Beatrice Venezi torna a dirigere la Foss: «Le critiche? Misoginia e ragioni politiche diverse dalle mie»
Il direttore d'orchestra recentemente attaccato da alcuni orchestrali a Palermo con l'accusa di incapacità, rompe il silenzio
Beatrice Venezi
Cappotto di lana, jeans e sneaker, spunta in un bar dietro al Politeama subito dopo aver finito le prove. Beatrice Venezi torna a dirigere la Sinfonica siciliana, che l’ultima volta non le ha riservato il consueto tributo dovuto al maestro, dopo le polemiche e i veleni sulla “stroncatura” da parte di alcuni orchestrali.
Dica la verità: ora ha paura, ansia da prestazione?
«Le polemiche mi hanno sempre accompagnato. Certo, nell'ultimo anno sono diventata, mio malgrado, particolarmente esposta, ma sono ampiamente formata e vaccinata. Nel caso specifico si tratta di tre persone su 85. E le pecore nere si trovano in tutte le orchestre»
Addirittura pecore nere…?
«Allora diciamo che c’è chi fa il suo lavoro con passione e abnegazione, c’è chi ha suoi tanti anni e lo fa con più stanchezza e ha perso un po' di passione. Però in generale trovo un’orchestra che fa con passione il proprio lavoro».
Ma con gli orchestrali che l’hanno criticata su “Repubblica” com'è il rapporto da quel giorno? Vi siete parlati?
«Non sono persone con cui mi interfaccio. Io mi interfaccio con la spalla, seguendo un ordine gerarchico».
Non interfacciarsi con chi la critica non significa che le critiche siano infondate o illegittime…
«No, è il contrario. Io ho ricevuto e apprezzato molti messaggi e comunicati di sostegno da parte di persone che si sono esposte. E non è assolutamente scontato che in un ecosistema come quello dell’orchestra ciò possa accadere. Sono stati gesti coraggiosi, perché poi queste persone collaborano assieme tutto l’anno. Quindi per questi atti coraggiosi io li ringrazio, hanno dimostrato una grande umanità e una grande onestà intellettuale».
Non si sente a disagio a dirigere un’orchestra in cui c’è chi dice che lei non sa dirigere?
«Al di là delle dichiarazioni di queste persone, quello con la Sinfonica siciliana è stato un ottimo approccio, un’ottima esperienza, due concerti sold out, un pubblico entusiasta che alla fine della quinta sinfonia gridava “brava!”, quindi personalmente sono soddisfatta, anche perché questa è un' orchestra riconosciuta di professionisti, dove ho trovato alcune punte di diamante, sia durante quest’ultimo concerto che durante il precedente, una piccola esibizione col presidente Schifani lo scorso 12 ottobre».
Dicono che sarà il prossimo direttore artistico del Massimo di Palermo. Magari in quel posto non la vogliono…
«Questo è capitato in tutti i teatri. Mi chiedono: ma è vero che vieni qua? E rispondo che non lo so. Devo essere come un fantasma che aleggia e che cercano in tutti i modi di allontanare. È evidente che in questo momento, con Taormina si crea una certa cosa, con la Sinfonica sia crea un’altra cosa, succede che il Teatro Massimo rimanga l'unica espressione della vecchia governance. E questo è evidente, poi non si sa quali saranno le decisioni della politica. Vedremo…».
Insomma non s’è già pentita dello sbarco in Sicilia?
«Quello che è accaduto poteva accadere da qualsiasi altra parte, perché è tutto macchinato ad arte. Diciamo che qua ha trovato terreno fertile in queste tre persone, per tanti motivi: quello politico, la misoginia, forse anche frustrazioni personali, non posso saperlo. Io credo che, al di là di tutto, ci sia stata la questione con i colleghi che, a quello che ho capito, non hanno apprezzato il fatto che venisse spacciata l’opinione di tre persone con quella dell'intera orchestra».
Al di là della contezza numerica, le dà più fastidio la critica in sé o il fatto che non l’abbiano rivolta a lei in privato manifestandola altrove?
«La critica in sé può essere anche legittima, a parte i toni con cui è stata espressa, anche perché io sono sempre stata, e possono dirlo tutti, estremamente educata nei confronti di tutti e lo sono sempre per formazione e per educazione. Sono stati toni che mal celano un’acredine da parte di queste persone e quindi…».
…E quindi è un’acredine culturale, professionale o che nasconde altre ragioni, magari politiche?
«Nasconde misoginia, ma anche ragioni politiche: basta vedere le aree politiche a cui appartengono questi tre soggetti, sono aree politiche diverse da quella che io, in qualche misura, rappresento, anche se da tecnico».
In che misura la rappresenta quest’area? Lei è consulente del ministro meloniano della Cultura, Sangiuliano.
