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Il Canzoniere di Angelo Sturiale, la poesia canta l'amore

La presentazione in anteprima da Zō a Catania nel giorno di San Valentino

Grazia Calanna

14 Febbraio 2024, 09:23

angelo sturiale

L’amore, quale sentimento sconfinato e di viva affezione verso l’esistenza, è il cardine nel nuovo lavoro del poeta e compositore Angelo Sturiale, “Canzoniere”, edito da “Le Farfalle”, che oggi, alle ore 17.30, sarà presentato in anteprima nazionale, a Catania, da Zō – Centro Culture Contemporanee. Un vero e proprio “itinerarium mentis”, in cui i versi sono creature liquide, multiformi, indefinite, cangianti. Ne scaturisce una poetica caleidoscopica della meraviglia e della creazione «tra concetti e parole, tra musiche e suoni, tra segni e gesti e tra linee e colori», in cui la poesia «non gioca mai a nascondino», ma, originatasi da un tripudio di “simmetrie sonore” e “radici aeree”, sogna l’opera d’arte più “bella” e “vera”, senza infingimenti, vacui proclami e adulazioni di maniera. Parole del prefatore Angelo Santangelo, scelte per introdurre la nostra intervista.

Qual è stata la scintilla che ha portato al tuo Canzoniere”?

La voglia di condividere attraverso questa pubblicazione poesie scritte negli ultimi anni e raccolte come perle preziose della mia sensibilità e memoria, poesie come studio d’osservazione o tracce di pensieri preziosi o scomodi sulla contemporaneità che mi abbraccia ma anche invade nei modi più impensati. E poi l’idea che il “canzoniere” nella sua accezione forse più classica, possa farmi da contenitore formale per parlare di poesia attraverso la musica e di musica attraverso la poesia, così come ho cercato di fare in questo mio “canzoniere”.

Ho chiesto a chiunque dove mai potessi/ recarti senza più il mio amore perenne e perdente,/ senza l’eccesso esclusivo delle mie ansie malate, delle/ analisi ossessive e i ricorsivi dilemmi delle mie intuizioni.”, con i tuoi versi per chiedere: la poesia può colmare la pensosa solitudine del poeta? Può colmare l’inascoltato?

In alcuni casi può certamente colmarla, ma in altri addirittura amplificarla. Più che altro la poesia, secondo me, è un dono che permette a chi può scriverla, di dare vita a una creatura immortale che fotografa, attraverso una costellazione di parole e pensieri, uno dei tanti possibili ritratti esistenziali dell’umano sentire, che in molti casi da soggettivi e parziali diventano misteriosamente e magicamente oggettivi e universali.

I tuoi, come dici, sono scritti poetici dall’aroma essenzialmente sonoro. Questa premessa per chiederti: musica e poesia hanno il tempo come traccia” (o carattere) fondante? 

La poesia fin dalle sue origini condivide con la musica una serie di dinamiche costruttive e strutturali legate all’organizzazione ritmico-sonora. La cura per le assonanze e la prosodia, per esempio, così familiari alla scrittura e oralità poetica, ha diversi obiettivi, tra i più importanti quello di veicolare, attraverso i toni e le loro durate, il messaggio poetico, scolpendolo nella memoria e preservandolo dall’incuria del tempo che altrimenti passerebbe inesorabilmente cancellando ogni cosa. Ecco perché per me la poesia è parola e concetto da ricordare e memorizzare attraverso la musicalità.

Della tua costante e minuziosa ricerca sulla musicalità e cantabilità” della scrittura cosa (quale ‘scoperta’) ti ha folgorato?

Forse la possibilità e opportunità di scrivere e leggere la poesia da una prospettiva diversa. La geometria e coerenza sonora tra le parole e i versi aggiungono alla scrittura una energia e vitalità che le conferisce non solo una indubbia gradevolezza all’orecchio e ai sensi, ma anche una funzione che consente al suo lettore o ascoltatore di apprezzarla e persino comprenderla meglio e addirittura, cosa da non trascurare, di memorizzarla e interpretarla attraverso la sua lettura condivisa ad alta voce.