Marco Goldin: «Qui luoghi e personaggi s’intrecciano senza sosta»
Curatore di mostre, scrittore con un piede in teatro, sbarca sull’Isola nel 1989 per Piero Guccione e non smette più di tornarci
Marco Goldin, curatore di mostre e scrittore
«Sono tornato, fanno adesso più di quaranta volte in dodici anni». E quelle volte diventeranno 80 poi cento e infine un ritorno senza tempo. Marco Goldin, storico dell’arte e curatore di mostre dai numeri irraggiungibili ai più (conta undici milioni di visitatori) è nato a Treviso ma le sue origini vanno oltre i luoghi e superano i confini che l’arte non ha. E Goldin vive e respira la dimensione immaginaria e immaginata di artisti cui non è consentito l’oblìo. Di loro scrive con un tocco che ne dipinge opere, personalità, sentimenti e li rende vicini senza per questo sminuire la loro grandezza che mostra integra negli eventi con cui ormai da anni crea la liaison tra vita e arte in un intreccio che affascina, trascina e traduce una pennellata in un attimo di vita unico e irripetibile. Per chi lo ha vissuto sulla pelle e per chi lo rivive con lo sguardo. E’ la magia dell’incontro. La sua prima volta in Sicilia risale al 1976. «Ero in Calabria con i miei e siamo scesi a Taormina e Siracusa». Non pensava al ritorno. E gli anni successivi passano con una passione che si trasforma naturalmente in lavoro naturalmente. Fino al giugno del 1989, quando a Conegliano organizza una mostra antologica, forse la più grande dedicata a Piero Guccione e torna in Sicilia per concordare modalità e definire i dettagli.
Toccata l’Isola, ne ha apprezzato più luoghi o personaggi?
«Sicuramente l’unione delle due cose. Per me spostarmi in Sicilia, in quel momento lì avevo 28 anni, era come andare in un Continente diverso. E lo dico in termini positivi. Quando sono sceso all’aeroporto di Catania, con qualche problema anche oggi figuriamoci allora, ero con un amico pittore Francesco Stefanini. Usciamo e vedo Piero con Sonia Alvarez, la moglie. Erano venuti a prenderci. Un gesto incredibile. Quindi lui, che non era un grande guidatore e non parliamo di Sonia, si era fatto queste due ore di macchina pronto ad affrontare il ritorno. Ci avviciniamo all’auto e cogliendo il mio sguardo, Piero dice: eh, non ti aspettavi che io avessi una Panda. Ci siamo avventurati in una strada, che non è quella di oggi, E siamo entrati dentro il paesaggio. A un certo momento, vedo uno scorcio con una casa in alto, un campo di grano sotto e guardo Piero: ma questo è il paesaggio che hai fatto in quattro versioni- Sìmi risponde. Quadri meravigliosi che mi sono rimasti dentro al punto che quando alla fine del 1996 ho fatto nascere Linea d’ombra, ho realizzato il logo con un campo di grano attraversato dall’ombra di Guccione. All’epoca non pensavo né a Monet né a Van Gogh, per me Guccione era l’inarrivabile. Voglio dire che per me la Sicilia, da subito, ed è rimasto così, è l’unione di uomini e paesaggi. Un paesaggio fatto di umanità. Qui ho avuto due grandi riferimenti della pittura internazionale come Piero Guccione e Franco Sarnari».
Ma torniamo al quel giugno e al suo arrivo negli Iblei.
«Piero e Sonia avevano preparato una camera matrimoniale nella loro casa di Quartarella, nella campagna modicana, perché dovevo venire giù con mia moglie che non potè per impegni di lavoro. E pensi, il suo biglietto aereo fu utilizzato dal mio amico semplicemente cambiando il nome. Un altro mondo. Allora ci prenotarono due camere in un albergo di Donnalucata, si chiamava “Il Sorcio”. Non ho mai più dormito in un posto del genere. Avevamo le due camere che si affacciavano su una terrazza a strapiombo sul mare. Si mangiava all’aperto sotto alberi da cui raccoglievi i gelsi bianchi. Emozioni irripetibili. Ogni giorno dovevo andare a Quartarella per incontrare Piero e lavorare alla mostra. Avevano due Panda e mi diedero quella di Sonia per spostarmi liberamente. A me guidare piace molto e ho amato attraversare quelle strade di campagna affiancate da muretti a secco e carrubi sotto il volo delle gazze. Nessuna segnaletica. Grazie alla mia memoria, dopo il primo giorno ho imparato la strada e la percorro con facilità e a cena racconto di aver messo la quarta a tutta velocità. Gelo. E Sonia: La quarta? Io pensavo che avesse tre marce».
Ricorda un contatto fisico con il paesaggio?
Il calore delle pietre dei muretti a secco. Andavamo spesso a cena in un agriturismo tra Scicli e Sampieri circondata dalla campagna con una straordinaria vista sul mare. Io, che fondamentalmente sono un solitario, ogni tanto mi allontanavo fino a raggiungere un campo per guardare la volta di cielo stellato che ci sovrastava. Mi sdraiavo sui muretti a secco le cui pietre rilasciavano il calore del sole cullato dal brusìo appena udibile degli amici che parlavano di pittura. Posso dire che per me questa è la Sicilia.
E ne “Il sole e tempo”, Marco Goldin scrive: «Come in altri pochi luoghi al mondo, mi sembra che qui, o lì a seconda del punto in cui mi trovavo a riflettere, le storie dei luoghi e delle persone s’intrecciassero senza sosta, e senza le une non ci sarebbero potute essere le altre. Come se la natura, questa natura di Sicilia, io non la potessi, o non la possa conoscere senza di loro. Queste persone mi si stringono intorno, o io mi sono stretto a loro, e sento, anche quando qua da noi cade la neve, il percuotere che fa il sole sulle spiagge, sulle rocce, sui carrubi. Da tanto lontano. Era stato così il primo viaggio. Già una scoperta, il cuore che faticava, davvero, ad accogliere tutta insieme tanta bellezza inaspettata, non prevista, sconosciuta».
Un veneto che sbarca in Sicilia trova contatti tra regioni così lontane eppure parte dello stesso Paese?
«Nessuno. Terre diverse, gente diversa. Ma forse è proprio l’attrazione degli opposti che mi fa amare la Sicilia e vivere a Treviso pur conoscendo i limiti di entrambi».
Lei scrive, ama la musica che inserisce nei suoi eventi e ha messo su una pièce teatrale tratta dal suo libro “Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato” con le musiche di Battiato.
«Ho conosciuto Franco nel 2011 quando dopo una passeggiata sull’Etna andai a casa sua con i miei amici pittori Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro. Battiato era molto legato a Guccione e rifletteva su Van Gogh. La sua musica dialoga con i quadri».