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Eleonora Bordonaro, un concerto che "sgrigna" con i Giudei di San Fratello

Domenica a Catania Eleonora Bordonaro presenterà il suo ultimo album "Roda" e si esibirà nell'ambito del Marranzano World fest con i Giudei di San Fratello al Palazzo della Cultura

Carmen Greco

22 Giugno 2024, 17:25

eleonora

“Un concerto divertente con le trombe dei Giudei che sgrignano per mettere in circolo la goliardia e superare ogni negatività”. Parola di Eleonora Bordonaro, protagonista di “Roda” per il Marranzano World Fest, sul palco, domenica 23 alle 20.30, al Palazzo della Cultura di Catania. Un viaggio musicale assieme ai Giudei, i personaggi simbolo della Pasqua di San Fratello che la cantante ha coinvolto nel suo nuovo album in gallo-italico, la lingua parlata in alcuni centri dell’Ennese e del Messinese entrata a far parte del Registro delle eredità immateriali della Sicilia. Ad accompagnare Eleonora Bordonaro (voce) ci saranno Puccio Castrogiovanni (marranzano, plettri), Marco Corbino (chitarra), Michele Musarra (basso), Salvo Farruggio (batteria).

Quand’è nata la folgorazione per il gallo-italico?

“L’innamoramento è nato per caso, avevo in animo di musicare dei testi antichi, e stavo leggendo delle poesie popolari dell’Ottocento, cercavo testi che avessero ancora una vibrazione per me e mi sono imbattuta in una poesia con delle note a margine che specificavano “dialetto galloitalico di San Fratello”. Lì, il percorso che avevo in mente ha preso tutta un’altra strada. Fino ad allora di gallo-italico non avevo mai sentito parlare. Il testo di quella poesia era assolutamente incomprensibile, non riuscivo e decifrarlo, così ho cominciato a cercare contatti a San Fratello. Il prof Salvatore Mangione cultore della lingua gallo-italica mi ha aiutato a decifrarla e soprattutto mi ha aiutato con la pronuncia”.

È vero che ci sono voluti 15 anni per portare a termine questo album?

“Sì, perché questo lavoro è iniziato nel 2009-2010. Poi, dalla prima poesia, c’è voluto del tempo per entrare nel sistema della lingua, della pronuncia… Avevo iniziato a musicare il primo brano inventando una melodia, a frequentare San Fratello e la festa di Pasqua dei Giudei. All’inizio l’idea di un disco con i Giudei sembrava una cosa completamente assurda, non avevo ben chiaro quale fosse lo scopo finale se non che avevo dei testi particolarmente divertenti che volevo mettere in musica. I Giudei non erano mai stati inseriti in un progetto musicale di forma canzone, poi quando glielo abbiamo proposto, benché titubanti, hanno accettato di mettersi in gioco”.

E adesso vi esibite insieme…

“Sì. Non tutti ovviamente. I Giudei sono divisi in gruppi che si chiamano “partiti”. Suonano tutti, ma non tutti curano gli arrangiamenti musicali allo stesso modo. Uno di questi gruppi più interessati al progetto musicale, quello con cui abbiamo iniziato a lavorare, si è mostrato da subito particolarmente disponibile e nel concerto di Catania ci sarà una rappresentanza della fanfara dei Giudei che dal vivo suonerà assieme a noi”.

Nella società di oggi profondamente individualista cosa significa dare valore a un’identità collettiva?

“Il senso della comunità è “il” senso. Negli anni sono tornata molte volte a San Fratello, ho conosciuto la lingua, le persone. Diciamo che prima ho trovato la lingua e poi ho cominciato a trovare le persone. L’album si chiama “Roda” che vuol dire “Lei” ma mi piaceva l’assonanza con il concetto di roda che in portoghese vuol dire cerchio. Il cerchio è quello in cui si suona il samba e i Giudei suonano disposti in circolo. Questa idea di comunità chiusa, paritaria, democratica, mi piaceva: è il senso di una comunità che si stringe in un abbraccio ed è il senso della festa. Il vero senso, almeno quello che vedo io, è quello di una comunità divisa in gruppi che sono microsocietà che si prendono cura l’un l’altra, che si prendono anche in giro, ma che si supportano nel momento del bisogno e anche del divertimento. I Giudei mettono in circolo la goliardia per superare ogni negatività, ogni malinconia, il senso della solitudine”.

Ci sono dei canti popolari che appartengono alla tradizione gallo-italica dei Giudei?

“I Giudei non cantano, hanno solo le trombe, i canti li abbiamo inventati noi. Il disco inizia con una voce “No, non ce ne sono canzoni in sanfratellano”, anche le preghiere vengono recitate in siciliano. Esistono solo dei piccoli frammenti - che però non sono di dominio pubblico come stornelli e canzoni popolari siciliane -. Io, per esempio, ho individuato solo una signora che ancora ricordava questi frammenti cantati dai carrettieri che passavano da San Fratello”.

Quindi sostanzialmente avete vestito di parole la musica dei Giudei…

“Diciamo che abbiamo incastonato dei frammenti sonori tradizionali dei Giudei all’interno di composizioni in cui testi e musica sono originali. Alcuni testi li ho scritti io, in siciliano, e poi sono stati tradotti in sanfratellano o da una poetessa del luogo che si chiama Benedetta Mondello oppure da miei interlocutori sempre a San Fratello. Facevamo sessioni collettive con gli abitanti del paese, dopo pranzo, dopo cena, telefonando al frate francescano che mi ha ispirato una canzone… testi tradotti sul campo…”.

Cosa le ha lasciato, al di là del lavoro artistico, questa full immersion nella comunità sanfratellana?

“Ho ragionato attorno a delle dinamiche delle comunità, ho imparato una pronuncia, una lingua che devo ancora imparare…Per me non è stato un lavoro “turistico”, ma un lavoro poetico. Ho cercato di tradurre poeticamente delle sensazioni che - da visitatrice - ho ricevuto da questa comunità, dalla stessa natura, dal modo di fare dei Giudei, dai simboli che ci sono dietro questa tradizione e anche dal rapporto dei Giudei con la fede perché comunque è un atto di spiritualità potente da parte dei Sanfratellani. Dentro tutto questo io ho trovato un profondo senso simbolico”.