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"Look Down" di Jago a Palazzo reale, 'u picciriddu che invita a guardare verso i più fragili

L'opera, voluta dalla Fondazione Federico II, in collaborazione con il comune di Palermo, esposta fino al 3 giugno

Maria Modica

18 Febbraio 2024, 18:46

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“Look Down”, un’opera scultorea dell’artista internazionale Jago, rimarrà esposta nel cortile Maqueda di Palazzo Reale fino al 3 giugno. Ieri, lo svelamento in anteprima alla stampa, alla presenza del direttore generale della Fondazione Federico II Patrizia Monterosso e dell’artista. Un “feto” che rappresenta lo sguardo dell’arte rivolto alla fragilità e alla marginalità. “U picciriddu” è stato simpaticamente ribattezzato, ricorrendo a uno dei termini più cari del dialetto siciliano. È posizionato verso la sovrastante Cappella Palatina, e non per caso.


«Palazzo Reale – ha detto il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno
– nei secoli si è contraddistinto per una visione culturale innovatrice. Il mio impegno e quello della Fondazione Federico II è quello di proporre una continua vivificazione dei contenuti artistici e culturali che affermano ancora oggi la contemporaneità attraverso arte, contenuti e bellezza».


«L’opera è posizionata – ha spiegato Patrizia Monterosso – rivolgendosi alla Cappella Palatina perché il suo costruttore, Ruggero II, la volle in dialogo fra le religioni, una spiritualità che va rigenerata grazie al dialogo con l’arte moderna. Look Down pone il visitatore in una condizione di ascolto con l’elemento immateriale. L’allestimento non altera la fruizione del sito Unesco, ma la esalta e crea opportunità di nuovi approfondimenti, è stimolo per ricercare maggiore bellezza dell’arte, difenderla e curarla. L’opera imprime ulteriore umanità a questo luogo. Jago, inoltre, ha il merito di ricordare come ascoltare l’anima: per ascoltare occorre porre attenzione all’altro».


Look Down arriva a Palermo con una storia importante maturata alle spalle: prima posizionata in piazza del Plebiscito a Napoli, poi nel deserto degli Emirati Arabi Uniti, dove è stata vandalizzata, e infine di fronte al Colosseo. Jago realizza le sue sculture utilizzando tecniche “rinascimentali”, tipicamente figurative, coniugate con la contemporaneità.


«L’artista – ha spietato l’autore – cerca un palcoscenico per la sua opera, una scenografia per capire quali emozioni è in grado di restituire al pubblico. E questa è una scenografia eccezionale. La relazione della mia opera con Palazzo Reale è esattamente come quello che ogni visitatore può provare all’interno di questi spazi. È il rapporto di chi ha la possibilità di farsi opera d’arte. Viaggiare, muoversi, frequentare quegli ambienti, infatti, vuol dire diventare opera d’arte. Questo è il grande privilegio che questi spazi regalati dal tempo e magnificamente custoditi, hanno la forza di concederci».
Jago riesce ad imprimere straordinaria umanità alle sue opere. Palazzo Reale, patrimonio mondiale dell’Umanità, è certamente un luogo adatto per l’allestimento. Si crea un rapporto quasi naturale tra l’opera e il contesto, un dialogo non solo concettuale ma anche visivo fra l’opera e l’antica bellezza architettonica del luogo. Fornisce uno specchio contemporaneo attraverso il quale i visitatori possono elaborare le sfide dei nostri giorni. La sua presenza diventa un’occasione per esplorare i temi sociali proposti dall’artista. Commentando il suo rapporto con Palermo, Jago dice: «Sono spaventato dai luoghi di cui credo di potermi innamorare, Palermo è uno di questi. Sarò in grado di potere condividere le sensazioni che mi trasmette al termine di questa esperienza di installazione».

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Jago (pseudonimo di Jacopo Cardillo) ha aggiunto: "Dobbiamo ricordarci che siamo stati bambini e che dobbiamo amare l’altro guardando oltre quello che abbiamo di fronte, vedendo il bambino che c'è dietro. In questo modo, forse, riusciremo a recuperare un senso d’amore che ci stiamo dimenticando di aver posseduto per tanto tempo e che va recuperato».

«Look Down» è un invito a "guardare in basso» verso gli ultimi. «Quando vivevo a New York - ha ricordato Jago- a un certo punto, nella routine, avevo iniziato a non vedere più quanti vivevano il dramma di non avere una casa, gli abbandonati e dimenticati, che in un primo momento mi avevano colpito. E’ stato inaccettabile. Se andiamo alla radice di tutto, recuperiamo la memoria, andiamo indietro, fino al bambino che è purezza, la nostra purezza. L’immagine del bambino ha questa forza, oggi però mi rendo conto che neppure l'immagine di un bambino ce l’ha più».