben lungi dallo svalutare quest’aggettivo») del rock che non ama definirsi una rockstar ma un musicista di professione. E il suo ultimo album, pubblicato con la Cooking Vinyl, ne è la dimostrazione, con canzoni talvolta caustiche, liberatori inni di resistenza. Lui che è rimasto fedele a se stesso. Nato a Londra nel 1956, cresciuto a suon di Faces, Kinks, Spiders from Mars, Can, Velvet Underground, The Move, John Barry, Anthony Newley e Bernard Cribbins. Uno spirito inquieto, un passato importante – e sì, probabilmente anche ingombrante – come bassista e fondatore dei Sex Pistols, oltre 50 concerti tra il '75 e il '77 da solista, un unico comune denominatore che non cambia e non cambierà mai: il rock and roll in tutte le sue forme, che lo ha visto protagonista al fianco di icone senza tempo del calibro di Iggy Pop e Blondie.
«È un po’ disorientante essere considerato un pezzo di storia – racconta l’ex Sex Pistols - mi ritengo un artista contemporaneo e con il mio nuovo disco voglio parlare dell’oggi. Perché se sei un musicista ma non suoni e non ti evolvi, non vai da nessuna parte».
Impossibile non parlare di “Never Mind the Bollocks”, e delle “strane” origini di un album che Malcolm McLaren e alcuni componenti della band volevano “differente”.
«Se ti riferisci al fatto che non volessero includere i quattro singoli già usciti, non ti so dire se in realtà fosse vero perché ero già uscito dal gruppo. Ma ti dico che se non ci fossero stati dentro tutti e quattro i singoli l’album non sarebbe stato un granché dal momento che non c’erano abbastanza pezzi in repertorio, a meno che qualcuno non si fosse messo a scrivere un bel po’ di brani in pochissimo tempo. Evidentemente nessuno l’ha fatto, altrimenti negli ultimi 40 anni mi sarebbe arrivato all’orecchio. Per dirti, sei mesi fa hanno annunciato che era saltato fuori un inedito dei Pistols dalle session dell’album, che poi si è rivelato l’ennesimo alternate mix di quarta serie di “No Feelings” o qualcosa del genere».