«Sono consulente tecnico, ma io non ho mai preso una tessera di partito».
Ed è anche direttore artistico di Taormina Arte, di fatto nominata da un assessore regionale di FdI… Lei è un’artista di destra?
«Se proprio dobbiamo dare un nome alle cose, li possiamo definire conservatori. E uno non ha il diritto di esprimere dei valori diversi? Ha diritto di esprimere solo una visione? Allora siamo sotto dittatura. Io credo nel pluralismo, nella democrazia. Non ho mai scelto con chi lavorare o un collaboratore sulla base dell’orientamento politico, sessuale o religioso o per il colore della pelle. Mi sono sempre rifiutata. Io sono democratica veramente, sono la resistenza a questo tipo di dittatura del pensiero unico. E visto che al fascismo viene data sempre questa accezione di repressione degli altri, io non posso certo riconoscermi in una definizione di fascista. I fascisti sono altri. Io, come contraltare, in questo momento trovo gli sfascisti».
A proposito di fascismo: suo padre è stato dirigente di Forza Nuova.
«Sì, mio padre… Tutti tirano fuori questa cosa che esprime una misoginia pazzesca: come se una donna fosse l’emanazione del padre, una sua estensione, un dito, un braccio… Lo trovo di una grettezza che neanche nel Medioevo».
Quanto c’entra il contesto? Meloni ha dichiarato guerra all’“amichettismo” di sinistra. Lei si sente il totem dell’alternativa culturale a quel modello?
«E cos’è l’alternativa? L'alternativa al cambio generazionale o di mentalità? Direi sempre a un cambio di capacità, perché dall’altra parte c’è chi tende sempre a difendere lo status quo, ammantandolo di competenza e capacità. E invece abbiamo avuto dei soprintendenti che hanno fatto 57 milioni di debiti, e quella è solo la punta dell’iceberg, ci sono soprintendenti che non hanno una formazione né da musicisti né da manager, eppure hanno fatto questo mestiere. Che competenze avevano quando sono stati nominati? Parliamo di statisti? No, eppure hanno fatto il gioco dell'oca passando da un ente a un altro. Quindi non capisco veramente di cosa si stia parlando».
Del fatto che lei abbia “solo” 33 anni?
«Un ricambio generazionale? Ma vivaddio! Siamo in un Paese in cui si parla sempre di questo e poi quando un giovane ha successo, gli si dà addosso perché dà fastidio. Si discetta sulle quote rosa, si fanno sit-in femministi. E poi quando arriva una donna di successo, e questo dà fastidio, si cerca di massacrarla nella maniera più forte e più personale possibile».
Magari stiamo passando dall’amichettismo al vittimismo…
«Non è una questione personale. Le faccio un esempio, a proposito di donne: la vicenda Ferragni. Non la difendo e non è un personaggio per cui ho alcuna simpatia. Beneficenza vera io ne ho fatta, non sono stata certo a guadagnarci sopra e lei ha sbagliato indubbiamente. Ma se quello stesso sbaglio lo avesse fatto un uomo, ci sarebbe stata tutta questa campagna mediatica nel suoi confronti? Non credo».
Sta citando Gramellini sul «pregiudizio ideologico» di chi non l’ha difesa nel caso della Foss?
«Sì, ritengo che Gramellini ne abbia scritto benissimo e con parole appropriate. E non credo ci sia da aggiungere molto su un certo tipo di femminismo a cui non mi sento di appartenere».
Non vuole essere chiamata «maestra», né direttrice, ma preferisce il maschile neutro. È l’anti-Boldrini di destra?
«Sono tanti i motivi per cui non appartengo al modello boldriniano. Non soltanto per il titolo o per le quote rosa. Ma, banalmente, proprio per come appaio. E ciò qualche fastidio lo crea…».
Le sue occasioni di lavoro e di carriera sarebbero state le stesse se non ci fosse la destra al potere?
«Io ho fatto oltre 200 concerti, 70 recite di opera lirica e ho 33 anni. Sono stata la prima donna a dirigere in Armenia, in Georgia e in Azerbaigian, ho diretto in tutti i continenti, tranne l’Africa perché purtroppo non mi è capitato ancora, da quando avevo 22 anni. Non credo che l’ecosistema politico avrebbe potuto fare tanto. Poi se si vuole mistificare lo si può fare tranquillamente, ma credo che il mio curriculum parli da solo. Non solo in Italia. Quest’anno debutterò al teatro di Buenos Aires che è la Scala del Sudamerica».
L’Argentina ha da poco eletto premier Milei, anarcocapitalista con idee di ultra destra. Lei se le cerca… O va dove la porta il cuore?
«Ma no… (e scoppia a ridere, ndr) questo è un contratto che avevo da due anni, non credo che qualcuno potesse fare qualcosa così tanto tempo prima…».
m.barresi@lasicilia.it